Home » Articoli » Multiple Reviews » Torna la Ictus di Andrea Centazzo e rivive l'avanguardia...
Torna la Ictus di Andrea Centazzo e rivive l'avanguardia storica (ma non solo)
ByCentazzo aveva deciso di imbarcasi in quest’impresa per documentare la propria musica. “Semplicemente volevo gestire la mia musica in maniera differente - ci ha detto in una recente intervista. E le etichette dell’epoca non mi davano certe possibilità. Anche se a dire il vero alla PDU facevo veramente quel che volevo... All’epoca comunque eravamo in pochissimi e quindi i dischi avevano visibilità, cosa oggi impossibile”.
A scorrere i nomi dei musicisti coinvolti nelle registrazioni “Ictus” si rimane impressionati: Steve Lacy, Eugene Chadbourne, il Rova Saxophone Quartet, Lol Coxhill, Gianluigi Trovesi, Vinnie Golia, Kent Carter, Alvin Curran, Franz Koglmann, Albert Mangelsdorff… E anche i titoli, sono di quelli che hanno fatto storia: Clangs e Trio Live con Steve Lacy, Environment for Sextet con John Zorn e Tom Cora, Mitteleuropa... Centazzo (che dal 1991 vive a Los Angeles) ha avuto il merito di raccogliere in quegli anni il gotha dell’avanguardia e di documentarlo consegnando alla storia un catalogo dal ricco valore storico e artistico. Volendo fare un paragone potremmo dire che la “Ictus” è stata in Italia l’equivalente della “Esp” di Bernard Stollman in America o della “Byg” di Jean Georgakarakos in Francia. Una vetrina dell’Avanguardia ma con un valore aggiunto in più: quello di non aver risposto a logiche manageriali ma solo e unicamente alle proprie esigenze. Alla propria idea di una musica libera e senza compromessi.
Oggi, l’epopea della Ictus rivive in un box set di 12 Cds (reperibili anche singolarmente). E’ stato lo stesso Centazzo un paio di anni fa a riorganizzare quasi tutte le registrazioni Ictus in un corpus organico - alcune erano state riedite in CD dalla Felmay tra il 1998 e il 2002 - arricchendole di materiale inedito. A queste il percussionista udinese ha aggiunto tutte le incisioni della “Mitteleuropa” realizzate tra il 1979 e il 1983, raccolte in un box di 6 Cds, e registrazioni più recenti, tra il 2005 e il 2008, con alcuni protagonisti della nuova avanguardia: Toshinori Kondo, Marco Cappelli, Sylwia Bialas, solo per citarne alcuni. Oggi la “Ictus” è di nuovo sul mercato con un catalogo che conta circa 65 Cds, divisi in filoni che vanno dalla musica improvvisata alle sonorizzazioni ai lavori multimediali.
Il box set di 12 CDs ci restituisce una musica futuribile trent’anni fa, attuale oggi. Ad uno sguardo d’insieme - perché parlare di ogni singolo CD sarebbe un’impresa titanica - l’originario impatto emotivo c’è tutto e lo si ritrova nel violoncello visionario di Tom Cora (“The new US concerts”), nelle uscite al limite del parossismo di Derek Bailey (“Drops”), nelle ferrea logica improvvisativa di Steve Lacy (che piacere riascoltarlo nel suo dialogo a due con le percussioni mobili e aeree di Centazzo in “Clangs”). La sensazione è quella di un grande mosaico in cui ogni disco rappresenta il singolo tassello.
Ci si trova di fronte ad una coesione strumentale e ad un lavoro complessivo che fa dell’intimità e della fusione una caratteristica fondamentale. Le tessiture ritmico-orchestrali create da Centazzo si sposano ora con il sassofono allucinato di John Zorn (“NY Tapes”) ora con il fitto bordone di musica elettronica di Alvin Curran (“In real time”) fino a creare una dimensione estasiata che si traduce in termini di ipnosi e di pathos pulsante. Dal ricco catalogo riaffiorano anche tutte le incisioni della Mitteleuropea, il large ensemble creato da Centazzo fioriera di talenti (alcuni dei quali sarebbero esplosi di lì a breve: si pensi a Roberto Ottaviano) anche questa in anticipo sui tempi. Qui la musica diventa una sorgente magica di suoni in cui si mescolano esperienze di ogni tipo, colte ed extra colte, che esplodono in una allucinazione continua. Il particolare ensemble, che fa leva su una prorompente sezione di archi, affronta brani diversamente accidentati, ma sempre percorsi da una grande verve e provvisti di soluzioni sorprendenti nel generare ampi spazi di libertà improvvisativa.
I CD più recenti vedono Centazzo confrontarsi con nomi noti e meno noti dell’attuale musica improvvisata. Idealmente questi lavori sembrano riannodare le fila di un discorso interrotto proprio con la cessata attività della Ictus: tra gli anni ‘80 e gli anni ’90 il percussionista si è infatti dedicato in maniera febbrile a lavori di sonorizzazione o teatrali e solo di recente sembra aver rimboccato in maniera convinta la strada dell’improvvisazione radicale. Ecco allora “Infinity Squared”, in duo col chitarrista Henry Kaiser, dominato da una sperimentazione elettronica che non lascia fiato, o “The soul in a mist”, in trio con un redivivo Perry Robinson al clarinetto e Nobu Stowe al pianoforte, dove il nerbo jazzistico marchia l’album a fuoco. “The warriors” e “LA Tapes” sono speculari: il primo gioca sulle combinazioni timbriche tromba (Eugene Chadbourne) - chitarra (Toshinori Kondo), il secondo è un “guitar trio” (con Marco Cappelli e Hideki Kato): in entrambi c’’è una pacatezza di fondo nella musica, quasi un richiamo ancestrale, e pur nei momenti vivaci non ci si abbandona mai alla concitazione esasperata. Si scopre un’intimità preziosa che piace per i toni lievi e le linee sinuose.
In quest’ultimo lotto (che vedono anche alcuni lavori multimediali in cui l’attrazione per il mondo orientale di Centazzo fa bella mostra di sé, “Mandala”) non tutto funziona a meraviglia a dire il vero. In “Voyagers” ad esempio, in trio con la tromba di Hans Peter-Salentin e la voce di Sylwia Bialas, il continuo fluire e rifluire della musica sembra mancare il punto cruciale, creando uno sfasamento interno che non lascia mai intravedere una direzione decisa.
Poco male per un musicista che ha dato un contributo fondamentale a parte della storia del jazz italiano. Musicale e materiale.
Tags
Comments
PREVIOUS / NEXT
Support All About Jazz
