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Enrico Rava - Incontri con musicisti straordinari
Incontri con musicisti straordinari
Feltrinelli, 252 pp., 16 euro
La verve narrativa di Enrico Rava è proverbiale. I suoi cinquant'anni di vita jazzistica, vissuti da protagonista tra le Americhe e l'Europa, lo hanno visto testimone di episodi che è solito raccontare a chi lo frequenta da vicino (come conferma Stefano Bollani nella simpatica presentazione).
Trasferire su carta quanto si racconta in privato può essere diverso e c'è il rischio di eccedere, di perdere il filo della narrazione e costruire poco più di un collage d'aneddoti.
Non è questo il caso del volume che Rava ha scritto di suo pugno (l'altra biografia, "Note Necessarie", nasceva da una lunga intervista con Alberto Riva) evidenziando uno stile fresco e piacevole.
Il trombettista ripercorre la sua vita artistica partendo dalle esperienze giovanili nella Torino del dopoguerra (i primi tre anni li ha trascorsi a Trieste, dov'è nato) e conclude citando i suoi ultimi progetti musicali, il quintetto e l'ottetto.
La parte più nutrita e interessante è quella centrale, che riguarda i soggiorni americani.
A Roma aveva stretto amicizia con Gato Barbieri e con Steve Lacy ed assieme a quest'ultimo varcò l'oceano cercando consensi per la loro musica - allora in piena sintonia col free statunitense - prima a Buenos Aires e poi a New York.
La cronaca degli anni trascorsi nella Grande Mela è davvero irresistibile anche per la capacità di tracciare il clima che si viveva tra i jazzmen d'avanguardia (e non solo), col suo spaccato di storie singolari che hanno per protagonisti Roswell Rudd, Bill Dixon, João Gilberto, Dollar Brand Miles Davis ed altri.
La storia dell'incontro con The Prince of Darkness che andò ad ascoltarlo in un club, Rava l'ha raccontata più volte ma è sempre irresistibile:
"Oddio, viene direttamente verso di me, si ferma a dieci centimetri, aiutooo, indica la custodia della mia tromba e mi sussurra all'orecchio con quella voce rauca che abbiamo ascoltato mille volte sui dischi: "Are you playing tonight?" "Yeah" gli dico io cercando di fare il cool. "I'm going to check you out" e si dirige verso la porta del locale. (...) Fortunatamente la cabina telefonica era attaccata alla mia spalla per cui tre secondi dopo telefonavo a casa: "portatemi del Valium, e di corsa!".
Ci fermiamo per non togliere il gusto del racconto di ciò che accadde nel dopo concerto. Il testo aggiunge un quadro avvincente di New York tra la fine degli anni sessanta ed i primi settanta con i suoi locali, le decine di piccoli personaggi e le sue rapide trasformazioni. Tra gli italiani spiccano i ritratti di due grandi jazzmen prematuramente scomparsi, Marcello Melis e Massimo Urbani.
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