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Simone Graziano Frontal ospite Tim Berne Alla Sala del Rosso
Firenze
Sala del Rosso
24.05.2016
Concerto d'eccezione per la conclusione della bella stagione della Sala del Rosso, che quest'anno sotto la direzione artistica di Paolo Carradori ha portato a Firenze un cospicuo numero di artisti italiani e stranieri di grande spessore. Di scena nella sala dall'acustica eccezionale Frontal, apprezzata formazione del pianista di casa Simone Graziano, stavolta però con un ospite davvero speciale: Tim Berne, che per il leader del gruppo è un maestro e un modello, avendo con lui condiviso un seminario presso Siena Jazz (clicca qui per leggere l'intervista dove il pianista narra l'episodio).
Il sassofonista e compositore statunitense ha sostituito per pochi concerti il titolare della formazione, David Binney e, per l'occasione, Graziano ha messo mano alle sue composizioni, apportandovi alcune variazioni che, con l'apporto della personalità artistica di Berne, hanno non poco cambiato l'identità del gruppo, almeno per parte del concerto.
Così, il primo set -apertosi con "Tre Spirali," dall'album d'esordio della formazione -ha mostrato un Frontal ancor più spostato su territori accidentati, con una musica ricca di reiterazioni, tessiture circolari, suoni in libertà. Tutto ciò per palese intervento sugli arrangiamenti e per indicazioni offerte in particolare a Dan Kinzelman, che anche nella formazione "regolare" gioca il ruolo di guastatore delle linee melodiche e che qui ha ancor più accresciuto gli interventi con suoni liberi e ricercati, ma anche perché i soli di Berne, introspettivi e frammentari, scuri e fittissimi, erano fatalmente assai diversi da quelli Binney, di solito energici e drammatici, ma anche aperti e liberatori.
Interessante osservare come in questo contesto parzialmente mutato abbia avuto più spazio lo stesso Graziano, che al piano ha potuto offrire alcuni assoli nei quali l'astrazione si congiungeva a una sapiente luminosità del tocco, e anche come sia (forse spontaneamente) mutato anche il ruolo di Stefano Tamborrino, sorprendentemente più semplice e lineare del solito, quasi a voler compensare con ritmi netti e palesi la complessità dei fraseggi delle ance.
Nel secondo set, attraversato da brani tratti sia dal primo lavoro che dal più recente Trentacinque, la situazione si è in parte "normalizzata": le strutture dei brani sono apparse più aderenti a quelle originali e il mutamento delle atmosfere si è limitato all'espressività di Berne. Il concerto è così diventato più "semplice," ma -come sa bene chi conosce la formazione -non per questo scontato o poco affascinante. Chissà se nelle poche tappe successive del tour la metamorfosi del quintetto sarà andata ancora avanti?
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