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William Parker Raining on the Moon: Corn Meal Dance

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William Parker Raining on the Moon: Corn Meal Dance
Giganteggia la figura di William Parker nel panorama della musica improvvisata di oggi: predicatore, musicista immenso, teorico, storico coscienzioso, giustiziere a volte, catalizzatore di talenti ed energie, animatore straordinario e responsabile, almeno in gran parte, della rinascita di certo black free gravitante intorno all’area newyorchese.

E, d’altro canto, il contrabbassista ha le spalle larghe e non ha mai rifuggito le proprie responsabilità, dimostrando di essere pienamente cosciente del ruolo di guida spirituale, coscienza critica e ultimo erede della cultura, non solo musicale, afroamericana del novecento.

Lo dimostra anche il recente lavoro dedicato all’opera di Curtis Mayfield, in cui il nostro, oltre ad affiancare un personaggio simbolo per la coscienza afroamericana come Amiri Baraka, offre una rilettura di un repertorio di canzoni fortemente connotate politicamente, attingendo a piene mani a quello spirito popolare nero che ha le proprie radici non solo nel free, ma anche nel jazz delle origini, nel blues, nel soul e nel black folk.

Sulla scia di quest’ultimo disco arriva il secondo progetto a nome Raining on the Moon, sestetto composto dal solito nucleo a quattro (Rob Brown, Lewis Barnes, Hamid Drake e lo stesso William Parker) con l’aggiunta del pianoforte di Eri Yamamoto e la voce di Leena Conquest.

La filosofia di fondo di Corn Meal Dance è la medesima delle Inside Songs, ma questa volta i testi e le musiche sono delle stesso Parker. Un pianto disperato per il genocidio consumato in Rwanda ("Tutsi Orphans"), una commovente dedica alla poetessa di colore June Jordan ("Poem for June Jordan", delicatissimo duetto per voce e pianoforte), sferzate polemiche dal carattere fortemente socio-politico (l’incalzante "Soledad"), invettive storiche contro lo schiavismo ("Land Song") e bucolici deliri panteistici ("Corn Meal Dance"): c’è di tutto un po’ nelle parole del contrabbassista, ma in fondo appartengono alla medesima storia, alla stessa tradizione, al profondo del sentire nero americano.

È la voce di Leena Conquest a occupare il centro della scena e a catalizzare l’attenzione, dopo tutto di canzoni si tratta. E allora vengono alla mente altri sodalizi, altre fruttuose collaborazioni tra musicisti impegnati e vocalist, pensatori e muse di colore. Max Roach e Abbey Lincoln, June Tyson e Sun Ra, Fontella Bass e l’Art Ensemble, Jeanne Lee e Archie Shepp: le voci femminili nella tradizione free hanno sempre giocato un ruolo determinante nel porgere messaggi, nel farsi carico di veicolare parole pesanti e dense di significati.

Ora, non che l’elemento improvvisativo-jazzistico venga accantonato (e un meraviglioso assolo di Rob Brown nel mezzo della prima traccia ce lo ricorda splendidamente), ma certo lo spazio per le divagazioni è contenuto e il fulcro dell’opera rimane il canto della Conquest, splendida nel mantenere una profonda sobrietà blues e nell’evitare di cadere nei clichè di certa avanguardia canora, che in un tal contesto sarebbero apparsi alquanto fuori luogo.

Il risultato finale è un disco particolarmente tradizionale, che sembra riportare ai tempi della coscienza nera e dell’autodeterminazione, eppure assolutamente contemporaneo per spirito e sensibilità; decisamente accessibile dal punto di vista musicale, ma per nulla disimpegnato o facile nel senso deleterio del termine. Ad avercene...

Track Listing

Doctor Yesterday; Tutsi Orphans; Poem For June Jordan; Soledad; Corn Meal Dance; Land Song; Prayer; Old Tears; Gilmore's Hat.

Personnel

Album information

Title: Corn Meal Dance | Year Released: 2007 | Record Label: AUM Fidelity

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