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Chris Potter sulle tracce di Ulisse

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Sassofonista tra i più apprezzati degli ultimi vent'anni, strumentista eccelso, elemento inconfondibile di alcuni gruppi di Dave Holland, Paul Motian, Dave Douglas e Pat Metheny, Chris Potter ha alle spalle anche una ormai corposa carriera come leader, i cui esiti - pur di ottimo livello - non erano sembrati però fino a oggi tutti così originali e significativi.

Il recentissimo debutto a proprio nome per la ECM, The Sirens, sembra invece fornire indicazioni molto interessanti: alla ormai comprovata maturità espressiva come sassofonista, Potter aggiunge in questo progetto una rinnovata sensibilità compositiva e progettuale in senso più ampio, a partire dalla scelta di un organico in cui troviamo due strumenti a tastiera, il pianoforte acustico di Craig Taborn e quello preparato, la celesta e l'harmonium del rampante David Virelles, oltre a una sezione ritmica flessibilissima come quella formata da Larry Grenadier e da Eric Harland.

Ispirato a Omero, il disco riesce a essere evocativo e al tempo stesso estremamente consistente dal punto di vista musicale, permettendo così a Potter [che al tenore alterna il sax soprano e il clarinetto basso] di trovare spazi e relazioni sempre nuovi con i compagni di avventura.

Ci siamo fatti raccontare dallo stesso sassofonista come nasce questo disco.

"Ho scritto tutti i brani in un periodo relativamente breve di tempo. Avevo letto l'Odissea e mi è venuta l'idea di scrivere della musica che fosse in qualche modo basata sul mood del libro, quasi un modo per riflettere più sulla narrazione che non sugli aspetti strettamente tecnici della musica.

Avevo un suono preciso in testa e volevo ottenerlo, un suono che avesse caratteristiche più spaziose e "mitiche" di quello dei miei lavori precedenti e alcune scene del libro mi hanno aiutato a trovare questo suono".

Come dicevamo, è felice l'intuizione di utilizzare due tastieristi, quasi un richiamo al Miles Davis a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta.

"Ho volute utilizzare due strumenti a tastiera per ottenere alcune tessiture che penso possano essere un po' inusuali ma appropriate per la musica che avevo in testa" prosegue Potter "non ho assegnato loro un ruolo specifico, tranne forse dire a David di volta in volta quale strumento usare; mi sono fidato del loro istinto estetico ed essendo entrambi musicisti sensibili e fantasiosi, non hanno avuto alcun problema a trovare da sé la cosa giusta da fare. Il Miles elettrico ha costituito certamente un'influenza, anche se credo che i contesti siano molto diversi, il mio certamente più acustico e molto distante da atmosfere funk".

Ma quanto conta nella carriera di un musicista l'aver suonato lungamente con gente come Motian o Holland?

Potter non ha dubbi.

"Sono stato ispirato da tutti i leader con cui ho avuto la possibilità di suonare, non c'è dubbio, e mi ritengo molto fortunato ad avere avuto tutte queste esperienza da cui trarre insegnamento. Poi se devo dire cosa ho tratto da chi, diventa decisamente più dura... mi sono ritrovato a pensare molto a Paul Motian durante la lavorazione di questo disco, in parte perché era mancato da poco, ma anche perché la musica qui non è molto difficile tecnicamente, è più legata a precise scelte estetiche, che è poi il modo in cui Paul ha sempre inteso la propria musica, per quello che posso dire".

Incuriositi gli chiediamo allora quali altri musicisti lo abbiano influenzato in tutti questi anni.

"Non saprei da dove iniziare! Certamente tutti i grandi musicisti che ho ascoltato su disco, non solo jazz. E tutti i grandi musicisti con cui ho suonato e che in un modo o nell'altro hanno contribuito a influenzare il mio modo di suonare e di pensare alla musica. Se però devo elencarne qualcuno, qualcuno che mi abbia ispirato e aiutato, cito volentieri Dave Holland, Paul Motian, McCoy Tyner, Al Foster, Herbie Hancock, Steve Nelson, Craig Taborn, Billy Hart, Pat Metheny, ma la lista è molto più lunga..."

Il disco conferma una rinnovata attenzione della ECM verso una scena americana che per un periodo la casa bavarese sembrava avere tenuto in minore considerazione. Come è stato lavorare con le idee di Manfred Eicher?

"Avevo già inciso per la ECM, ma mai con Manfred Eicher presente alle registrazioni. Ho trovato molto semplice lavorare con lui, non ha parlato troppo, ma ha avuto un paio di idee che sono state di grande aiuto e poi credo sia davvero bravissimo a capire la giusta sequenza dei brani da pubblicare sul disco. Devo dire che la seduta di registrazione è stata al tempo stesso rilassata e concentrata, che è la condizione migliore per fare musica".

Vedremo presto questa band in tour? "Sono in questi giorni in tour per gli Stati Uniti con la band, a partire da una settimana al Village Vanguard [di cui potete ascoltare una splendida registrazione sul sito della National Public Radio].

Sto anche lavorando a un progetto che spero di registrare entro l'anno, una cosa per ensemble allargato, undici musicisti tra cui quelli del mio gruppo elettrico Underground, una cosa che mi entusiasma davvero".

Potter è musicista che abbiamo potuto apprezzare spesso anche in Italia, ma cosa pensa del pubblico europeo?

"La musica ha la capacità di suonare ogni volta diversa a seconda del pubblico, anche all'interno di una stessa nazione. Io la intendo come un modo straordinario per trovare dei punti in comune di umanità tra le diverse culture, cosicché mi piace suonare dovunque ci siano persone desiderose di ascoltare. Poi se devo dirla tutta, ho un feeling particolare con l'Italia e credo di avere imparato qualcosa di più su come godersi la vita avendo passato un po' di tempo lì da voi!"

Non sappiamo se Potter abbia scelto l'ispirazione omerica per far dire a pubblico e critica che si tratta di un disco... "mitico," ma di certo è uno dei lavori più interessanti usciti in questi mesi, consigliatissimo.

Foto di Tamas Talaber (la prima) e Juan Carlos Hernandez (l'ultima).

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