Inciso nel febbraio 2020 e pubblicato alla fine dell'anno seguente, questo notevole album, frutto di una seduta di libera improvvisazione ma il cui principale responsabile è l'oggi sessantottenne batterista newyorchese Whit Dickey, che nell'ultimo trentennio non ha mancato di fornire ampie testimonianze del suo valore, è di quelli che ci fanno capire quali ragguardevoli risorse e possibilità rigenerative possa ancora vantare una formula che per anzianità di servizio e assiduità di frequentazione potrebbe apparire a occhi distratti persino consunta (come spesso in effetti è), nel momento in cui la stessa venga posta nelle mani giuste, di musicisti creativi e curiosi (anche e soprattutto reciprocamente) come i tre che qui troviamo a interagire fra loro.
I sei brani che compongono il lavoro, tutti tranne uno (il quinto, "Down Void Way," più breve) di durata compresa fra gli otto e gli undici minuti (in entrambi i casi abbondanti), hanno tutti una loro assoluta dignità, logica e capacità di farsi ascoltare grazie ad architetture e temperature articolate, ora più quiete ora più nervose, in un dialogo a tre voci che prevarica decisamente le sortite solistiche, che peraltro non mancano (spesso poste in avvio di brano). E' però tutto ciò che ognuno dei tre, come detto, vuole carpire, conoscitivamente, agli altri due per poter arricchire al meglio il discorso corale l'elemento che più salta all'occhio e che più ci preme (e ci fa piacere) evidenziare. Sempre per quanto si diceva all'inizio nell'ottica di una continua rivitalizzazione di una formula che consunta non è. Solo a volerlo credere e a remare in questa direzione. Chiamandosi Whit Dickey, William Parker e Matthew Shipp, con tutta la loro storia e la loro statura di musicisti creativi, ma anche in tanti altri modi possibili.
Track Listing
A Thing & Nothing; Whirling In The Void; Nothingness; Village Mothership; Down Void Way;
Nothing & A Thing.
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Ecumenico ma (abbastanza) esclusivo, non sopporta la musica – e l’arte in generale – di routine, rassicurante e dozzinale, preferendo, se proprio deve, il brutto all’inutile. Un ideale spaccato dei suoi amori musicali (che non si limitano al jazz; e più o