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Carla Bozulich
ByFra tutte le possibili e improbabili combinazioni e contaminazioni tentate nella musica attuale, forse una delle poche che rimanevano ancora da provare era quella fra improvvisazione free-form (già di per sé un territorio d'incontro di musicisti provenienti da vari background: jazz, accademico, rock, noise, elettronico) e immaginario gothic, con annessi brandelli della memoria sonora del dark e del rock underground più oscuro e “maledetto” degli anni '80.
Il merito (o la colpa, a seconda dei gusti) di aver eliminato anche questa possibilità dalla lista delle alchimie stilistiche ancora inedite va attribuito alla losangelina Carla Bozulich, impegnata a far rivivere le visioni poetiche più sinistre, inquietanti e claustrofobiche partorite dal dark, industrial, folk apocalittico e derivazioni varie negli ultimi venticinque anni.
La Bozulich rovista nell'inconscio per cavarne fuori le immagini più oscure, le ossessioni più pervicaci, le perversioni più inconfessabili. Il binomio eros/thanatos ovviamente la fa da padrone, e Freud sicuramente gongolerà nella tomba; e si può dire che non ci sia canzone in cui non compaia la parola “blood”. E comunque, nonostante gli abbondanti rischi di scivolare nel kitsch e nel cattivo gusto, la Bozulich resta quasi sempre credibile e convincente; merito di un'interpretazione intensa, che sa convincere con le ragioni della forza, di una voce che arriva direttamente dal cuore e dalle viscere, ma che sa anche modulare fra gradazioni e tonalità emotive diverse, seppur sempre all'insegna di una poetica oscura e minacciosa.
Quanto all'incontro con l'improvvisazione, e in generale con l'”avanguardia”, questo è dovuto alla partnership sentimental-musicale di metà anni '90 (prima nei Geraldine Fibbers, poi nel duo Scarnella) della Bozulich col chitarrista losangelino Nels Cline, che incarna in modo esemplare la figura del musicista (post)moderno: a cavallo fra (free) jazz, (post)rock, (alternative)country e quant'altro. Da allora la Bozulich ha preso a collaborare con musicisti provenienti da queste aree, o dalla terra di nessuno che sta alla loro intersezione. E gli elementi più tipicamente improv e avant-garde della musica della Bozulich non stanno nella scrittura delle sue canzoni, ma nello stile dei musicisti di cui si circonda. Nel suo ultimo album Evangelista, ad esempio, è accompagnata da membri di Godspeed! You Black Emperor, Wilco ecc.
Così è stato anche in quest'occasione, in cui per il suo tour italiano la Bozulich ha messo insieme un gruppo composto (oltre alla bassista Tara Barnes) da musicisti locali: Alberto Fiori alle tastiere, Francesco Guerri al violoncello, Luca Bernard al contrabbasso e il batterista Mirko Sabatini, veterano di fama internazionale.
Nonostante la monoliticità dell'ispirazione e la persistente cupezza dell'immaginario evocato, il concerto ha attraversato atmosfere diverse, plasmate dalla voce e dalla musica: dal magico ed arcano, al decadente, al violento. Varia è stata anche la dinamica sonora e la tavolozza delle soluzioni stilistiche adottate dai musicisti: da atmosfere magiche e rarefatte ad altre minacciose ed incombenti; da momenti d'improvvisazione free-form a passaggi noise-rock; da sonorità cariche di tensione ma scarnificate, in cui la voce era accompagnata solo da un tappeto di tastiera o da un loop elettronico, a momenti di pieno potente e violento, con un senso quasi epico d'ineluttabilità del male.
Come detto, la duttilità e varietà del paesaggio sonoro sono state merito degli accompagnatori italiani: in particolare Sabatini, col suo drumming articolato e gustoso anche quando si trattava di essere potente e granitico, e Guerri. Quest'ultimo, poi, è stato protagonista assieme al contrabbasso di Bernard di fugaci momenti dal sapore quasi cameristico, carichi di languida evocatività, che avrebbe fatto piacere sentire maggiormente sviluppati.
Molto efficace e suggestivo anche l'uso dei campionamenti ad opera di Tara Barnes in "Evangelista I" e "II": suoni elettronici e registrazioni trattate e deformate, riprodotte al contrario, che introducevano nel suono un elemento di oscuro fascino e mistero; con l'aggiunta della voce del predicatore Elder Otis Jones registrata nel 1936,, si arrivava alla drammaticità e alla tensione compressa e trattenuta, pronta per esplodere, come avverrà puntualmente nel finale di "Evangelista II".
La voce della Bozulich mostra chiaramente i tratti distintivi dei modelli a cui viene immancabilmente accostata: i toni aspri e sguaiati di Lydia Lunch, quelli oscuri e fascinosi di Jarboe, quelli enfatici e declamatori di Patti Smith, le litanie sataniche di Diamanda Galas (in particolare nell'introduzione di "Evangelista I"). Ma c'è anche un altro elemento, forse un po' più sotterraneo, ma persistente e fondamentale nella sua poetica: la vena blues, quella venatura di lamento, a volte elegiaco, altre rabbioso, con cui declama le dissipatezze, nefandezze e devastazioni emotive oggetto della sua narrazione.
Ed è questa vena blues che la lega fortemente a un altro dei grandi creatori dell'immaginario “maledetto” degli anni '80: Nick Cave. Un riferimento che non si limita all'ispirazione poetica o all'interpretazione vocale, ma che è tirato pesantemente in ballo anche sul piano stilistico e musicale: i brani più violenti e abrasivi hanno la stessa monoliticità sonora e armonica (uno o massimo due accordi) e la stessa drammaticità espressionistica dei primi Bad Seeds e degli apparentati Crime & The City Solution. Un'ossessività musicale che fa da pendant all'apocalisse esistenziale dei sentimenti e delle figure umane evocate. E' vero che non c'è recensione o articolo sulla Bozulich che non tiri in ballo questi accostamenti, ma d'altra parte sono riferimenti talmente evidenti che non si può evitare di sottolinearli. Piuttosto, ciò che sorprende è proprio il fatto che questi canoni, che pensavamo ormai superati, risultano invece rivitalizzati dall'energia e dall'intensità espressiva della Bozulich e grazie ad esse, oltre alla duttilità dei musicisti (ben superiore a quella mediamente rinvenibile nel genere), sono ancora capaci di sprigionare la loro forza d'urto originaria.
Foto di Claudio Casanova
Altre foto di questo concerto sono disponibili nella galleria immagini.
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