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Intervista a Sabina Meyer intorno a John Cage

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In uno speciale su John Cage non poteva mancare un'intervista a Sabina Meyer, vocalist, sperimentatrice, compositrice, trasversale per qualità di voce, progetti realizzati, ambiti nei quali si muove la sua musica. Non a caso il suo lavoro si è spesso incrociato a quello di John Cage di cui ne ha realizzato alcuni pezzi. Questa intervista, specifica su John Cage, va letta insieme ad un'altra intervista concessa ad All About Jazz nel 2006, anch'essa tangenziale a Cage.

All About Jazz: Partiamo da una tua riflessione personale su John Cage persona prima di addentrarci nella sua opera e nelle interpretazioni di essa. Che impressione di sei fatta dell'uomo Cage?

Sabina Meyer: In Cage l'uomo e l'artista coincidono. Non vi è differenza morale o estetica tra vita pratica e creativa e proprio questo lo distingue da molti suoi contemporanei.

AAJI: Cage è un compositore che ha segnato la storia del novecento. Secondo te in che senso e come?

S.M.: Cage ha abbattuto il privilegio della casta del "genio," pur essendo lui effettivamente "geniale". In maniera tipicamente americana (forse) sapeva non prendersi troppo sul serio.

AAJ: Per una vocalist come te, che importanza hanno le riflessioni di Cage sul silenzio?

S.M.: Un'importanza assoluta. Non c'è pensiero creativo che non nasca dal silenzio e non c'è suono emesso in maniera consapevole che non nasca dal silenzio. Ma non dobbiamo dimenticare che del silenzio parlano più o meno tutti i compositori, anche Bellini! Nell'opera di Giacinto Scelsi, ad esempio, il silenzio è pensiero e prassi costante. Lo stesso vale per la musica barocca: per muovere l'effetto della parola bisogna indugiare in continue sospensioni, sospiri, accelerandi e pause improvvise.

AAJ: Insieme a Marco Dalpane hai inciso il bellissimo Cabaret per nulla [Ants 2007], nel quale hai incluso dei pezzi di Cage insieme ad altri di Satie. Per prima cosa ti chiederei di parlarci di questo accostamento, per altro già proposto dallo stesso Cage molte volte nei suoi scritti e nelle interviste.

S.M.: Sì, l'accostamento è cosa risaputa! La chiave di comprensione sta nella lettura del manifesto della Musique d'ameublement o anche la musica "che non ha bisogno di essere ascoltata" come l'ha definita Satie. Questa provocazione non poteva non colpire l'immaginario di Cage: è una musica che esiste solo attraverso i suoni, al di là dell'io dell'autore.

AAJ: In Cabaret per nulla hai inciso sia She Is Asleep (1943), come pezzo d'apertura, che In a Landascape (1948). She is asleep si compone di due parti che possono essere suonate sia insieme che separatamente, con anche la possibilità di aggiungerne altre (cosa prevista da Cage). Quali sono state nello specifico le vostre scelte? Come hai lavorato sui suoni e sulla loro determinazione?

S.M.: Nelle composizoni di Cage è data spesso la possibilità di combinare tra di loro diversi brani (sempre su sue indicazioni naturalmente). Nel comporre il programma i criteri di accostamento sono stati dettati dal nostro gusto e predilezione estetica. I brani di Cage chiedono una tecnica completamente diversa da quelli di Satie, ho quindi tentato di mantenere una netta differenza stilistica tra i due repertori.

AAJ: Tra i primi pezzi della produzione di Cage figurano Sonata for Two Voices (1933), Composition for 3 Voices e Solo with Obbligato Accompainment of Two Voices in Canon, and Six Short Inventions on the Subjects of the Solo (1934). Sono composizioni molto particolari, dove l'interazione tra voci è fondamentale, così come la questione dell'indeterminatezza. Volevo sapere se li conoscevi e nel caso se avevi pensato di inciderli con qualcuno.

S.M.: Sarei molto felice di inciderli; in questo momento mi viene in mente solo Nicholas Isherwood adatto ad un esperimento del genere.

AAJ: Hai chiuso il CD Cruelly Coy [Lazy Melodies 2005] - inciso in compagnia di Spera, Thieke, Venitucci - conAria di John Cage. In questo viaggio nelle musiche di Scelsi, Eisler, Satie e Berio, siete approdati a Cage in un modo tutt'altro che etereo e indeterminato. Come è nato questo progetto?

S.M.: È un mio progetto di diversi anni fa in cui ho voluto unire alcuni brani della letteratura storica per voce sola con una serie di improvvisazioni guidate in collaborazione con musicisti dell'area elettroacustica. Il lavoro voleva rispecchiare la mia continua oscillazione tra questi diversi ambiti apparentemente inconciliabili. Il lavoro è stato recepito per lo più in maniera molto positiva e ho tenuto per anni concerti sia in ambito jazz che strettamente contemporaneo il che mi ha dato la conferma che questi due ambiti vogliono in realtà compenetrarsi.

AAJ: Aria è stato scritto per Cathy Berberian. Quali sono le differenze più significative che hai operato nell'interpretazione di questo pezzo rispetto a quelle proposte dalla Barberian?

S.M.: Non ho ascoltato la versione di Cathy Berberian finché non mi ero creata la mia idea sul brano. In realtà mi è stato di grande stimolo e aiuto Michiko Hirayama che ha ritenuto per prima che io dovessi affrontare questo brano. La scelta di usare oggetti di uso comune trovati a casa mia mi è semplicemente sembrato in sintonia con la filosofia cageana.

AAJ: Aria è stato composto nello stesso anno di Fontana Mix e Haiku. È un pezzo che può essere eseguito per tempi più o meno lunghi, per creare un programma di una determinata lunghezza. Può essere realizzato come un solo, o con Fontana Mix e/o con parti di Concert for Piano and Orchestra. Mi farebbe piacere sapere quante volte hai eseguito questo pezzo (anche dal vivo) e le scelte che hai operato nello specifico dell'incisione.

S.M.: Aria dura in realtà esattamente 10 minuti. Cage era un control freak e ossessionato dal tempo musicale come coordinata strutturale assoluta. Ogni centimetro di una pagina corrisponde ad 1 secondo, Aria è composto da 10 pagine e quindi il conto è presto fatto. La combinazione con Fontana Mix non cambia nulla in rapporto alla durata ma solo dal punto di visto sonoro. Per adesso l'ho sempre eseguito come un solo (spesso all'interno del mio programma per voce sola Cruelly Coy appunto), ma alle volte anche così, dal nulla in coda ad un concerto di pura improvvisazione. So che Cage non avrebbe affatto gradito!

AAJ: Il testo di Aria usa consonanti e vocali e parole dall'armeno, russo, italiano, francese e inglese. La notazione consiste in linee di differenti colori e 16 quadrati neri che denotano rumori vocali "non musicali". I colori denotano differenti stili vocali che devono essere determinati dal cantante. Tu su che stili hai lavorato? Quali sono i colori su cui ti sei concentrata maggiormente?

S.M.: Mi sono concentrata su tutti i colori alla stessa maniera (credo questo fosse proprio l'idea). È un gioco tecnico di variazione continua, repentina dell'emissione vocale: dal gracchiare al soprano puro della vocalità barocca, dallo "Sprechgesang" al soffio e tanti altri.

AAJ: Hai mai pensato di incidere o realizzare anche i due Solo for voice (1958, 1960)? E se eventualmente potevano essere materiali che avevi pensato di includere la ragione della tua scelta.

S.M.: Per ora non ci ho pensato.

AAJ: Volevo chiederti se avevi mai pensato di incidere Song Books (Solos for Voice 3-92) e cosa ne pensi di questa composizione.

S.M.: Questi sì, li farei domani! Sono misteriosi, tratto abbastanza insolito nella poetica di Cage.

Foto di Claudio Casanova.


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