Home » Articoli » Multiple Reviews » Un anno vissuto pericolosamente! Il 2008 di Improvvisato...
Un anno vissuto pericolosamente! Il 2008 di Improvvisatore Involontario
ByPer Improvvisatore Involontario il 2008 è stato un anno di intensa produzione musicale e di grande attenzione da parte della stampa specializzata e della critica, anche se, come sottolineano come un certo rammarico i componenti del collettivo, da parte dei grandi festival continua a esserci uno scarso feedback, segno che anche per le modalità più nuove di circuitazione, non è facile scalfire le consuetudini di collaborazione e la proverbiale ritrosia di organizzatori e direttori artistici a rischiare su nomi meno "gettonati" di quelli dei soliti noti.
Ripercorriamo dunque questo "anno vissuto pericolosamente" di Improvvisatore Involontario, anno nel quale i componenti non hanno risparmiato bordate alla attuale situazione italiana, proponendo una musica nella quale la componente "critica", spesso spruzzata di caustico sarcasmo, è parte integrante del discorso sonoro [altri dischi dell'etichetta, ad esempio quelli, ottimi, di Gaspare De Vito (5 Songs e 1 Story e Passing Notes), sono stati già recensiti su questo sito).
Francesco Cusa "Skrunch"
L'arte della guerra
Improvvisatore Involontario
Valutazione: 4 stelle
Incominciamo da L'arte della guerra, nuovo lavoro di quella band "Skrunch" che l'imprevedibile spirito del batterista Francesco Cusa aveva fatto esordire con Psicopatologia del serial killer. La formazione è qui un settetto, costruito su un blocco ritmico forte dell'amalgama delle chitarre di Carlo Natoli e Paolo Sorge, oltre che della batteria del leader e delle percussioni di Dario De Filippo, contrapposto a un plotone di fiati da battaglia composto da Beppe Scardino al baritono, Tony Cattano al trombone e Riccardo Pittau alla tromba [ma da vivo la band ha sperimentato nuovi equilibri spostati più sulle ance].
Aperto e chiuso dalla lettura di alcuni "consigli" tratti proprio da L'arte della guerra di Sun Tzu, il disco opera una meritoria discesa agli inferi, propiziata da un suono collettivo di grande impatto in grado di svelare quello che ho avuto modo di definire in altra sede come "l'inimmaginario" di Cusa e soci. I temi sono spigolosi e emergono all'improvviso, ossessivi come quello di "Alljazzera", sorretti da un funk sghembo e quasi threadgilliano come in "Opinioni di un clown" o sciolti nell'abrasione sabbiosa dei due fuoriclasse del lavoro, "Escape from Pussyland" e "Quel giorno in cui J.J. Cale si svegliò senza una gamba".
C'è la forza dell'indie-rock più trasversale, le accensioni delle ultime generazioni di freejazzers, c'è molto di originale e inconciliato nella musica che Cusa cuce [senza anestesia] sulla pelle dei propri musicisti e nelle orecchie degli ascoltatori, una vitalità scevra da qualsiasi ingenuità, anzi a volte talmente disillusa da suonare irrimediabilmente poetica.
Riccardo Pittau Congregation
V IV MMV Death Jazz
Improvvisatore Involontario
Valutazione: 4 stelle
Un altro disco imprescindibile di questa annata di Improvvisatore Involontario è certamente, nonostante l'artwork cimiteriale che nemmeno l'evidente ironia salva dalla bruttezza, quello della Congregation del trombettista sardo Riccardo Pittau, alla testa di un azzeccatissimo combo completato da Vincenzo Vasi al basso, Gianni Gebbia al sax, dal solito Cusa dietro i tamburi e [scelta azzeccatissima] la chitarra sarda preparata di Paolo Angeli.
Difficile classificare la musica di questo lavoro, quasi a confermare l'allure fantasmatica che accompagna la registrazione, sembra che a tentare una definizione le parole sfuggano, la mente si ottunda e anche ogni ipotesi di ancoraggio su terre sicure si rivela una chimera: meglio di certo lasciarsi ammaliare, come dalle sirene di Ulisse, e obnubilare dal flusso sonoro, magmatico oppure rarefatto, ritmicamente molto vario.
Ventisei brevi momenti che si intrecciano con inevitabile incanto, sorretti da piccoli straniamenti timbrici, con un Pittau splendido nel disegnare linee inquiete [ma anche i suoi sodali non sono da meno] e una fondamentale mancanza di riconoscibilità tematica che se a un primo ascolto può spiazzare, alla fine diventa un pregio, certi che l'ascolto successivo sarà una nuova avventura. Bello!
Jim Pugliese
Phase III
Improvvisatore Involontario
Valutazione: 2,5 stelle
Piacevole eccezione dell'etichetta ai progetti di casa nostra, la pubblicazione di Phase III ci consente di conoscere meglio il quintetto del percussionista Jim Pugliese, passato anche qualche volta nelle rassegne di casa nostra. Colta dal vivo all'Issue Project Room di Brooklyn, con Marc Ribot come ospite alla chitarra, la band è sostenuta dagli intrecci ritmici di Pugliese e di Christine Bard alla batteria ed è caratterizzata da un suono elettrico cui contribuiscono il sempre ottimo Marco Cappelli alle chitarre e Kato Hideki al basso, lasciando al contralto di Michael Attias il compito di espandere le idee melodiche.
Tipico gruppo che porta in sé l'anima downtown della prim'ora [di cui Pugliese è stato protagonista], Phase III suona bene, ma non riesce a distaccarsi da una certa routine che la scarsa comunicatività dei temi e delle forme non riescono a smorzare. Forse asciugando di più [la Bard sembra talvolta di troppo] e evitando alcuni eccessi esecutivi che la dimensione live un po' accentua, l'esito complessivo ne guadagnerebbe, comunque una scelta non banale per Improvvisatore Involontario quella di proporre al pubblico italiano questa band.
Feet of Mud
Feet of Mud
Improvvisatore Involontario Valutazione: 3 stelle
Si torna in Italia con l'esordio del trio Feet of Mud, formato dal tastierista Federico Squassabia con Stefano Senni al basso e ovviamente Cusa alla batteria. La formazione, di squisita natura elettrica, riecheggia sia alcuni momenti del jazz-rock anni Settanta che i più recenti aggiornamenti di questa combinazione, ma mantiene una sua salda personalità, un po' fangosa nella sonorità [ma d'altronde…] e vagamente demodé.
Nove brani [della bella "David's Eye" ci sono due versioni] di media lunghezza, talvolta fortemente atmosferici ["Funeral and Wedding March"], altre volte più segmentati e ritmici, sempre accesi da qualche baluginio alieno e sci-fi retrò. Buone cose, ma ancora da verificare in un'otica di maturazione, per evitare che la forte scelta timbrica - che connota in modo decisivo la proposta, specialmente alla luce della saggia decisione di Squassabia di non intendere la formazione come un muscolare power-trio - diventi elemento di ripetitività più che di ricchezza. Cool!
Switters
Current Trends in the Contemporary Italian Music Disaster - Vol. III
Improvvisatore Involontario
Valutazione: 4,5 stelle
Forse però il disco più rappresentativo di questo "anno pericoloso" di Improvvisatore Involontario - senza nulla togliere agli altri - è Current Trends in the Contemporary Italian Music Disaster - Vol. III, grandiosa invettiva del già ottimo trio Switters contro le banalità e i luoghi comuni dell'italico mondo musicale, in particolare quello da loro definito "giezz" [si ascolti attentamente l'esilarante - ma anche inquietante - monologo iniziale recitata dallo scrittore WuMing1] e reo di avere soffocato con massicce dosi di apparenza le meglio menti delle nuove [de]generazioni.
Il discorso di Switters [Cusa alla batteria, Vasi a theremin, basso e voce e un immenso Gianni Gebbia al contralto, in una delle sue più efficaci prestazioni degli ultimi anni] è chiaramente provocatorio e anche volutamente contraddittorio, riuscendo a mettere in cortocircuito vizi, tendenze, manie, peccati che non potremmo mai giurare non siano anche quelli di ciascuno di noi. Se n'è parlato abbastanza in interviste e altri interventi, durante questo 2008, ma non c'è dubbio che [fatta la tara sul tasso di sarcasmo] gli argomenti sollevati e discussi siano di peso.
Ci sfila sotto gli occhi un mondo sul margine tagliente della disperazione [e la "crisi" economica doveva ancora esplodere], fatto di call-center e di giezzisti prodigio, di Paris Hilton e di riccioluti pianisti che con sapiente mossa di marketing impongono a un'Italia radical-chic smarrita un surrogato claydermaniano come fosse grande musica, di direttori artistici ormai invischiati in una rete che impedisce loro la giusta libertà di pensiero [ma forse, anche se esercitata, quest'ultima rivelerebbe inquietanti risvolti].
La musica è notevolissima, anche se gli interventi vocali [essenziali nel discorso] alla lunga possono un po' stufare: Gebbia, lo dicevamo, sembra dotato di ali inesauribili, straordinario mediatore tra le tensioni ornettiane e una coolness che è più agghiacciamento che blaserie.
La ritmica Vasi-Cusa macina groove diversamente-agili, ricchissimi di rimandi a un pozzo scuro nel quale le streghe rimestano i migliori scarti della nostra vita. Certi brani sono pazzeschi, cose come "Why Ornette Would Be Unknown Today" o la cupa "Italian Sadness Inc.", ma tutto il disco è una sintesi abrasiva dell'annata di Improvvisatore Involontario.
Imperdibile.
AA.VV.
Antivatican Coalition Against the Hippies Resistance
Improvvisatore Involontario
Valutazione: 3 stelle
A testimonianza ulteriore di come Improvvisatore Involontario sia un collettivo aperto alle più diverse forme espressive [foto, video, arti visive, etc.] e non solo alla musica, è uscito poi recentemente il DVD Antivatican Coalition Against the Hippies Resistance, che coinvolge 17 musicisti e 11 artisti che lavorano con la videoanimazione in un progetto [curato da Cusa con Raffaella Piccolo] nel quale l'improvvisazione sonora e la fantasia visiva, accomunate da irriverente giocosità e da programmatica "diabolicità", si intrecciano.
All'aspetto sonoro contribuiscono l'Alzheimer Duo di Matjaz Mancek e Marjan Stanic, oltre a un plotone di Improvvisatori Involontari nel quale troviamo, oltre a Cusa, artisti come Paolo Sorge e Gaspare De Vito, voci molto differenti come quelle di Shirin Demma o Renato Miritello, il folle Mc Emiliano Cinquerrui, il tastierista Squassabia e molti altri, a creare un magma spesso intrigante.
L'esito visivo [dalla "crocifissione" di Barbie ai diabolici e simpatici "peccatori" di Pablo Polledri] è più deludente, prevalentemente pervaso da un'estetica lo-fi che non soccorre la fantasia e anzi, proprio per la voluta "forza disturbante" delle tematiche, la rende un po' immatura e a tratti di cattivo gusto. Comunque un documento ulteriore della grande vitalità di Improvvisatore Involontario, con l'augurio che possano essere vissuti altri anni così pericolosamente creativi, magari sciogliendo alcuni dei nodi comunicativi e di diffusione che ancora fanno discutere animatamente i componenti il collettivo.
Tags
Comments
PREVIOUS / NEXT
Support All About Jazz
