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James Blood Ulmer: Bad Blood in the City: the Piety Street Sessions
ByUlmer era già blues quando accompagnava Ornette Coleman e tutti lo definivano pomposamente “harmolodic guitarist”; era blues quando al fianco di Ronald Shannon Jackson e Rashied Ali metteva a soqquadro il mondo delle sei corde free; era blues quando licenziando Odyssey sanciva orgogliosamente la propria appartenenza al grande flusso della black music americana.
È solo questione di intendersi sul significato del termine “blues”. Suonare il blues non vuol certo dire limitarsi alle canoniche dodici battute, non si tratta solo di una questione ritmica o armonica. Il blues è l’anima profonda della cultura afroamericana (jazz compreso), è un fatto sociale prima che musicale. Il blues è un sentire primordiale e collettivo, un arcaico senso di appartenenza ad una storia, ad una tradizione, ad un popolo. Da questo punto di vista, Ulmer è sempre stato blues nella sostanza: l’unica differenza rispetto al passato è che ora lo è anche nella forma.
Parlare di cesura, conversione o ritorno è del tutto fuori luogo. La recente virata verso il Blues si pone in perfetta continuità con il passato e fa parte dell’evoluzione naturale di un musicista completo, duttile, onnivoro e, quel che conta, consapevole.
C’è tutta la storia della musica del diavolo in queste undici tracce. C’è il blues dolente delle origini, il frutto amaro dello schiavismo, il senso della tragedia incombente cantata da Bessie Smith nella disperata “Backwater Blues”. C’è il blues rurale delle schiene piegate al sole nelle piantagioni di cotone, incarnato da una virulenta rilettura di “Grinnin’ in Your Face” di Son House. C’è il ritmo frenetico della Chicago anni cinquanta, che risuona nelle note di “Dead Presidents”, ironica dedica di Willie Dixon e Little Walter alle facce dei presidenti stampate sulle banconote. C’è la rabbia sardonica di John Lee Hooker nell’amara “This Land Is Nobody’s Land”. C’è il sound inconfondibile delle “colline” a nord del Delta nella tormentata ed ipnotica “Sad Days, Lonely Nights” di Junior Kimbrough. C’è il sapore tipico della spiritualità nera, del gospel, dei predicatori itineranti, delle congreghe esaltate chiamate a raccolta dalla concitata “Let’s Talk About Jesus”.
E, nel caso qualche distratto ascoltatore si fosse dimenticato che il blues non è solo Whisky, bettole malfamate e femmine crudeli che spezzano il cuore, c’è spazio anche per una dolente riflessione sull’attualità: “Survivors of the Hurricane” e “Katrina” sono il grido di dolore per quella New Orleans vergognosamente oltraggiata.
Le chitarre del fido Vernon Reid (come al solito anche produttore) e del leader, l’armonica guizzante di David Barnes, il basso funk di Mark Peterson, il violino di Charlie Burnham, l’Hammond funambolico di Leon Gruenbaum e la voce emozionante di Ulmer, sono gli ingredienti basilari di quello che appare come un disco perfettamente in equilibrio fra passato e presente.
Al prossimo che vi dice che il blues è morto, regalate questo piccolo-grande capolavoro.
Track Listing
Survivors of the Hurricane; Sad Days, Lonely Nights; Katrina; Let's Talk about Jesus; This Land is No One's Land; Dead Presidents; Commit a Crime; Grinnin' in your Face; There is power in the Blues; Backwater Blues; Old Slave Master.
Personnel
James Blood Ulmer
guitarJames Blood Ulmer: guitar, vocals; Vernon Reid: electric and acoustic guitar; Charlie Burnham: electric fiddle and mandolin; David Barnes: harmonica; Leon Gruenbaum: Fender Rhodes, piano, Hammond B-3 organ, samchillian, mellotron, clarinet; Mark Peterson: electric and upright bass; Aubrey Dayle: drums, percussion; Irene Datcher: background vocals.
Album information
Title: Bad Blood In The City: The Piety Street Sessions | Year Released: 2007 | Record Label: Hyena Records
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At The Bimhuis 1982
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About James Blood Ulmer
Instrument: Guitar
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