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Amato Jazz Trio: One Day

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Amato Jazz Trio: One Day
L'Amato Jazz Trio ha alle spalle una storia quarantennale. Attivo almeno dalla fine degli anni '70, dal 2005 il gruppo è formato dai fratelli Elio Amato (pianoforte, trombone e flicorno), Alberto Amato (contrabbasso) e Loris Amato (batteria): prima di Loris, alla batteria c'era un quarto fratello, Salvatore, scomparso prematuramente nel 2003. L'esordio discografico risale esattamente a trent'anni fa, con l'album Jazz Contest '88. Questo One Day è il quarto lavoro che il trio pubblica per l'etichetta Abeat, dopo Time Pieces for Piano (2008), Well (2010) e Gliss Man (2013).



Va detto con franchezza: accanto agli elementi d'indubbio interesse, il disco ha dei punti deboli. Cominciamo dagli elementi d'interesse. La tecnica strumentale di Alberto Amato è evidente. La sua azione è sempre efficace, sia nella cavata sia all'arco: anzi, dispiace che ci sia un unico episodio all'arco, il bel solo in "Prelude." Molto sapiente il suo uso delle ghost notes, ossia quelle brevissime note appena accennate che servono ad arricchire ritmicamente il fraseggio e a dargli coloritura: ne risultano accompagnamenti swinganti e soli espressivi, come in "Questions." Di sicuro valore sono anche i momenti più sghembi del solismo di Elio Amato: la sua improvvisazione in "One Day" è tutta costruita su gruppi di note asimmetrici, idee appena abbozzate e subito abbandonate, a cui l'orecchio non può appigliarsi. Qualcosa di simile si ascolta anche in "Epigraphic." Il suo approccio alla tastiera è sempre molto muscolare, anche alle basse dinamiche, specie sui sovracuti.
I punti deboli sono l'interplay e una certa ripetitività nella composizione e negli arrangiamenti. Quanto all'interplay, accade spesso che pianoforte, basso e batteria suonino contemporaneamente nello stesso registro: di solito quello medio-grave. Ne deriva che lo strumento solista non riesce a emergere dal fondale della ritmica, e il risultato complessivo è confuso. L'accordatura della batteria e il timbro scuro dei piatti contribuiscono a soffocare gli altri strumenti. Le orchestrazioni sono troppo presenti. I momenti migliori sono quelli in cui Elio Amato abbandona il ruolo di orchestratore e dialoga contrappuntisticamente con il basso, ad esempio nella prima parte di "Valeria": in questi momenti la musica si libera, l'interplay diventa più nitido. Quanto a composizione e arrangiamenti, non si può fare a meno di notare che quattro brani sui dodici totali ("Pegaso," "Prelude," "Village Vanguard" e "Coldness"), sono in pratica improvvisazioni su un pedale e su un tempo di danza. Significa che la stessa struttura si ripete pressoché identica per un terzo dell'album. La semplicità armonica è un valore da difendere: tenere il basso fisso su una nota o su un riff può aprire mondi interi, ma non è detto che la ritmica debba per forza scandire un tempo di danza. Infine, sempre a proposito di arrangiamenti, la volontà comprensibile di rileggere "Take the A Train" si risolve però in un'esecuzione un po' macchinosa, forse meno attuale di quanto vorrebbe essere.

Sia chiaro, questi rilievi non tolgono nulla al rispetto che si deve a una formazione dal percorso tanto longevo. L'auspicio è anzi che il percorso possa continuare ancora a lungo: oggi più che mai c'è bisogno di formazioni stabili, che non durino lo spazio di una registrazione o al più di un tour.

Track Listing

One Day; Pegaso; Prelude; Questions; Valeria; Far; Monday; Trigonometry; Epigraphic; Take the A Train; Village Vanguard; Coldness

Personnel

Alberto Amato: bass; Elio Amato: piano, trombone; Loris Amato: drums

Album information

Title: One Day | Year Released: 2018 | Record Label: Abeat


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