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In volo libero: intervista a Maurizio Signorino
Non mi interessa più l'improvvisazione fine a se stessa. Mi piace far musica per essere compreso, non per essere ammirato sulla capacità tecnica. È un volo libero dove ritrovo le mie convinzioni e i miei sentimenti e posso esprimere il mio
All About Jazz Italia: In Passato Remoto si rintracciano alcuni spunti dal sapore reggae. Come entra nel vostro modo di concepire la musica questo elemento?
Maurizio Signorino: Il jazz è da sempre un genere aperto alle contaminazioni, anche noi amiamo attingere elementi musicali dai generi più vari, come veicolo per reinventare atmosfere che possano stimolare noi esecutori, ma anche chi ci ascolta. Così in Passato Remoto ci è sembrato interessante inserire elementi ritmici tipici del reggae-soul.
AAJ: Perché la scelta di aprire la tracklist con "Afro Blue"?
M.S.: Quando ascolto un brano, ci sono due elementi che giocano un ruolo fondamentale: deve coinvolgermi sul piano emozionale e sorprendermi per l'originalità. L'esecuzione di "Afro Blue" è dirompente e di forte impatto emotivo, l'alchimia che si è data nel duetto con Carlo Gatti (clarinetto, sax alto e tenore) ne fa un brano travolgente e di grande effetto sonoro, che mi sembrava ideale per l'apertura del CD.
AAJ: Tra gli altri rifacimenti troviamo "Caravan". Come ci si avvicina e qual è il modo migliore per affrontare un pezzo di tale caratura?
M.S.: Non saprei quale è il modo migliore, il nostro è stato quello affrontare un classico del repertorio jazzistico con grande rispetto. Al contrabbasso è stata affidata una linea melodica e ritmica molto semplice, parzialmente ispirata dalla musica commerciale corrente. Il rischio era di appiattire il brano, banalizzandolo, invece questo contrasto ha dato al brano un'impronta diversa e personale, che oltre a presentare elementi di originalità risulta anche godibile all'ascolto.
AAJ: Due brani sono presi dal repertorio di Dave Holland. Come mai questa scelta? Come avete operato sulle strutture?
M.S.: Dave Holland è un autore che amo molto, inoltre le sue composizioni sono raramente riproposte. Con questa formazione ho trovato la situazione giusta per interpretare due suoi bellissimi brani: "Conference of the Birds" e "The Oracle". Per quanto riguarda le strutture, siamo rimasti abbastanza fedeli a quelle originali e abbiamo cercato di mantenere il sapore etnico delle due composizioni. Aggiungo che "Conference of the Birds" è un brano che mi fa davvero pensare all'incontro di voci che cinguettano, eseguendola cerco quindi anch'io di interagire e "cinguettare" con i miei musicisti in maniera libera, alla ricerca di un accordo tra i nostri modi di essere e suonare.
AAJ: Quattro brani sono firmati da te. Si tratta di composizioni ispirate a un elemento in particolare, o sono costruite appositamente per il New Open Circle?
M.S.: "Nanna Livia" e "Mama Rose Blues" sono state composte e pensate per questo quartetto. Il primo è una ballad ispirata dalla nascita di mia figlia, l'emersione di qualcosa che prima non c'era. "Passato Remoto" è stato scritto diversi anni fa per uno spettacolo teatrale e successivamente suonato con altre formazioni. È un brano che sento particolarmente mio, sul quale sono tornato più volte negli anni, fino a quest'ultima versione appositamente rivista per la formazione del New Open Circle. "Bye Bye Thelonious," inutile dirlo, è un omaggio al grande Monk, costruito sulle armonie di "Well You Needn't".
AAJ: Come hai interagito con l'altro saxofonista del gruppo Carlo Gatti?
M.S.: Io e Carlo ci conosciamo da anni, è un amico e un musicista che stimo moltissimo, suonare con lui è sempre bello e sorprendente. Lavoriamo con estrema libertà, in uno scambio di idee, frasi e gioco: un'interplay naturale. A volte restiamo entrambi stupiti di come riusciamo a creare situazioni che si intersecano e si scambiano emotivamente e musicalmente, si rincorrono. Posso dire che interagiamo con la testa e con il cuore. È molto entusiasmante.
AAJ: La musica contenuta nell'album non sta mai ferma. Ogni brano porta a un motivo d'interesse; c'è stato a priori un concetto prestabilito o le cose sono andate formandosi strada facendo?
M.S.: Il nostro intento - a priori - è quello di suonare una musica svincolata dai canoni tradizionali dove ognuno di noi possa esprimersi liberamente, pur restando all'interno di strutture ritmiche e armoniche definite e riconoscibili. E il nome New Open Circle è indicativo di questo pensiero. Ciò che è avvenuto strada facendo è stata la scelta dei brani da proporre, determinata anche dal desiderio di sorprendere l'attenzione dell'ascoltatore. È così che in sequenza si avvicendano pezzi noti a composizioni originali, tenendo conto dei loro specifici ritmi e colori: è quest'alternanza che dà l'idea di movimento e che, a ogni brano, richiede una nuova disposizione di ascolto.
AAJ: Il progetto New Open Circle avrà un futuro?
M.S.: Sicuramente sì! Stiamo lavorando a nuovi brani, originali e di autori a noi cari, per un nuovo CD e concerti dal vivo.
AAJ: Al centro del tuo modo di essere jazzista c'è l'improvvisazione. Modi e sensazioni di un volo libero.
M.S.: La composizione mi affascina molto, con l'improvvisazione mi sento davvero libero di creare qualcosa di momentaneo e irripetibile, legato a un preciso momento, a come sto e a con chi sono. Da anni sono alla ricerca di equilibrio e semplicità, mi sembra di togliere anziché aggiungere, è come un lavoro progressivo di pulizia. Non mi interessa più l'improvvisazione fine a se stessa. Mi piace far musica per essere compreso, non per essere ammirato sulla capacità tecnica. Come dici bene, è un volo libero dove ritrovo le mie convinzioni e i miei sentimenti e posso esprimere il mio essere uomo, ancor prima che musicista.
AAJ: Sei un musicista attento alle nuove tendenze. Dove si sta spostando il jazz?
M.S.: Non saprei e forse, visto che ho superato i 50 anni e non sono più tanto giovane, non sono la persona più adatta per dirlo. Ma il jazz è una musica in continua evoluzione e posso dirti che vedo interessanti progetti che cercano di rinnovare il linguaggio oltre a una diffusa volontà di mischiare i generi e contaminarsi. Se questo porterà a nuovi approdi o solo a cambiamenti ti tipo estetico-stilistico, per quanto validi e interessanti, è difficile prevederlo. Certo è che il jazz ha bisogno di essere continuamente messo in discussione.
AAJ: Quali altre iniziative stai portando avanti?
M.S.: A parte collaborazioni sporadiche con diversi musicisti, un progetto a cui partecipo, ancora con Valerio Della Fonte (contrabbasso), è un ensemble di ispirazione gipsy jazz nato da un'idea del chitarrista Manuel Consigli per approfondire il repertorio di Django Reinhardt e della tradizione zingara, ma nel cui repertorio si affacciano anche altre suggestioni: dal Waltz Musette al Choro brasiliano, da John Coltrane a Scott La Faro. Spero che presto ne sentirete parlare.
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