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Things We Like: Giugno 2012
BySto leggendo e rileggendo quello che ritengo uno dei più importanti contributi moderni alla Storia del Jazz. Si tratta del libro dal titolo omonimo (sottotitolo "Una prospettiva globale") pubblicato per i tipi di Stampa Alternativa (Nuovi Equilibri - pagg. 601 - Euro 24,00) da Stefano Zenni, già conosciuto come uno fra i maggiori musicologi italiani, presidente della Società Italiana di Musicologia Afroamericana, vicedirettore del Center for Black Music Research europeo ma certamente, dopo questo immenso lavoro, assurto al gotha del jazz che conta.
La capacità analitica e la metodologia di questo importante lavoro sono di quelle che conquistano. Stefano è davvero riuscito a ribaltare molti luoghi comuni nella classica narrazione storica della storia del jazz e - almeno personalmente - non ho mai avuto la fortuna di leggere un libro sulla musica afro-americana così completo e avvincente come questo.
Il resto? Divertitevi davvero ad ascoltare l'ultimo disco di Neneh Cherry, The Cherry Thing.
Alberto Bazzurro
Sulla breccia da ormai un buon ventennio, Ivo Perelman ha sempre mantenuto un livello di produzione discografica medioalto, però firmando di rado cose capaci di uscire dalla media (sua), anche perché spesso svolte attorno a una linea stilistica fin troppo monolitica. Non è il caso del recente The Passion According to G.H., pubblicato dalla Leo Records (come del resto quasi tutti i lavori del brasiliano) in combutta col Sirius String Quartet. Pur non eludendo le asperità tipiche di Perelman, il disco finisce in qualche modo per sublimarle grazie all'interazione con gli archi, nel segno di un camerismo frastagliato e assolutamente anticonsolatorio che emancipa in un sol colpo tanta letteratura contemporanea di settore fin troppo leccata, e tanta free improvisation dagli esiti a volte talmente casuali da sembrar quasi involontari. Ascoltare per credere.
Da ascoltare, su tutt'altra sponda, anche un altro album non meno desueto: la rilettura del repertorio di Celentano (sì, avete letto bene: proprio il molleggiato, o ex-tale) operato da una delle nostre voci più consapevoli (a volte fin troppo) quale quella di Peppe Servillo con un manipolo di jazzisti, per lo più adusi a bazzicare l'universo-canzone: Bosso, Girotto, Marcotulli, Di Castri e Mattia Barbieri. In mezzo a tanti lavori rassicuranti e patinati che hanno via via smarrito quello che vent'anni fa era lo spirito di ricerca (o quanto meno di novità) che alimentava il nascente filone degli italian standards in jazz, ecco un'operazione degna dei suoi più felici antecedenti. Fin dal titolo: Memorie di Adriano (Pro Music), come a dire un Celentano via Yourcenar, in CD o DVD. A scelta.
Enrico Bettinello
Con operazione in parte analoga a quella fatta per I'm New Here di Gil Scott-Heron, torna Bobby Womack con un disco intriso di elettronica e scandito dalla sua voce sofferta. Prendere o lasciare!
Avendo passato la giovinezza a ascoltare fino alla nausea i due volumi di Préludes di Debussy nella meravigliosa interpretazione di Arturo Benedetti Michelangeli, mi sono spesso - stupidamente, va da sè - tenuto lontano da nuove interpretazioni di queste pagine. Mi fa ricredere, nel 150° anniversario della nascita del compositore francese, un bel disco ECM del pianista russo Alexei Lubimov, impreziosito dall'altrettanto sensibile lettura dei Trois Nocturnes nella trascrizione per due pianoforti di Ravel e del Prélude à l'après-midi d'un faune. Si è parlato molto della scelta dei pianoforti operata qui da Lubimov (uno Steinway e un Bechstein del 1913 e 1925 rispettivamente), ma oltre a questo il disco funziona per la freschezza dell'approccio e la capacità di fare balenare colori novecenteschi senza perdere in lirismo.
Da non perdere questo episodio del programma televisivo di Billy Taylor "The Subject Is Jazz," con Bill Evans, Tony Scott, Art Farmer e soprattutto George Russell...
Luca Canini
AUDIO. Il nuovo DAL VIVO. Neneh Cherry & The Thing a Lubiana. Un'onda d'urto impressionante. Dopo il disco dell'anno, The Cherry Thing, il concerto dell'anno. Vedere per credere.
NOVITA.' Il nuovo CD degli Angles. By Way of Deception. Uscirà a breve per la Clean Feed. Non perdetevelo.
AUDIO. Il suono del tenore di Kalaparusha Maurice McIntyre in questa alternate take di un disco del '69, Humility in the Light of the Creator.
NOVITA.' Uscirà a settembre il disco-collaborazione tra David Byrne e St. Vincent (Annie Clark), Love This Giant. Nel frattempo ci si può gustare un succoso antipasto, il singolo Who.
AUDIO (NOSTALGIA). La grandezza senza tempo di un genio assoluto: Andrew Hill. Passing Ships, uno dei dischi più folgoranti e meno conosciuti.
AUDIO (NUOVA OSSESSIONE). Merrill Garbus. Nome d'arte tUnE-yArDs. My Country è il suo ultimo singolo. Splendido (come al solito). E accompagnato da un video meraviglioso (come al solito).
Maurizio Comandini
La mostra su Gianni-Emilio Simonetti alla Galleria Derbylius (Via Custodi, 12) di Milano si sviluppa in maniera minimalista con opere grafiche che parlano di musica e di theremin. Impossibile ignorarla.
Il chitarrista norvegese Terje Rypdal ritorna a New York per un bel concerto a Le Poisson Rouge, ossia la reincarnazione del mitico Village Gate, il 27 giugno scorso. Con lui sul palco troviamo il trombettista Palle Mikkelborg, l'organista Stale Storlokken e il batterista Paolo Vinaccia. Il jazz europeo si prende una rivincita?
The Cherry Thing di Neneh Cherry & The Thing è già stato ampiamente segnalato come lavoro eccellente e in qualche modo inaspettato. Non possiamo però perdere l'occasione per ribadire la bellezza sopraffina di questo album, a partire dalla iniziale "Cashback". Un brano devastante. La voce di Neneh è giovane ed eccitante, al di là dei dati anagrafici, immersa nel suono che i tre compagni di strada non mancano mai di innescare. The Thing.
Angelo Leonardi
Il meglio dall'ultima (e ultimissima) leva del jazz italiano:
Le doti del sassofonista Piero Bittolo Bon sono il comune denominatore e l'elemento caratterizzante di due dischi incisi col quartetto A.I.R.E. e con il Contemporary Kitchen del pianista siciliano Rosario Di Rosa. Il primo gruppo comprende anche il clarinettista Riccardo Marogna, il contrabbassista Marco Quaresimin e il batterista Niccolò Romanin. Il loro disco per l'etichetta El Gallo Rojo s'intitola Apathic Avant Jazz Anthems ed evidenzia una ricerca d'avanguardia che fonde qualche momento astratto a brani caratterizzati ritmicamente e si rifa a Berne e Braxton. Ispirata la collaborazione in front line tra Bittolo Bon e l'ottimo Marogna.
La collaborazione con Rosario Di Rosa s'è concretizzata in Yawp!!! le cui fonti d'ispirazione sono tanto variegate quanto fantasiosi i risultati. Un disco carico di groove e ricco di sorprese (alla cui riuscita ha contribuito Paolo Botti).
Ritroviamo Paolo Botti (viola, mandolino e quant'altro) in un nuovo trio che ha appena inciso il CD Sankofa, per l'ormai insostituibile El Gallo Rojo. Il nome della formazione è "Leaping Fish Trio" ed è completato dal chitarrista Enrico Terragnoli (eminenza grigia di tanti lavori dell'etichetta e già presente come ospite nel citato A.I.R.E.) e il batterista Zeno De Rossi. Non amo gli aggettivi esagerati ma stavolta il superlativo è d'obbligo: non rassegnatevi finchè non riuscite a trovarlo. I tre guardano alle radici del jazz in un repertorio di storiche composizioni e brani originali intrisi di umori del Delta.
Passando a prospettive di "contemporary mainstream" ci sono altre cose che spiccano:
Braintrain (Jazzy Record) di Salvatore Pennisi e Giuseppe Mirabella realizzato da un ensemble comprendente anche l'eccellente giovane trombettista Dino Rubino.
Incipit (Jazz Engine) di Govinda e Ananda Gari (il primo pianista e il secondo batterista) al cui ottimo esordio newyorchese contribuiscono il sassofonista Mark Turner, il chitarrista Luca Nostro e il bassista Gabriele Pesaresi.
This Is My Music (Via Veneto Jazz) dell'ottimo batterista Matteo Fraboni, che ha inciso a New York a capo di un quintetto con cui esplora atmosfere post-davisiane. Con lui una stella come George Garzone al tenore e altri notevoli jazzmen statunitensi come Logan Richardson al contralto e Rashaan Carter al contrabbasso.
Più incline a confrontarsi con la ricerca è Suggestion from Space (No Flight Records) del chitarrista Rino Arbore che guida un combo col trombettista Roy Nikolaisen, il bassista Giorgio Vendola e il batterista Gianlivio Liberti. Un lavoro incisivo e variegato.
Stefano Merighi
Questo mese un elogio per Jamie Saft. Autentico cervello della musica americana contemporanea. Pianista, organista, chitarrista elettrico spiccatamente heavy, ingegnere del suono sopraffino, compositore, arrangiatore, rumorista. Rare capacità di tenere insieme tutti i ruoli con lucidità e creatività costanti. L'ascolto può cadere qui e là, ma mi piace segnalare un album passato un po' sotto silenzio: Borscht Belt Studies, uno Tzadik dello scorso anno, strutturato per metà in duo con l'ottimo Ben Goldberg al clarinetto e per metà in solitudine, con un pianoforte che si distende tra sequenze atonali (ma leggibili), melodie rarefatte, incursioni puntillistiche. L'epilogo è un reggae affidato al New Zion Trio (Craig Santiago e Larry Grenadier). Un disco-gioiello.
Una session dell'immenso Pee Wee Russell del 1958 (Portrait of Pee-Wee). Specie la rilassatezza di "That Old Feeling," con chorus brevi e perfetti del leader, di Bud Freeman, Nat Pierce, Vic Dickenson (che trombonista!), Ruby Braff. Maestria.
Contraltare: la complessità arcigna di George Lewis del composito Les Excercices Spirituels (Tzadik), dove il compositore chicagoano mette in relazione le pratiche della filosofia antica (non teorie, ma appunto, esercizi spirituali come motori di trasformazione) con riflessioni sonore che impegnano gruppi da camera francesi (la suite che titola il disco) e americani ("Hello Mary Lou"). Difficile ma appagante.
Un bel concerto dal vivo dell'Upperground Orchestra, organico che mette a confronto solisti di diversa estrazione, in grado di far dialogare un jazz nervoso, lontano dai clichè, con un'elettronica dai toni e colori cangianti. Maestro di cerimonie il dj Ra.H, libanese, che stimola le invenzioni di Alvise Seggi al basso, Piero Bittolo Bon ai fiati e strumenti vari, Tommaso Cappellato alla batteria. Un groove ammaliante, tra Laswell e Sun Ra.
Infine una visione: a dispetto delle critiche piuttosto tiepide che l'hanno accolto, ho trovato decisamente all'altezza "Cosmopolis" di Cronenberg, riflessione sullo "stato delle cose" assai stimolante, con un'alternanza efficace tra scene livide/claustrofobiche e lirico/sentimentali. Un invito anche a leggere (o rileggere) il testo di Don DeLillo.
Luigi Santosuosso
Ho trovato il negozio che avrei avuto aprire da grande: Bare Jazz ad Oslo. L'atmosfera accogliente di un'appartamento privato, una collezione di ottimi dischi (anche se a prezzi norvegesi...), annesso bar dove riflettere su quale dischi comprare o prendere una birra con amici (possibilmente nel giardino se c'e' il sole...), un intimo spazio per concerti al piano di sopra.
Vabbe.' Esiste già. E molto meglio di come l'avevo concepito nella mia immaginazione. Ora devo pensare ad un nuovo 'concept.'..
Alcune scoperte delle ultime settimane...
Due dischi nuovissimi:
il CD omonimo di Guillaume Perret e dei suoi Electric Epic che porta questo sassofonista emergente francese alla corte di zio Zorn. Una formula vincente (e molto muscolare) di Jewish Radical Music. Un brano su tutti? "Kakoum".
Kosmonauten, il disco d'esordio di un talentuoso pianista canadese, Tyson Naylor per la benemerita Songlines, con un gustoso omaggio a Paolo Conte. Bellezza angolare e la sempre graditissima presenza di Francois Houle. Per l'ennesima volta ci viene da pensare che il jazz è in ottima forma.
Un disco del 1998 di un gruppo finora a me sconosciuto: New Dingobats Generation dell'omonimo gruppo norvegese di 'retroavant jazz da camera,' guidato dal sassofonista Eirik Hegdal con, tra gli altri, Mats Eilertsen al contrabbasso. Assolutamente accattivante. Del 2002 e 2004 i due album successivi "Pock" e "Follow," con una formazione leggermente diversa e con il nome semplificato in Dingobats.
E un atteso ritorno, i Farmers Market di Stian Carstensen con l'ennesimo ottimo album dal titolo geniale Slav to the Rhythm, tra climi Bulgari, balcanici, zigani, jazzistici, lucida follia e continui kalambour musicali.
Giuseppe Segala
Il connubio tra jazz e folklore alpino potrebbe far storcere il naso a qualcuno. Ma se la cosa è fatta con l'intelligenza, la caparbietà, la bravura e l'ironia di Matthias Schreifl non si può che fare tanto di cappello. Il giovane trombettista e polistrumentista bavarese si è esibito con alcuni suoi progetti all'Alto Adige Jazz Festival, tra fine giugno e luglio: un trio con il bassista tedesco Alex Morsey e il batterista polacco Bodek Janke viaggia con formidabile spregiudicatezza e coerenza nei territori del jazz moderno e arcaico, nel funky e nella musica indiana, nel folklore.
Un ascolto: il disco più recente di Schriefl, Six, Alps & Jazz. Il folklore alpino è immerso nello spirito del jazz con genialità, rispetto e tanta ironia. I titoli in tedesco potrebbero far pensare a un'operazione provinciale. In realtà sono spesso deliziosi giochi di parole di un sarcasmo che ricorda Zappa.
Una lettura (non troppo recente): George Steiner e Antoine Spire, "La barbarie dell'ignoranza". Vi si parla anche di musica, ma coinvolge soprattutto il confronto serrato e battagliero delle idee.
Luca Vitali
Un gradito ritorno: Naná Vasconcelos ed Egberto Gismonti si esibiscono in Italia a quasi 30 anni da Duas Vozes. Accadrà al Ravenna Festival.
Louis Sclavis con l'Atlas Trio: Sources un geniale viaggiatore, intrigante come sempre...
Il nuovo album di Marylin Crispell su Tzadik Play Braxton l'allieva omaggia il maestro con un trio super.
Tornano i Dans les arbres con Canopée, a quattro anni dal precedente ancora una volta senza compromessi!
La seconda prova di Mary Halvorson con il suo quintetto: Bending Bridges
Foto di Claudio Casanova (Saft) e Peter Gannushkinn (Perelman).
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