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Michael Blake's Blake Tartare
Non ci soffermiamo troppo ad illustrare il talentuoso sassofonista di Montreal residente a New York, Michael Blake, ormai ospite fisso ad Avezzano nelle rassegne annuali organizzate dall'Associazione culturale Jazz On. Torna quest'anno dunque per la quinta volta riproponendo il gruppo di esordio, i Blake Tartare, formato con tre ragazzi tra i migliori jazzisti danesi.
Blake è musicista di spessore come testimoniano anche le tante collaborazioni e i tanti progetti a cui ha partecipato o che ha promosso in prima persona. Spaziando dalla musica di frontiera al riproponimento di grandi musicisti del passato ha ottenuto riconoscimenti da importanti riviste Jazz, nonché una nomina al Grammy ottenuta per una colonna sonora creata ("Get Shorty") insieme a John Lurie ed i Lounge Lizards con cui ha suonato per anni.
In questo concerto la profondità di Blake si unisce alla cultura europea dei tre danesi mostrando un feeling tutto partiolare. I tre nordici, ormai abituati a suonare con musicisti americani, appoggiano volentieri il nostro sassofonista, ma nello stesso tempo danno una colorazione particolare al concerto. Con un'affiatamento unico (cugini e amici d'infanzia) sviluppano un tessuto sonoro su cui il sassofono si trova a suo agio. I suoi suoni caldi, profondi e talora struggenti non perdono il carattere nemeno nelle frasi più veloci, sempre pulite e nelle sortite fuori registro. Ogni nota di Blake è pesata, importante e si trova in un contesto ideale per essere recepita.
Il pianista Soren Kjaergaard si muove molto con sequenze di accordi, dissonanze particolari, e alla sua essenzialità, anche ritmica, fa da contraltare la notevole varietà e fantasia del bravo batterista Kersten Osgood che, grazie alla capacità di una grande variazione dinamica, da staccati fortissimi si spinge giù fino all'assenza dei suoni solo mimati. Questi, con frasi frastagliate e variazioni imprevedibili, mostra a volte di voler mettere simpaticamente in difficoltà il bassista Jonas Westergaard che impertubabile riesce invece a mantere solido il baricentro del gruppo. In un assolo promettente giunge invece presto e a sorpresa fino al silenzio e mentre le bacchette ancora tagliano l'aria un canto di suoni fischiati avvolge la platea.
Una piattaforma originale e interessantissima sulla quale Michael Blake si sa muovere bene dirigendola, ma anche lasciandola andare, spesso fino a farsi da parte. Gli eventi si susseguono, l'attenzione non cala mai, si alternano ritmi ostinati a blues, soul, funky, momenti lenti altamente lirici. Citati esplicitamente o meno partecipano all'evento grandi classici del jazz come Duke Ellington e soprattutto Lucky Thompson, ma anche ad esempio Miles Davis, John Coltrane e Charles Mingus. Toccati dall'affabilita' di Michael e i suoi ci si ritrova talora coinvolti, con naturalezza senza forzature, come quando senza apparente discontinuità tutti e quattro si trovano ad intonare una canzone di Venditti di cui nessuno degli ascoltatori ha saputo però ricordare il titolo! E ad Osgood non resta che accompagnare la dolcezza della melodia nostrana con il fruscio provocato smuovendo le fronde di una pianta ornamentale...
All'inizio del "bis" viene dato subito spazio al pianista che si cimenta da solo su tempi veloci, come a voler fugare ogni dubbio sulla sua preparazione tecnica (ma non ce ne era bisogno) e poi la parola passa al contrabbasso con un ottimo assolo, ma anche lui seppur con minore evidenza scenica aveva già mostrato le sue doti individuali.
Senza fretta si prosegue e si arriva così alla fine dell'ottima esibizione. Mi rendo conto, preso com'ero, di non essermi più girato dietro di me e voglio pensare che a concerto iniziato la sala si sia riempita, dando ulteriormente ragione all'organizzatore Giuliano Graziani e i suoi collaboratori che hanno voluto puntare su un gruppo veramente capace di raccogliere consensi su più fronti e che ha mostrato una forte crescita in questi anni.
Foto di Giorgio Milone
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