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La conclusione del Südtirol-Altoadige Jazz Festival 2011

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L'obiettivo del ricco Südtirol-Altoadige Jazz Festival (dal 24 giugno al 3 luglio) è chiaro: coprire con una grande quantità di proposte l'intero territorio della provincia di Bolzano anche con fini di promozione turistica, coinvolgendo una vasta serie di partner istituzionali e privati. Dal concerto all'alba (sembra una ricorrenza ormai irrinunciabile, esportabile ovunque) a quelli della notte, si susseguono quindi gli appuntamenti, interessando località sempre diverse: nelle varie ambientazioni, storiche o naturalistiche, la bellezza dei luoghi si coniuga con i suoni più inusitati e con i sapori della eno-gastronomia locale.

Dal punto di vista delle scelte artistiche, la ventinovesima edizione del festival ha palesato un'impostazione precisa: ha evitato cioè di proporre i nomi più risaputi e di richiamo (i Chick Corea e i Pat Metheny per fare un esempio), per privilegiare gruppi americani o europei emergenti, a volte sconosciuti. Numerose e lodevoli le produzioni originali, favorendo nuove collaborazioni da far esibire in luoghi e giorni diversi.

Impossibile seguire tutti gli appuntamenti dell'intricato palinsesto di questa lunga edizione del festival; personalmente abbiamo avuto modo di assistere alle ultime tre giornate, in cui i concerti serali all'aperto alle spalle del Museion (Museo di arte moderna e contemporanea di Bolzano), hanno raccolto alcune delle formazioni sulla carta più interessanti.

Michel Portal, con il fido Bojan Z al piano, ha suonato per la prima volta assieme al trio americano Fly: Mark Turner, Larry Granadier, Jeff Ballard. Ne è risultato un estemporaneo, lodevole compromesso fra un'anima europea ed una americana. La differenza d'impostazione era rilevabile già dalla strutturazione dei brani: rispetto al sulfureo e incisivo contrasto dei brani neofolklorici di Portal, quelli degli americani sono risultati estatici ed evocativi; ...ma, a dimostrazione di quanto in realtà gli approcci siano intrecciati, proprio di un evocativo ed estatico lirismo si è tinto un pezzo del duo Portal - Bojan Z.

Una formazione quindi un po' anomala, non del tutto omogenea, non attribuibile alla leadership di Portal, che nonostante i suoi settantacinque anni è apparso in buona forma: giovanile, disponibile, entusiasta, incalzante, imprevedibile... Fra i contributi degli altri bravi comprimari sono da segnalare almeno il primo assolo di Turner, sviluppato con efficace coerenza, e lo spumeggiante sostegno del batterista.

Nella suite "Life After Dark," concepita per l'Apollo Theatre di Harlem, il trombonista e violoncellista trentenne Dana Leong (già ascoltato al festival di Verona un paio d'anni fa) ha inteso spiegare in tempo reale lo svolgimento della performance stessa. Gli spazi musicali (duetti e trii fino ad arrivare al sestetto finale) si sono alternati con la proiezione di video in cui lo stesso leader intervistava uno dopo l'altro i suoi partner: Val Inc al giradischi ed effetti elettronici, il chitarrista John Shannon, il batterista Aviv Cohen, la vocalist Pyeng Threadgill e la giapponese Yumi Kurosawa, specialista di koto.

Ognuno di loro si autopresentava, sintetizzando la sua origine e la sua concezione musicale. In queste parti parlate ricorrevano concetti misticheggianti e parole chiave come spirit, nature, connection, life, energy... Quanto alla musica, in cui sono stati decisivi il ruolo dell'amplificazione e la componente elettronica, essa è transitata da fasi evanescenti e narrative ad altre più ritmate dalle inflessioni pop. In definitiva l'artificio ha prevalso sulla naturalezza, la banalità didascalica sulla profondità espressiva, la frammentazione sulla fluida continuità.

Meglio ripiegare allora su un attuale e solido, per quanto canonico, jazz neroamericano. Terence Blanchard, a capo del suo giovane e affiatato quintetto, non ha firmato probabilmente il più memorabile dei suoi concerti, ma ha confermato la sua personale cifra stilistica, riuscendo a conciliare i fantasmi di Armstrong e di Davis. Negli original o in un classico come "Autumn Leaves," nei tempi lenti come nei mossi, si è materializzato un jazz meditabondo e affermativo al tempo stesso, costruito con lente e rapsodiche progressioni fino a raggiungere un climax, una densità autentica. Decisamente notevole, per la sapiente impostazione del fraseggio, il tenorista Brice Winston, che affiancava il leader nella front line, mentre pilastro della sezione ritmica era il batterista Kendrick Scott.

Fra i numerosi appuntamenti diurni, dislocati anche in contemporanea in vari centri della provincia, ho avuto modo di seguire quello all'Abbazia di Novacella, nei pressi di Bressanone, dove si è esibito il trio di Reut Regev, trombonista israeliana residente a New York dal 1998. Il suo originale e puntiglioso senso della costruzione avrebbe meritato un supporto più adeguato di quello un po' generico offerto dal marito Igal Foni alla batteria e da Andrea Castelli al basso elettrico.

Nella stessa mattina, a Magrè, ben più convincente, anzi di alto livello nella sua concentrazione cameristica (a quanto mi è stato riferito da fonti attendibili e concordi), è stato il duo fra il vibrafonista lussemburghese Pascal Schumacher e il violinista francese Nicolas Dautricourt.

Può ancora stupire se affermo che, come in altri festival, le proposte più trascinanti sono venute dagli italiani? Nelle ultime tre serate del Südtirol-Altoadige Jazz Festival, a parte la classe stagionata di Portal e la genuina pronuncia neroamericana di Blanchard, di grande impatto è stata l'apparizione del quartetto Tinissima di Francesco Bearzatti nella riproposizione della "Suite for Malcolm": una vera e propria suite, compatta e narrativa nella concatenazione dei dieci movimenti, illustrati su uno schermo alle spalle dei musicisti dalle grevi e drammatiche immagini in bianco e nero di Francesco Chiacchio. La fusione e la motivazione dei quattro membri del gruppo (Giovanni Falzone, Danilo Gallo e Zeno de Rossi oltre al leader) sono risultate palpabili: ognuno di loro svolge un ruolo ormai insostituibile, che viene affrontato con estrema convinzione e potenza espressiva.

Dopo una trentina di date il progetto è apparso nella sua avvincente pienezza, del tutto collaudato senza cadere nella routine. Quante altre valide formazioni italiane dovrebbero avere la possibilità di corroborarsi e consolidarsi attraverso un'attività concertistica continuativa!

Certo sarebbe auspicabile questa continuità di lavoro e di crescita anche per il Nord- Sud Quartet, produzione originale del festival (...ma perché replicare il nome del quintetto di Henri Texier?). Con questa formazione paritaria il direttore artistico Klaus Widmann ha voluto favorire un dialogo interculturale, riunendo un pugliese e un siciliano, Livio Minafra e Domenico Caliri, e due tedeschi: il trombettista bavarese Matthias Schriefl ed il batterista/percussionista di origini polacche Bodek Janke. Con grande entusiasmo e propensione ad un interplay immediato i quattro hanno intrecciato sensibilità ed esperienze diverse, idee a non finire e virtuosismo tecnico sui rispettivi strumenti.

Nei vari brani, a firma di Minafra o di Schriefl, è prevalsa una scatenata vena surreale, una scintillante verve teatrale, ma non sono mancati momenti di delicato lirismo, di pura energia o di rarefatto sperimentalismo. La personalità più trainante, quasi invadente, si è confermata quella del trombettista (anche al sousafono e alla tuba), ma gli altri tre hanno interagito con tempismo perfetto, con spunti di valore che hanno garantito lo spessore musicale della performance. In conclusione questa compagine ben assortita e con un'identità già ben delineata ha offerto una prova elettrizzante, chiudendo il festival con una nota di ottimismo e di creativa baldanza. Speriamo davvero di poterla riascoltare in futuro dal vivo o su disco.

Foto di Roberto Cifarelli.

Altre foto di questo festival sono disponibili nelle gallerie dedicate ai concerti di: Michel Portal - Bojan Z - Mark Turner - Larry Grenadier - Jeff Ballard e Nord Sud Quartet.


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