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Orchestra Senza Confini / Orkester Brez Meja: Schengen

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Frutto ovviamente di un concerto dal vivo, tenutosi al Museo Revoltella di Trieste il 5 giugno 2015 per il festival "Le Nuove Rotte del Jazz," il secondo disco della singolare orchestra di improvvisazione italo-slovena diretta sincronicamente in coppia da Zlatko Kaučič e Giovanni Maier intona il proprio titolo al nome della formazione e si ispira a Schengen, ovvero alla città lussemburghese ove venne firmata dalle nazioni UE la convenzione per l'eliminazione dei controlli dei confini.

Il tema dei confini, oggi purtroppo di nuovo in discussione a causa del crescente consenso dei movimenti politici disponibili a ripristinare le barriere tra le nazioni, è sempre stato particolarmente sentito nell'area di appartenenza dei musicisti coinvolti nell'orchestra, quella un tempo divisa dalla "calda" frontiera tra Italia e Jugoslavia e oggi invece finalmente e virtuosamente unificata proprio dalla convenzione di Schengen, un frutto della quale è anche la collaborazione tra la comunità di musicisti che ruota attorno a Kaučič e alla sua scuola di Nova Gorica e quella che ha per riferimento DobiaLab, associazione di Dobbia, nella provincia di Gorizia, di cui fa parte Maier. All'insegna di questa collaborazione è nata l'Orchestra Senza Confini / Orkester Brez Meja, già autrice nel 2015 dell'omonimo CD (clicca qui per leggerne la recensione) e che, fortunatamente, continua felicemente la sua avventura e ha già registrato un terzo album.

In questo lavoro la formazione è impegnata in una sola, lunga performance (cinquantuno minuti), come sempre interamente improvvisata e sviluppata con la singolare modalità della "doppia conduction" (clicca qui per leggere l'intervista in cui i due direttori ne spiegano le specificità). Una sola traccia del CD, dunque, ma l'atmosfera della quale cambia in continuazione, alternando passaggi dal forte dinamismo ad altri più rarefatti e introspettivi, caotiche interazioni in stile schiettamente free e spazi per gli assoli dei singoli, scenari rumoristici teatrali, con intervento delle voci, e tutti evocativi, come nella scena finale.

Il tutto da seguire con orecchie spalancate e molta attenzione, per compensare una fruizione che fatalmente si completa con la visione dei musicisti nell'attività di creazione istantanea, ma che anche in questa forma "limitata" sa dare grande soddisfazione, grazie alla molteplicità di stimoli, alle invenzioni, alle qualità dei musicisti impegnati, tanto quelli più noti e affermati, quanto quelli più giovani, che in contesti di questo genere hanno modo di affinare le loro identità artistiche. Cosa, quest'ultima, che ai due direttori Kaučič e Maier sta comunque molto a cuore.

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