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Alexander Hawkins - Louis Moholo-Moholo alla Sala Vanni di Firenze

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Musicus Concentus
Superjazz
Firenze, Sala Vanni
21.11.2014

Per il quarto e ultimo appuntamento di Superjazz, di scena a Firenze due musicisti ben distanti tra loro per generazioni, ma assai prossimi per taluni aspetti della loro sensibilità musicale: il giovane pianista britannico Alexander Hawkins e il settantaquattrenne batterista sudafricano Louis Moholo-Moholo.

Hawkins è una delle più apprezzate promesse del momento, oltre che come pianista anche come bandleader; Moholo invece faceva parte di quel manipolo di musicisti sudafricani (tra cui Chris McGregor, Dudu Pukwana, Mongezi Feza, Johnny Dyani) che negli anni Settanta migrarono in Inghilterra, in fuga dall'apartheid, dando vita a quella splendida fioritura di formazioni (Brotherwood of Breath, Viva La Black, Dedication Orchestra) che, innestandovi la tradizione sudafricana, scrissero un capitolo importante e indelebile della storia della musica jazz. Una musica che ha poi fortemente permeato il jazz inglese, influenzando inevitabilmente lo sviluppo artistico di un classe 1981 qual è lo stesso Hawkins.

Così, proprio sui reperti di quel capitolo -omaggiati e riletti in forme in parte moderne, in parte personali e adeguate al contesto del duo -si è basata la performance fiorentina dei due artisti, che hanno proposto brani piuttosto lunghi e articolati, quasi delle suite, all'interno dei quali affioravano temi provenienti da alcune delle più note composizioni dell'epoca. Attorno a queste, i due aprivano scenari diversi: in particolare il pianista lavorava in forme percussive e reiterate, a produrre delle improvvisazioni che spesso si spingevano anche molto lontano non solo dai temi, ma anche dalle atmosfere originali; il batterista, invece, si avventurava in assoli piuttosto personali, talvolta un po' critptici, quasi sempre dinamicamente contenuti e sostanzialmente intimistici.

Sulle forme espressive di ciascuno dei due ci sarebbe forse qualcosa da osservare anche in senso critico (Hawkins—e non è la prima volta—è sembrato un po' astratto e ripetitivo, Moholo invece è parso abusare della propria personalità storica, a danno di quella artistica), ma sarebbero comunque dettagli di fronte alla suggestione complessivamente destata dal concerto: sarà per la memoria storica, sarà per la bellezza dei brani originali, fatto sta che in alcuni momenti—a dispetto di ogni possibile considerazione -la musica è parsa piena di trasposto, affascinante, splendida—e come tale è stata apprezzata con entusiasmo da gran parte dei presenti. E questa, comunque, è sempre la cosa più importante.

Foto
Roberto Cifarelli.

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