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Franck Vigroux

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Area Sismica - Forlì - 15.11.2008

Franck Vigroux è un chitarrista dotato, emerso dalla scena pullulante della new music degli ultimi cinque anni. Ma definirlo “chitarrista” è limitativo, considerati i suoi interessi e il suo modo d'intendere l'essere musicista. Vigroux, oltre che chitarrista (e a volte forse anche più che chitarrista) è un musicista elettronico, un performer, un compositore e un produttore.

In un'intervista di qualche anno fa, Vigroux ha dichiarato di non amare particolarmente il suono della chitarra (che però - afferma - ormai è il suo strumento ed è tardi per cambiarlo). Perciò cerca di emanciparsi più che può dalla centralità della chitarra e del suo suono utilizzando a piene mani l'elettronica, non solo applicata allo strumento per elaborarne ed alterarne la timbrica, ma proprio l'elettronica “pura”: nelle sue performance Vigroux infatti si dedica abbondantemente al laptop, a vari controller midi, ad effetti e dispositivi vari, e anche ai giradischi, lasciando spesso e volentieri da parte la chitarra.

E così è stato anche nell'esibizione all'Area Sismica, dove Vigroux (come sembra ultimamente sia solito fare) ha imbracciato la chitarra solo un paio di volte in tutta la performance (la seconda volta come bis). Una performance che dunque è stata basata sul suono in quanto tale, sugli eventi sonori: accostati, giustapposti, sovrapposti, separati, alterati, sfibrati, deformati.

La nota dominante è stata la sovrabbondanza sonora, a volte enfatizzata per contrasto proprio dall'improvvisa scomparsa del suono e dall'apparizione fugace del silenzio. Come detto, l'uso dell'elettronica e del software è stato l'ingrediente di base, sia come fonte sonora in sé, sia nella manipolazione ed elaborazione delle altre fonti, in particolare dei giradischi.

Come spesso avviene in questi contesti, la performance è consistita in un flusso sonoro e in un collage di tessere acustiche accostate e combinate spesso con effetto straniante e decontestualizzante; una creazione di ambienti sonori che si formavano, si deformavano e si decomponevano; un'alternanza e mescolanza di suoni astratti e concreti, evocativi ed urticanti, morbidi e corrosivi; caustiche sciabolate di rumore a squarciare il silenzio o la trama sonora sottostante. Musique concrète ed elettroacustica, suoni concreti ed elettronici; suoni quotidiani e prosaici (una partita a tennis, voci televisive) e suoni atemporali e immersi nella profondità spaziale, evocativi di un misterioso ineffabile (voci liriche femminili evocanti quasi un canto di sirene).

Per questa performance Vigroux si è avvalso di un sistema di diffusione quadrifonico: l'aggiunta della dimensione spaziale, nei momenti maggiormente evocativi, ha aiutato ad accrescere il senso di misteriosa lontananza aggiungendo una dimensione di profondità avvolgente; in altri casi si è limitata ad effetti acustici piacevoli sul piano estetico-percettivo (suoni che ruotavano a 360°); altre volte ancora è parsa abbastanza ininfluente oppure discutibile (il suono del giradischi, che era forse la fonte sonora più costante, era posto alle spalle del pubblico sul lato sinistro: perché fare di questo angolo il punto focale dominante del concerto?).

I momenti in cui Vigroux è passato alla chitarra sono emersi come delle isole dal resto del flusso sonoro che s'interrompeva, lasciando lo strumento da solo, privo di sfondo, e creando uno stacco timbrico molto netto. Ciò nonostante, anche la sua sonorità chitarristica è rimasta in continuità con alcuni dei tratti dominanti della performance: un suono rumoroso e abrasivo, ma continuamente interrotto e spezzettato, con un uso insistito del pedale del volume quasi a frammentare i fraseggi, a decontestualizzarli, a straniarli: una prassi questa in realtà piuttosto diffusa nel mondo dell'improvvisazione chitarristica, dopo che Derek Bailey ne aveva fatto un suo tratto distintivo. In quanto allo stile del fraseggio, Vigroux sta a cavallo fra rock e improv, combinando potenza sonora e astrattismo musicale.

Il profilo musicale di Vigroux e la tipologia degli strumenti da lui utilizzati (chitarra, giradischi, elettronica) rendono inevitabile l'accostamento al nome di Otomo Yoshihide. E in effetti, con lui Vigroux condivide il tipo di sensibilità musicale, la passione per il suono in quanto tale e la capacità di essere una sorta di “regista” dell'azione sonora, delle masse timbriche e dei loro movimenti. Del musicista giapponese sembra però mancargli l'istintività, la fisicità spesso dimostrata nei contesti live e anche l'emotività a volte ribollente, anche se sicuramente sui generis. C'è però da dire che a questo tipo di maturità Otomo è arrivato dopo più di un decennio di gavetta e di carriera nel mondo piccolo ma iperattivo dell'improvvisazione underground giapponese. Forse per Vigroux è ancora presto per questo.

Un giudizio che ci sentiremmo di esprimere sul concerto è infatti che, al di là del grande dispiegamento di abilità di manipolazione sonora e di uso della tecnologia, è sembrato mancare un po' di sostanza e di spessore emotivo.

Foto di Claudio Casanova

Ulteriori immagini di questo concerto sono disponibili nella galleria immagini.

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