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Fabrizio Bosso Quartet
A Fabrizio Bosso non è rimasto neanche un milligrammo d'energia dopo il concerto alla Casa del Jazz di Roma, dove ha dato luogo a una performance straripante insieme al suo abituale quartetto - Luca Mannutza, pianoforte e fender rhodes; Luca Bulgarelli, contrabbasso; Lorenzo Tucci, batteria - e alcuni ospiti d'eccezione.
Per il trombettista si è trattato di una giornata molto intensa, dal momento che il set eseguito davanti al gremito auditorium andrà a far parte della collana discografica "Jazz Italiano Live 2009," curata dal gruppo editoriale L'Espresso. E la fatica, a detta dello stesso Bosso, si è iniziata a far sentire dopo oltre un'ora di concerto, dopo che avevamo apprezzato un jazz trasversale, fatto di commistioni improvvise tra Africa e standard, di canzoni in senso stretto, di Hard Bop scintillante.
Un menù capace di far ingolosire l'ascoltatore più attento alle soluzioni originali, come quella di eseguire "Someday My Prince Will Come" in un contesto afro, con canti masai preregistrati e mandati in loop; oppure
di vedere alternarsi sul palco ospiti funzionali, capaci di portare nel progetto sensazioni forti e sapori differenti, come quelli delicati prodotti dalla voce di Natalio Mangalavite, o stuzzicanti nel caso dell'armonicista Giuseppe Milici. Capitolo a parte per la chitarra vellutata di Roberto Cecchetto, autentico "quinto uomo," sempre pronto al dialogo con il leader o a raddoppiare melodie ed emozioni. Bosso, dal canto suo, si è distinto per l'estrema versatilità e per la maturità dimostrata nel gestire dinamiche e timbri di un suono veramente importante.
Se proprio volessimo trovare una grinza a questo progetto, potremmo puntare il dito su alcuni passaggi meno entusiasmanti, si veda in tal senso la rilettura eccessivamente tra le righe di "The Girl is Mine" di Michael Jackson, ma per il resto si è trattato di una serata da applausi feroci.
Foto di Claudio Casanova.
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