Morton Feldman che omaggia John Cage? Come se Fellini avesse girato un film su Visconti. Questo non ci risulta sia mai accaduto, l'altra cosa sì, ed è già un bell'evento, ed è appunto ciò che trovate in quest'ora e mezza di musica disposta su due dischetti e frutto di un'incisione del febbraio 2021 in terra svizzera (svizzeri sono del resto i due esecutori, la pianista Judith Wegmann e il violinista Andreas Kunz). La composizione dell'opera compie giusto in questi mesi quarant'anni, visto che risale al 1982, quando Cage di anni ne compiva settanta e Feldman non era troppo lontano dalla sua scomparsa (1987, a sessantun anni). La sua predilezione per gli omaggi era del resto convinta: ne ha firmati diversi, fra gli altri ad Aaron Copland e a Samuel Beckett.
In questo caso sono all'opera, come detto, un violino e un pianoforte, che intavolano un discorso fatto più di ritrazioni che di aperture, non detto più che esplicitato, pudica, quasi asettica, olimpica, staticità più che evoluzione ed espansione delle dinamiche (che sono in effetti pressoché nulle). Il gusto, nell'ascolto, deve quindi dirigersi in primo luogo nel senso del cogliere la purezzameglio: l'essenza, la substantia primariadei singoli suoni (appunto perché un percorso vero e proprio latita: volutamente, programmaticamente, perentoriamente), a un volume sonoro sufficiente a non far cadere il tutto nel soporifero e nel recalcitrante (sempre da parte di chi ascolta).
Se ne potrà trarre un giovamento vagamente impalpabile quanto pacificatorio.
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Ecumenico ma (abbastanza) esclusivo, non sopporta la musica – e l’arte in generale – di routine, rassicurante e dozzinale, preferendo, se proprio deve, il brutto all’inutile. Un ideale spaccato dei suoi amori musicali (che non si limitano al jazz; e più o