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Brötzmann - Mangelsdorff - Sommer: Pica Pica

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Brötzmann - Mangelsdorff - Sommer: Pica Pica
I rapporti tra lo straordinario trombonista Albert Mangelsdorff - scomparso nel luglio del 2005 - e i suoi connazionali che hanno esplorato le tecniche più radicali dell'improvvisazione è tutto sommato sottostimato, frainteso, ancora da analizzare in modo compiuto.

Certo, per differenza generazionale e sotto il profilo dello sviluppo personale il musicista di Francoforte ha una storia ben diversa da quella di Peter Brötzmann e soci, ma è sintomatico ad esempio come Mike Hennessey, dedicando a Mangelsdorff un lungo articolo sulle pagine di "Musica Jazz" nel giugno del 1991, non faccia praticamente menzione di questi rapporti.

Lo stesso Brötzmann ricorda invece, nelle note di copertina di Pica Pica - originariamente pubblicato dalla FMP, ora ristampato nella consueta "Unheard Series" della Atavistic - il periodo in cui lui e Mangelsdorff, in trio con Fred Van Hove e con Han Bennink, si ritrovavano a suonare in un piccolo bar di Colonia e, chiudendo il suo breve intervento, sottolinea come quella collaborazione [sebbene malvista da qualche prevenuto collega del trombonista] sia stata estremamente proficua per entrambe le "parti".

La riprova è a portata d'orecchie: registrati dal vivo nel 1982 al "JazzFest Unna", i tre brani documentati da Pica Pica fanno convergere le differenti poetiche dei due musicisti - e quella di un Günter "Baby" Sommer cui tocca il ruolo di triangolare con la batteria energie sempre mutevoli - in una musica intensa e mai dispersiva, che fornisce molti indicazioni interessanti.

Un lungo brano, "Instant Tears", occupa quella che era la facciata a del vinile originale: se l'inizio esplosivo sembrerebbe annunciare una delle tante turbolente cavalcate che sono il terreno privilegiato per le ribollenti improvvisazioni di Brötzmann, lo svolgimento dell'interazione tra i tre musicisti assume invece una sorprendente varietà di forme.

Dopo le prime "schermaglie" tra i due fiati, è infatti un assolo di Mangelsdorff, dall'ampio respiro architettonico, a spostare il fuoco dell'improvvisazione su una serrata dialettica piuttosto che verso l'abbandono al flusso dionisiaco. Brötzmann lo segue poi, al tarogato, con volute acidule e ipnotiche, mentre il trombone gli oppone un contrappunto ritmico attentissimo [quasi a volerlo ammonire dall'uscire da quello stato di concentrazione!]. Ne segue, quasi naturalmente, un duetto tra Mangelsdorff e la batteria, in cui il trombonista utilizza tutta la propria, inarrivabile, varietà tecnica, fatta di multiphonics, dinamiche raffinatissime, costruzione narrativa delle frasi.

Il clima sonoro si è fatto denso e fangoso e Brötzmann rientra al baritono: è questo il momento - è la musica stessa a indicarglielo e i due partner esemplari nell'assecondarlo - per lasciarsi andare e il sassofonista lo fa in modo strepitoso, con un lirismo lacerato che sembra grondare dalle urla dello strumento. Anche la conclusione arriva con naturalezza, per progressivo spegnimento dell'energia, quasi un respiro, emozionante!

È la batteria di Sommer la protagonista dell'inizio del secondo brano, "Wie Du Mir, So Ich Dir Noch Lange Nicht": contrapponendo al lavoro sui piatti quello sulla cassa, per poi coinvolgere progressivamente tutte le componenti dello strumento, il batterista si assesta poi su una figura danzante ai tamburi quando entra il trombone. A Mangelsdorff non ci vuole molto per diventare il protagonista del brano: dapprima con piglio deciso, poi sfaldando le proprie frasi attraverso l'uso di multiphonics, il trombonista lavora per ipnosi successive e quando Brötzmann fa il suo ingresso con un suono acutissimo al contralto, ci si mette un attimo per capire che quel suono non è un'ulteriore possibilità del trombone.

Con calma olimpica Mangelsdorff prosegue a "posizionare" i propri blocchetti di suono, con ombrosità che è direttamente proporzionale all'isteria del contralto: più questo si contorce e pigola, più il trombone si allarga e stende il proprio colore, fino a stabilire un senso di calma inquieta in cui si può girare con sensualità attorno al cuore, al battito della cassa. Sommer può così unirsi alle altre due voci con una tromba e condurre al termine il brano sulle trame di una polifonia di ancestrale suggestione blues.

Il breve "bis" che dà il titolo al disco è tutto giocato poi su un punzecchiamento ritmico - in qualche modo richiama il finale e alcuni contrappunti di "Instant Tears" - che Sommer guida con un piatto frenetico.

La costruzione delle improvvisazioni, la capacità delle differenti condotte soliste di influenzarsi e contrapporsi a vicenda, di dare significato reciproco a quelle che in fin dei conti - come sempre avviene quando si improvvisa - sono scelte istantanee, responsabilità da prendersi da soli [sia Brötzmann che Mangelsdorff lo hanno sempre saputo fare con coraggio], ma che se supportate, anche per contrasto, diventano davvero significative. Questi solo alcuni degli spunti di una musica ricchissima e anche "godibile" a più vasto raggio [rispetto agli standard del sassofonista tedesco], raccolta in un disco da non lasciarsi sfuggire.

Track Listing

01. Instant Tears - 20:43; 02. Wie Du Mir, So Ich Dir Nich Lange Nicht - 17:05; 03. Pica, Pica - 3:59

Personnel

Peter Brötzmann (sassofoni, tarogato); Albert Mangelsdorff (trombone); Günter "Baby" Sommer (batteria)

Album information

Title: Pica Pica | Year Released: 2006 | Record Label: Atavistic Worldwide


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