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Alberto Treccani Chinelli: Le Lontane Origini del Blues e del Jazz

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Le Lontane Origini del Blues e del Jazz
Alberto Treccani Chinelli
127 pagine
ISBN: 978-88-6231-747-4
Arcana
2020
"Questo libro non intende proporre la storia del blues e del jazz ma interessare il lettore a quei fatti e a quei misfatti che, tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del secolo scorso, diedero vita a due originalissime espressioni musicali."

È con questa dichiarazione di intenti che inizia il libro Le Lontane Origini del Blues e del Jazz di Alberto Treccani Chinelli, pubblicato da Arcana. Si tratta di un punto essenziale del pensiero di Chinelli che verrà mantenuto con coerenza lungo tutti i 14 capitoli che compongono il libro. Lontano dal didascalismo e dalla chiusura settoriale in cui purtroppo spesso si rintana la storiografia musicale, ciò che più preme Chinelli è dimostrare come il jazz e il blues ebbero origine da fenomeni sociali complessi come le migrazioni, la globalizzazione e la schiavitù.

I capitoli si sviluppano intorno a una serie di concetti-chiave che molto spesso tendono a smontare falsi miti, idee, assunti, convinzioni sul blues e sul jazz dati ormai per scontati ma che rappresentano dei veri e propri fraintendimenti dai punti di vista storico, sociale e culturale. Analizziamo qui di seguito quelli che ci sembrano più rilevanti.

Il blues e il jazz non sarebbero mai esistiti senza i fenomeni migratori di massa

Il blues e il jazz nascono dalla contaminazione di popoli di culture diverse che si ritrovano a convivere, per via di fenomeni migratori molto spesso forzati, in Paesi che non sono quelli di loro origine. I momenti-chiave individuati a tal riguardo da Chinelli sono sostanzialmente due: il XV secolo, ovvero l'epoca delle grandi esplorazioni che portarono alla scoperta del mondo extra-europeo, e il periodo tra la fine dell'Ottocento e l'inizi del Novecento, in cui si assistette a un doppio fenomeno migratorio verso il Nord-America, coinvolgente da un lato gli europei in cerca di nuove opportunità di vita nel Nuovo Mondo, dall'altro gli africani deportati come schiavi. Nel penultimo capitolo del libro ("Il jazz lontano da New Orleans") Chinelli fa anche presente come non solo le migrazioni siano alle origini del blues e del jazz ma rappresentino anche il modo attraverso cui questi generi musicali si sono diffusi nel mondo e trasformati nel tempo.

Il jazz non è l'esito di una naturale evoluzione del blues

Sebbene una certa lettura storica superficiale di ciò che avvenne tra fine Ottocento e l'inizio del secolo scorso ha sempre fatto credere il contrario, la tesi che il jazz derivi dal blues è smentita da una serie di elementi storici, sociali e musicali. Soffermiamoci sull'elemento più determinante. Il blues è espressione unica della cultura afroamericana, nato proprio come base di una contro-cultura a cui gli schiavi africani deportati in Nord America dovevano appigliarsi per resistere ed affermare una propria identità di resistenza. Il jazz invece ("musica avente un linguaggio autonomo," come ci ricorda Chinelli), "possiede un assieme di elementi ritmici, formali e timbrici di origine africana, ai quali si sono aggiunte, amalgamandosi, armonie europee, in un groviglio difficile da sbrogliare."

Il jazz è nato a New Orleans o forse no

La convinzione che il jazz sia nato a New Orleans non è condivisa da alcuni studiosi. Costoro affermano che, in quello stesso periodo, il jazz veniva suonato anche in città come Memphis, Dallas, Kansas City, St. Louis e in altre città del Sud e del Midwest. Come scrive Chinelli, "lo sostengono partendo dall'idea che persone viventi in luoghi diversi possano giungere a risultati artistici analoghi se capaci di cogliere, con la loro sensibilità e creatività, quello che possiamo definire lo spirito del tempo." Se questo può essere condivisibile, è certamente anche vero che nessuna città come New Orleans possa rappresentare il simbolo del luogo di origine del jazz, un crogiolo di lingue, tradizioni musicali, usanze e culture in cui "spagnoli, francesi, italiani, inglesi, tedeschi e slavi si incontravano e incontravano creoli e africani."

Meritano infine una menzione a parte la struttura e lo stile adottati dall'autore in questo libro. Chinelli sembra procedere in ordine sparso: alcuni capitoli non sembrano legati concettualmente a quelli precedenti, ed elementi aneddotici personali vengono spesso mischiati alle vite dei grandi musicisti, alle storie contenute nelle canzoni e ai grandi fenomeni storici, culturali e sociali. Il libro avrebbe sicuramente beneficiato di una struttura maggiormente fondata sull'unitarietà concettuale ma, nonostante questo, le scelte stilistiche e strutturali, oltre a dare vita ad un ritmo flessuoso che non annoia mai, rimangono comunque coerenti con il linguaggio dell'autore: Chinelli ha il merito di non parlare da accademico o da esperto, ma da persona appassionata di jazz e studioso che desidera più di ogni altra cosa condividere le proprie idee ed emozioni.

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