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Andrea Giuffredi: Forme d'arte / L'anacoreta

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Trombettista di formazione e frequentazione classica (prima tromba al Teatro della Scala e al Teatro Comunale di Firenze, ha collaborato con numerosi direttori di primo piano e lungamente con i Solisti Veneti), Andrea Giuffredi è però anche un musicista curioso, eclettico e desideroso di mettersi in gioco in contesti più ampi, che gli permettano di esprimersi più liberamente. Nascono così questi due lavori, per la statunitense Summit, certo piuttosto lontani dall’ambito jazzistico, ma ciononostante interessanti per la progettualità innovativa e la presenza dell’improvvisazione.

Andrea Giuffredi

Forme d’arte

Summit Records

(2002)

Valutazione: 4 stelle

Il primo dei suoi due CD da leader, Forme d’arte, risale al 2002 ed è forse anche il più affascinante. Il lavoro prende spunto dall’idea di costruire in studio un ensemble di trombe, sovraincidendo a più riprese lo stesso Giuffredi. In quest’idea il trombettista è stato coadiuvato da Daniele Di Gregorio, autore della musica delle quattordici tracce e presente in una sola anche alle percussioni. Giuffredi vi suona numerosi tipi di tromba e flicorno, sovraincidendone anche fino a 14, ed aggiungendovi in quattro tracce la voce narrante di Piera Principe. L’atmosfera è marcatamente sinfonica novecentesca, sebbene talora estemporanea.

Non esente da qualche freddezza caratteristica dell’accademia, il lavoro ha momenti di elevato interesse sia per il clima evocativo, sia per la messa in scena, tecnicamente eccellente, di una pluralità di sonorità trombettistiche, spinte sovente fino ad un ammirevole virtuosismo.

Andrea Giuffredi

L'anacoreta

Summit Records

(2005)

Valutazione: 3,5 stelle

Non troppo diverso il più recente L’anacoreta, del 2005, che si avvale della partecipazione di un jazzista di razza come Randy Brecker in due delle dodici tracce. Anche qui, le musiche sono di Di Gregorio, vi compare occasionalmente una voce narrante (Bruno Fornasari) e le percussioni di Emidio Ausiello e dello stesso Di Gregorio, ma vi è in più un piano digitale (Raffaele Bellafronte) ed elaborazioni al computer (Nicola Ferro). Il contributo del piano e la minor presenza della sovraincisione rendono le atmosfere più vicine a quelle del jazz, anche se in realtà il tipo di progetto è ancora ben radicato nella musica classica contemporanea. Vi è comunque un maggiore dinamismo, che comporta però un minore potere evocativo della musica.

Due lavori comunque interessanti, anche per la possibilità di ascoltare uno strumento come la tromba in una veste non certo esageratamente formale, però al tempo stesso con una qualità del suono ed una perizia tecnica che nel jazz purtroppo non è così frequente trovare.


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