Home » Articoli » Album Review » Animation: Transparent Heart

Animation: Transparent Heart

By

Sign in to view read count
Animation: Transparent Heart
Nel 1959 il pianista, bandleader, compositore e arrangiatore George Russell aveva dedicato un bellissimo album alla sua New York. Il lavoro si intitolava per l'appunto New York, N.Y. e conteneva un mix di standards e composizioni originali, spesso riferite espressamente a Manhattan, il cuore della Grande Mela. Un bozzetto impressionista, intensamente jazzistico, che guardava decisamente in avanti. Un album ben noto e apprezzato dagli appassionati di jazz moderno, non solo per la presenza di John Coltrane, Bill Evans, Art Farmer, Bob Brookmeyer e altri, ma anche per gli splendidi arrangiamenti del leader.

Dopo oltre cinquant'anni il sassofonista, bandleader, compositore e arrangiatore Bob Belden, nato nel 1956 ad Evanston, Illinois, cresciuto in South Carolina, poi universitario in Texas e finalmente residente da quasi trent'anni a Manhattan, dedica alla sua città adottiva questo album intenso e appassionato, venato di quel soffio di tristezza e preoccupazione che ogni uomo consapevole di quello che gli succede attorno, non può non provare dopo i fatti dell'undici settembre 2001 e dopo la grande crisi finanziaria nella quale siamo tuttora immersi fino alla punta dei capelli. Senza dimenticare l'adrenalina della folla, le intemperanze malavitose e le ingiustizie sociali. Piacevolezze dei nostri tempi, insomma.

Belden cerca di scansare i paragoni affermando che questo Transparent Heart non è un album di jazz. Ma è un depistaggio evidente. Questo è un album di jazz, un album di jazz vivo e attuale, un album che apre riflessioni importanti. E non solo sulla musica. Musica che comunque, sia chiaro, rimane eccellente, senza perdere un briciolo di efficacia nelle aperture a temi extra-musicali. Un racconto, di taglio ancora una volta impressionistico, di Manhattan e un resoconto mobile di come Manhattan è cambiata nel tempo, durante i trent'anni che sono passati da quando Bob Belden è diventato newyorchese. Un racconto che in qualche modo sembra lavorare in continuità con l'eccellente Black Dahlia del 2001 che invece dava modo a Belden di raccontare un noir ambientato a Los Angeles. In maniera che allora avevamo definito 'intossicante.'

In questo recentissimo lavoro Belden è accompagnato da quattro giovani musicisti di grande valore che si sono fatti le ossa, come lui, nella University of North Texas. Ci sembrano particolarmente ben selezionati e ci aspettiamo da loro conferme importanti. Oltre al leader, impegnato al sax e al flauto, troviamo il ventinovenne Peter Clagett, davvero milesiano alla tromba, il ventitreenne messicano Roberto Verastegui, bollente alle tastiere, il ventiquattrenne Jacob Smith solidamente ancorato al basso elettrico e il ventenne Matt Young, flessibilissimo e cattivo quando serve alla batteria. Un gruppo coeso e cangiante, morbidamente sempre in controllo, con una ritmica pulsante e carica di bella energia. Capace di coprire gli spazi solistici con intensità meditata, mai gratuita o fuori contesto. Un quintetto che per la sua coerenza stilistica e la sua capacità espressiva al di la di ogni schema, sarebbe molto piaciuto a Miles Davis.

Gli appassionati sanno che Bob Belden, oltre ad essere uno splendido musicista, è un produttore di primissimo piano ed è un musicologo specializzato nella musica della seconda metà del secolo scorso. Si è occupato per molti anni, per conto della Sony/Columbia, delle ristampe, in vari box, di tutta la produzione di Miles Davis ed è certamente uno dei massimi esperti in materia. Spesso Davis è stato, per lui, una fonte d'ispirazione evidente e dichiarata nei suoi lavori discografici. In questo caso lo è in modo più sottile, quasi subliminale. In particolare l'ispirazione sembra derivare dai lavori di Davis post Bitches Brew, le lunghe jam che poi furono pubblicate con qualche anno di ritardo negli album che servirono alla casa discografica per coprire il lungo hiatus produttivo provocato dalla repentina decisione di Miles di ritirarsi nel 1975, per poi rientrare nel 1981.

Quel periodo molto creativo e molto sperimentale di Miles era stato il punto di partenza anche per alcuni album di MC 900 Ft. Jesus, nome d'arte di Mark Griffin, un geniale trombettista manipolatore di turntables, anche lui texano, che aveva rivisitato in maniera molto dilatata quella musica ipnotica di Miles ed era poi sparito nel nulla. Sono album ormai introvabili, ma se volete provare il brivido della ricerca spericolata nei meandri della rete questi sono i riferimenti: Welcome to My Dream (uscito nel 1991) e One Step Ahead of the Spider (uscito nel 1994). Se riuscite a trovarli sarete ricompensati degnamente dalla qualità della musica che contengono.

I brani di questo Transparent Heart sono, curiosamente, alternativamente brevi (attorno ai tre minuti) e lunghi (ben oltre i dieci minuti) con la sola title-track nella terra di mezzo (sette minuti abbondanti). Non appare casuale il fatto che l'album sia stato registrato a fine 2011 negli studi di registrazione di Bill Laswell, altro apparente emarginato del jazz che in realtà sta spesso al centro della 'vera' scena. Nel mix non mancano voci, suoni e rumori 'concreti' sottratti al canovaccio della metropoli. Si integrano molto bene con la scrittura e con gli arrangiamenti di Belden e con la classe cristallina degli esecutori. Davvero un bel viaggio nel cuore della città che non dorme mai.

Personnel

Bob Belden
arranger

Album information

Title: Transparent Heart | Year Released: 2012 | Record Label: RareNoiseRecords


< Previous
Choices

Comments

Tags


For the Love of Jazz
Get the Jazz Near You newsletter All About Jazz has been a pillar of jazz since 1995, championing it as an art form and, more importantly, supporting the musicians who create it. Our enduring commitment has made "AAJ" one of the most culturally important websites of its kind, read by hundreds of thousands of fans, musicians and industry figures every month.

You Can Help
To expand our coverage even further and develop new means to foster jazz discovery and connectivity we need your help. You can become a sustaining member for a modest $20 and in return, we'll immediately hide those pesky ads plus provide access to future articles for a full year. This winning combination will vastly improve your AAJ experience and allow us to vigorously build on the pioneering work we first started in 1995. So enjoy an ad-free AAJ experience and help us remain a positive beacon for jazz by making a donation today.

More

Popular

Get more of a good thing!

Our weekly newsletter highlights our top stories, our special offers, and upcoming jazz events near you.