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Uomini sull'orlo del suono perfetto
BySono passati quasi cento anni da quei pioneristici tentantivi e nel frattempo ci sono state rivoluzioni legate ai cambiamenti dei supporti musicali, abbiamo assistito all'avvento dell'informatizzazione nella musica, sono passate mode e costumi che hanno cambiato il modo di percepire la riproduzione sonora, ma la sfida è rimasta la stessa: ottenere una registrazione naturale e il più possibile fedele alla performance del musicista.
Il cammino che ha portato a ottenere - non sempre, ma in una buona casisitica - un risultato dagli alti standard qualitativi ha conosciuto personaggi che hanno avuto la passione, il coraggio e la caparbietà di spingere la meta da raggiungere sempre più avanti, al punto da creare attorno a loro una sorta di "credo stilistico," risultando per le generazioni successive di tecnici del suono come punti di riferimento imprescindibili. Uno su tutti: Rudy Van Gelder, che ha legato negli anni Cinquanta il suo nome alle registrazioni della Blue Note Records, che nelle parole del produttore Michael Cuscuna «riusciva a registrare i sassofoni e le trombe catturando la potenza e lo spessore del sound dei musicisti; il suono non era piccolo come nella maggior parte dei dischi ed era come ascoltare un musicista dal vivo, con il suo fiato che spinge attraverso il sax».
Oggi il discorso si è fatto meno marcato di risvolti leggendari, ma più legato a una pragmaticità essenziale per la sopravvivenza delle strutture di registrazione, che tentano in ogni modo di trovare la giusta via per fronteggiare la crisi - economica, ma anche dell'attenzione culturale - e tentare un futuro possibile. Chi si occupa di musica registrata con una certa qualità in Italia è accomunato da una grande passione e dal fascino che la missione di catturare il suono porta dentro di sé, come ci ha spiegato Stefano Amerio di ArteSuono: «Mi sono voluto concentrare sulla musica jazz perché volevo lavorare su qualcosa che mi affascinasse. La ripresa dei suoni acustici è sempre difficoltosa da rendere su disco e questa sfida continua a essere eccitante. Inoltre, il fatto di vedere l'attenzione sulla musica e l'interplay dei musicisti è davvero intrigante».
La passione fa quindi passare in secondo piano le considerazioni economiche e spinge gli operatori di settore a moltiplicare gli sforzi, proprio perché consapevoli della loro professionalità e della voglia di andare ben oltre una resa che di questi tempi sarebbe fin troppo scontata. Idea confermata dalle parole di Fabrizio Salvatore di Hi Jazz, forte della sua ventennale esperienza con l'etichetta e centro di produzione AlfaMusic: «È proprio la consapevolezza di vivere tempi difficili, oltre a quanto stia accadendo nell'ambito discografico, che ha motivato l'esigenza di raddoppiare il nostro impegno. Avevamo la volontà di migliorare le nostre attività mettendo a disposizione l'esperienza tecnica e di produzione, ma soprattutto umana, maturata negli anni insieme ai musicisti presenti nelle pubblicazioni di AlfaMusic. È la vita che ci invita a continuare, ed è grazie a queste convinzioni è nato il progetto Hi-Jazz». Parole importanti che giungono da chi sta dietro a molti dei CD che arrivano nei lettori degli appassionati di jazz, ma che in piena era di download e ascolti disattenti possono sembrare - alla maggior parte dei fruitori di musica - come anacronistiche o prive di reale significato.
Bisognerebbe avere una situazione culturale diversa per far capire al grande pubblico che, come lo stesso Salvatore tiene a sottolineare, «senza caratteristiche come: una dotazione tecnica di ottima qualità, la progettazione acustica degli ambienti, la disponibilità di un team di professionisti che svolgono ruoli diversi e complementari, credo sia difficile raggiungere risultati importanti». Quasi impossibile dargli torto, soprattutto dopo aver fatto una ricognizione nei loro studi, dislocati tra Grottaferrata e Roma, dove abbiamo trovato una grande varietà di strumentazione e degli ambienti dedicati messi a disposizione dei musicisti, come tre sale di ripresa e missaggio, più una dedicata al mastering, nelle quali gli artisti si possono avvalere di un'importante dotazione strumentale, che comprende, tra l'altro, anche un organo Hammond C3, pianoforti a coda Yamaha e Steinway, batterie acustiche, piano Fender Rhodes, Wurlitzer e Hohner Clavinet D6.
La crisi si combatte cercando sempre di percorrere la via della grande qualità, realizzata a costi contenuti, grazie all'ottimizzazione dei tempi e delle risorse e alle scelte importanti fatte sul campo, come quella di continuare a tenere un "cuore analogico," senza dare troppa importanza alle sirene digitali che alcuni anni fa hanno incantato un mercato fin troppo facile da convincere, come confermato dalle parole di Alessandro Guardia, sound engineer di Hi Jazz: «Le macchine analogiche sono per noi il punto di partenza e un punto di forza fondamentale. Senza l'ausilio di una consolle analogica come la nostra AMS Neve 88 R e di tutto l'outboard, sempre analogico, di processori di segnale e reverberi o camere d'eco di altissima qualità, difficilmente si può arrivare a produzioni che realmente fanno la differenza».
Si parla dunque di tecnica, strumentazione, ambienti appositamente studiati. Ma tutto ciò non basta per diventare una delle strutture più apprezzate a livello nazionale ed Europeo, come l'esperienza di Stefano Amerio insegna. Il suo studio è a Cavalicco, un paesino alle porte di Udine, e spesso - oltre alla grande dotazione strumentale di cui dispone, che include anche un contrabbasso restaurato di fine Ottocento - a fare la differenza è proprio l'accoglienza di tipo famigliare capace di mettere il musicista nelle migliori condizioni e dunque pronto a esprimersi al massimo delle sue potenzialità. È lui stesso a confermarcelo: «Cerco di essere molto professionale e di mettere a loro agio i musicisti. La mia sicurezza in quello che faccio si traspone in maggiore tranquillità per loro. Spesso mi chiedono commenti su una take o su un solo, e la diplomazia viene prima di tutto. Con garbo e cordialità faccio capire che forse è il caso di provare a incidere ancora oppure è il momento di un caffè con una fetta di torta della mamma o di un bicchiere di buon vino. Insomma cerco di farli stare come a casa. Il mio studio è una casa, come lo era il salotto di Rudy Van Gelder».
Amerio ottiene nelle sue registrazioni, grazie alla cura del dettaglio e all'intellegibilità degli strumenti, un sound cristallino. Forse nel suo percorso è stato determinante l'incontro con Manfred Eicher, il quale rappresenta la figura tipica del produttore che in studio di registrazione ha la sua influenza. Sempre stando a quello che ci ha raccontato: «Manfred Eicher è un grande produttore. Una di quelle figure che non esistono più. Produrre vuol dire capire il musicista, aiutarlo a esprimersi al massimo, a incitarlo a tradurre in musica le emozioni. È come un direttore d'orchestra che dirige con vigore l'esecuzione. Con lui ho un rapporto fantastico: quando si lavora lo si fa sempre al massimo, ma al di fuori dello studio ci si diverte davanti a un buon calice di vino rosso friulano, che puntualmente fa parte della dotazione tecnica dello studio. Ricorderò sempre due episodi: la porta che si aprì alle mie spalle durante le registrazioni di Easy Living di Enrico Rava ed entrò Manfred, si sedette e ascoltò la take che i musicisti stavano eseguendo e disse "Sounds good, go ahead!," e quando alla seconda sessione con lui, durante una fase di editing, potendo scegliere tra due possibili soluzioni, entrambe ottimali, e non sapendo quale usare, mi sentii battere sulla spalla con la frase "Please, think fast!". Sono situazioni che ti cambiano la vita».
Curioso vedere come - negli incontri con chi si occupa di registrazione - vengano spesso a galla sentimenti di umanità, amicizia, feeling e rispetto, in un mondo che visto da fuori lo si può immaginare pieno di cervelli informatici, piegati su consolle gigantesche, alle prese con algidi algoritmi e calcoli improbabili. Invece dalle loro parole traspare calore e un certo rispetto per tutto ciò che ha a che fare con la natura e con la perfezione che riesce a sprigionare. Sono persone alla ricerca di un suono ideale, che sappia provocare emozioni vere, capaci di svincolarsi dalla fredda perfezione, e che mantengono nella loro anima la bellezza passionale e spontanea, perché come ci ha detto, in una piacevole conversazione sull'argomento, il presidente dei Forward Studios Massimo Scarparo: «La pioggia è bella proprio nella sua naturale irregolarità, è inutile, ed eventualmente dannoso, volerla per forza ingabbiare in una matrice di gocce tutte uguali».
Foto di Federico Aniballi (la seconda) Federico Maglio (la terza) e Luca D'Agostino (le ultime due).
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