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Chicago Jazz Philharmonic: Collective Creativity

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Chicago Jazz Philharmonic: Collective Creativity
Un punto di vista afroamericano sul possibile matrimonio fra jazz e musica classica.

Questo potrebbe essere il manifesto sintetico dell'opera di Obert Davis, compositore, direttore della Chicago Jazz Philharmonic, oltre che eccellente trombettista. Collective Creativity è un manifesto di intenti, espressione di una volontà colta di sintesi che ha trovato terreno fertile nella città sede della Chicago Symphony Orchestra e dell'AACM, l'associazione fondata da Muhal Richards Abrams per raccogliere e sostenere la volontà di ricerca di molti musicisti locali. La città ha svolto spesso un ruolo importante nella storia delle musiche afroamericane, negli anni Venti con padri del jazz come Joe Oliver e Louis Armstrong, negli anni Quaranta e Cinquanta grazie a bluesman come Big Bill Broonzy e Muddy Waters.

Nel fondere Stravinsky, Armstrong e AACM, Davis ha voluto creare "... a conglomeration of artistic freedom, rhythmic energy and melodic expression". Possiamo dire che l'obiettivo è stato raggiunto, dando luce a un disco che a ogni ascolto rivela aspetti nuovi, un caleidoscopio stilistico ben rappresentato da "One Thousand Questions, One Answer," dove ritroviamo citazioni della Sagra della Primavera, unisoni bop, sincopi ragtime e passaggi polifonici tra New Orleans e free.

Davis, alla testa di un organico di cinquanta elementi che riassume big band e orchestra sinfonica, propone un percorso musicale articolato con passione e intelligenza. Pone al centro la "Collective Creativity Suite" in nove movimenti e la contorna di quattro brani che ne riprendono i temi storici e umani, dando loro una forte collocazione geografica. Non è certo casuale porre in apertura una gloriosa fanfara dedicata al Cloud Gate (imponente scultura dell'indiano Anish Kapoor posta nella Millennium Plaza di Chicago) proseguire con "West End Blues—Weatherbird," chiaro omaggio ad Armstrong, chiudere con "Going to Chicago," pezzo forte di Jimmy Rushing e Count Basie. Vuol dire riconoscere il ruolo che la città ha mantenuto negli anni, ponte fra New Orleans e New York, fra i grandi compositori del Novecento e i Maestri del Jazz. E' lo spirito dei numerosi "Rinascimenti" che percorrono la storia afroamericana, trovando nell'Harlem Renaissance l'esempio più famoso, ma certo non l'unico degno di nota.

Il cuore del disco è quindi la suite, sul piano narrativo molto influenzata da lavori di Ellington come "Black, Brown and Beige": Davis introduce il tema della drammatica "Diaspora" nera, si pone i problemi del rapporto fra individuo e collettività con "One Thousand Questions, One Answer" e "Seraphim," canta i legami con i maestri scomparsi ("An Afternoon with Mr. Bowie") e sottolinea l'importanza della tradizione ("Vice Versa"). Lo fa evitando il narcisismo cerebrale che poteva affliggere un simile progetto, grazie a una straordinaria vitalità ritmica e una felice vena melodica.

Trova modo di unire le culture che gli USA hanno ricevuto, qui espresse da una trasparente, luminosa scrittura per archi e legni, da sezioni di ottoni imponenti come in un poema sinfonico di Strauss e percussive come nelle big band della Swing Era. I movimenti si susseguono fra vasti panorami orchestrali e improvvisazioni dall'ampio riferimento linguistico: il bop incrocia l'africanismo della Art Ensemble of Chicago, Oliver Nelson e la Third Stream accolgono il ricordo di Lester Bowie.

Gli arrangiamenti offrono ricchezza armonica, orchestrazione profonda nell'impiego di colori, registri e tessiture. Davis effonde swing in tutte le sezioni, anche quelle più legate al linguaggio classico, e sa creare un percorso narrativo scevro di punti deboli e cali di tensione. Sono molti i passaggi in grado di catturare l'attenzione, certo colpisce la storica cadenza di Armstrong in "West End Blues," con la frase d'apertura armonizzata dalle trombe che poi si passano, in abbozzo di canone, la cascata di note che segue.

Forse il segreto più profondo del suo successo sta nell'aver disinnescato le tensioni polemiche fra le diverse correnti del jazz: nella sua opera hanno tutte pari dignità. Solisti dell'AACM come Nicole Mitchell, flautista di grande eleganza, o Ari Brown, sax tenore carnale e incisivo, sono accolti da archi e arpa nella citazione della "Berceuse" di Stravinsky che apre le due parti di "An Afternoon with Mr.Bowie," poi teatro di una bella improvvisazione di Obert Davis alla tromba con sordina, qui debitore del lavoro modale di un altro e più famoso Davis. Big band e archi si uniscono sotto il segno del blues con la finale "Going to Chicago," interpretata con energia e trasporto dalla bella voce di Terisa Griffin.

La Chicago Jazz Philarmonic è espressione di una consapevole coscienza culturale afroamericana che ha già trovato modo di esprimersi nella programmazione jazz del Lincoln Center di New York e ora acquista una nuova voce, alla quale auguriamo vita lunga e fruttuosa.

Track Listing

01. Fanfare for Cloud Gate (3:05); 02. West End Blues / Weatherbird (4:08); 03. Diaspora (5:44); 04. The Creation of Evolution - Part 1 (2:); 05. One Thousans Questions, One Answer (7:20); 06. The Creation of Evolution - Part 2 (1:30); 07. Seraphim (7:01); 08. An Afternoon with Mr. Bowie - Part 1 (2:46); 09. An Afternoon with Mr. Bowie - Part 2 (3:27); 10. The Creation of Evolution - Part 3 (1:06); 11. Vice Versa (8:52); 12. Going to Chicago (4:39). Tutti i brani composti da Obert Davis, eccetto "West End Blues" (King Oliver; Clarence Williams), "Weather Bird" (Louis Armstrong) e "Going to Chicago" (Count Basie; Jimmy Rushing).

Personnel

Obert Davis (direzione, tromba, trombino); Terisa Griffin (voce); Ryan Cohan (pianoforte); Stewart Miller (basso); Ernie Adams (batteria); Ari Brown (sax tenore); Ed Wilkerson (sax tenore, clarinetto, djeridoo); Mwata Bowden (sax baritono, clarinetto basso, djeridoo); Nicole Mitchell, Stephen Eisen (flauto, flauto contralto); Amy Barwan, Erin Horan (oboe); Peter Brusen (fagotto, controfagotto); Dileep Cangolli, Jerry Dimuzio (clarinetto); Richard Hogarth (clarinetto basso); Beth Mazur-Johnson, Alice Render, Michael Buckwalter (corno francese); Mark Olen, David Spencer, David Young (tromba); Tracy Kirk, henry Salgado (trombone); Arthur Linsner, Robert Lustrea (trombone basso); Charlie Schuchat, Dan Anderson (tuba); Sarah Allen, Ruben Alvarez, Mike Avery, Alejo Paveda, Ernie Adams, Suzanne Osman (percussioni); Silvya de la Cerna, Bernardo Arias, Elizabeth Brathwaite, Talia Pavia, Carl Johnston, Karen Nelson, Debora Panko, Phyllis Sanders, Carol Kalvonjian, Barbara Farley, Kristine Semanic, Irene Quirmbach, Jennifer Dunn (violini); Scott Dowd, Loretta Gillespie, Lynn LaPlante, Karen Dickleman (viola); Ann Hendrickson-Griffin, Ellen Frolichstein, Andrew Snow, Richard Yeo (violoncello); John Floeter, Kathryn Nettleman, Jacque Harper (contrabbasso); Kara Bershad (arpa).

Album information

Title: Collective Creativity | Year Released: 2010 | Record Label: 3Sixteen Records


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