Yannick Délez: Piano solo - Boreales

Incisione impeccabile, copertina da signori e musica certamente rimarchevole che può fare la felicità del ricercatore del suono pianistico più "in" del momento. Autodidatta anche se poi uscito dalla scuola di jazz di Losanna dove pure oggi insegna, Délez riesce a impersonificare più stili pianistici contemporanei, raccogliendo - forse un po' troppo lontano dalle scene che contano davvero - una messe di elogi e riconoscimenti rari per un nome che resta sostanzialmente ancora sconosciuto al mercato internazionale.

Il suo è un pianismo generoso, ricco di spontaneità e di fascino che in fondo pecca di un leggero manierismo e di nostalgie espressive. Divertenti e accattivanti sono le piccole "Miniature" disseminate nella storia di questo lavoro, sicuramente positivo e non pretenzioso, giustamente sovrapposte a seriose esibizioni di alcuni must della storia jazzistica (Jerome Kern, Miles Davis o Gary Peacock) o una piccola perla brechtiana mai troppo apprezzata di Hanns Eisler. Il resto è materiale originale, torniamo a ripetere certamente bello e scintillante e che però, in fondo, non riesce a rilasciare altro se non sapori e colori forse troppo usuali.

Un esempio di "ottima musica" che resta però malinconicamente fine a se stessa, sebbene lo score totale dell'intervento di Délez risulti, per forza, equilibratamente e discretamente positivo. L'idea jazzistica esiste, anche se, si potrebbe concludere, è infine superata da un elegiaco sentimento brahmsiano che sposta l'asse della musica e che forse rappresenta la cifra del suo vivere musicale. Bella è la cristallinità esecutiva, bella è la forma, pulito lo stile, corretto persino il virtuosismo mai ridondante o supponente.

Può bastare o è meglio pensare a utilizzare questo materiale - almeno sotto forma di prodotto discografico - quale artefatto sottofondo da ricchi cultori del suono con buona pace della visione borghesizzata dell'arte musicale?

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