Home » Articoli » Album Review » John Zorn Moonchild: Astronome

1

John Zorn Moonchild: Astronome

By

Sign in to view read count
John Zorn Moonchild: Astronome
Presso i seguaci più o meno smaliziati della musica sperimentale newyorkese, le nicchie telematiche più attente alle derive psicotiche di certa avanguardia, le pagine più taglienti che si possa avere l’ardire di voltare, Astronome è e verrà citato come uno dei migliori album del 2006.

Il filone magico-ritualistico dell’Opera zorniana che da qualche anno va ingrossandosi di produzioni di grande valore, giunge al secondo capitolo della sua incarnazione più recente e violenta: il vocalese-metal trio disegnato sulle mirabolanti prodezze di Mike Patton, Trevor Dunn e Joey Baron.

Confermando e rilanciando l’azzardo di Moonchild (per leggerne una recensione live clicca qui - per la recensione di Songs Without Words clicca qui), Astronome si eleva da song cycle a pocket opera in tre atti e sette scene che - intuiamo da un libretto meramente descrittivo, dal momento che l’opera è stata scritta in un linguaggio non verbale - narra la classica vicenda di attrazione, patimento, dannazione e trasfigurazione dell’iniziato all’Oscurità.

Ispirato e dedicato nuovamente ai vati occulti Antonin Artaud, Edgard Varèse e Aleister Crowley - ma qui spunta anche un riferimento tutt’altro che velato ad Alejandro Jodorowsky nel secondo atto - il progetto si declina con rigore e indubbia convinzione secondo l’immaginario del metal più puro: molto heavy, decisamente grind, ovviamente black.

E tutto ciò piace. Piace da impazzire. In molti hanno udito nelle urla affatto notevoli di Patton e nel roboante clangore del solido connubio Baron-Dunn modi nuovi di... intelligenti combinazioni di... miscele di ironia, bellezza, follia e quant’altro.

Ebbene, corre l’obbligo di ammettere che, a costo di chiamarsi fuori dal coro - demoniaco, ovviamente, senza per questo osare entrare in quello angelico - con tutta la buona volontà e la stima per il compositore americano, non riusciamo a organizzare un pensiero su questo Astronome che vada oltre il ‘forse il progetto più insipido mai partorito da John Zorn’.

Spiace dover rilevare come Zorn non tenga fede al proprio stesso valore passato, confezionando musica sterile e asfittica.

Qui Zorn non sa - o non vuole? - mettere a frutto la propria profonda conoscenza dei generi e delle dinamiche strutturali per decostruire, quantizzare e ricodificare i linguaggi assodati in scenari originali: il riferimento all’ambito musicale del metal è del tutto chiuso autoreferenzialmente, non lascia intravedere alcuna evoluzione e si risolve in un proposta monotona e prevedibile.

Nemmeno il ricorso ai collaudati metodi di composizione istantanea, ai principi delle file cards compositions e dell’Ontological-Hysteric Theatre di Richard Foreman riescono a rivitalizzare la materia predigerita, morta in partenza, di cui si compone quest’opera.

Lontani sono i mirabili collage sonori dei Naked City e la trance ossessiva dei Painkiller, contesti dove Zorn - misurandosi appunto con le forme del rock più estremo - apriva possibilità talvolta ancora non intraviste e sempre e comunque era in grado di garantire alla propria musica quella qualità narrativa transmediatica che ne faceva uno dei maggiori esponenti del tardo-(quasi-post)moderno; quel carattere di vividezza che lasciava sempre intravedere dietro alla trama l’illuminate presenza di un pensiero musicale.

Qui il rituale è decaduto a mera ripetizione, didascalismo ostentato, con-fusione non più tra i generi, tra le ispirazioni, tra le tecniche compositive, ma dell’autore con le tante altre proposte similari, egualmente disciolte nella medesima ronzante routine, egualmente intrise di un’ostentata fisicità che nulla ha a che vedere con la grazia e tutto con una vuota pesantezza.

Ad un’opera che nemmeno varrebbe la pena di classificare, tributiamo comunque tre mezze stelle.

La prima per il magnifico packaging con cui Astronome ci viene presentato: un box bianco impreziosito dai rigogliosi ricami di una mappa zodiacale che contiene - oltre al CD - lo scarno libretto impreziosito dalla lussureggiante tetraggine delle fotografie di Scott Irvine e un altrettanto mirabile inserto dove, inframmezzate alla selva grafica di Artaud, scorrono le note del compositore.

La seconda per la limpida prova tecnica dei tre musicisti; impeccabili e a tratti mefistofelicamente sublimi, malgrado la proposta stantia cui si trovavano a dar vita.

La terza - riconoscimento sempre più doveroso - per le scaltre abilità di marketing che Zorn conferma ad ogni nuova uscita.

Ci avverte il compositore che le immagini celate fra le pagine di quest’opera vanno scoperte attraverso la lente della nostra immaginazione; che Astronome è, in fondo, un’opera della mente.

Peccato che in tanto insulso fragore, la mente si taccia.

Track Listing

01. Act 1: Scene 1 - a secluded clearing in the woods; Scene 2 - a single bed in a small room; Scene 3 - the innermost chapel of a secret temple - 14:34; 02. Act 2: Scene 1 - a mediaeval laboratory; Scene 2 - in the magick circle - 17:02; 03. Act 3: Scene 1 - a barren plain at midnight; Scene 2 - an unnamed location - 12:44. Tutte le composizioni sono di John Zorn.

Personnel

Mike Patton (voce), Trevor Dunn (basso elettrico), Joey Baron (batteria).

Album information

Title: Astronome | Year Released: 2007


< Previous
Geographia

Next >
Demon's Dance

Comments

Tags


For the Love of Jazz
Get the Jazz Near You newsletter All About Jazz has been a pillar of jazz since 1995, championing it as an art form and, more importantly, supporting the musicians who create it. Our enduring commitment has made "AAJ" one of the most culturally important websites of its kind, read by hundreds of thousands of fans, musicians and industry figures every month.

You Can Help
To expand our coverage even further and develop new means to foster jazz discovery and connectivity we need your help. You can become a sustaining member for a modest $20 and in return, we'll immediately hide those pesky ads plus provide access to future articles for a full year. This winning combination will vastly improve your AAJ experience and allow us to vigorously build on the pioneering work we first started in 1995. So enjoy an ad-free AAJ experience and help us remain a positive beacon for jazz by making a donation today.

More

Popular

Get more of a good thing!

Our weekly newsletter highlights our top stories, our special offers, and upcoming jazz events near you.