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Giovanni Guidi Quartet: The House Behind This One

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Giovanni Guidi Quartet: The House Behind This One
La casa dietro quella visibile nasconde un mondo di possibilità, reali o semplicemente immaginate. Concrete o semplicemente abbozzate. Nasconde convinzioni, paure e disillusioni (“Walter’s Mistake”).

Si apre la porta. Un sax tenore arrabbiato, che è come una Strato distorta, ci ricorda il genio e la sregolatezza di Francesco Bearzatti (“Frankie Bear”), ma lui non c’è. Al suo posto, la rabbia, l’orgoglio e il fragore di Dan Kinzelman gli tributano tutto il rispetto, come se Bearzatti fosse già un mito. Ma è la voglia di aprirsi all’innovazione che fa la differenza e il “sassochitarrista” friulano è un esempio vivente.

Si ha a mala pena il tempo di riprendersi che si svolta nel corridoio centrale verso il "salotto": una melodia suadente, sonorità accomodanti e soffuse. Il salotto sembra l’anima della “casa”. Qui si dimenticano le asperità e si cercano oasi di romanticismo (“The House Behind This One”). Il lirismo pianistico di Guidi, le sue traiettorie blueseggianti, ti guardano diritto negli occhi, finché il sax di Kinzelman, quel maledetto sax tenore, esplode in un tornado sonico e lascia ferite sulla pelle.

Si va ancora in giro per casa. Le pareti trasudano di vite passate. Echeggiano di note festanti. La “Quizas Quizas Quizas” di Osvaldo Farres sembra suonata avendo in mente Kind of Blue di Davis. Delicata, rallentata, soffusa, a tratti autunnale, la versione, depurata dalla sua originaria esoticità, assume contorni suggestivi e pulviscolari.

La zona "studio" è impregnata di riflessioni, di carte scarabocchiate e pensieri arrabbiati. Un pensatoio che dispensa amaro disincanto. “Peace Treaty” e poi “Peace Warriors”, di Ornette Coleman, sono tutte qui. L’anima jazz-rock emerge ancora. L’assolo di batteria di Joao Lobo sembra ricordare quello di John Bonham in “Moby Dick” dei Led Zeppelin, mentre Guidi scherza con repentini cluster.

Zona "cucina/pranzo". In “Bubbles”, Guidi è padrone del registro basso del pianoforte, mentre Kinzelman riporta indietro le lancette dell’orologio al miglior jazz classico. L’interplay tra i vari comprimari (si aggiunge anche il contrabbassista Stefano Senni), si fa serrato, frastagliato e impareggiabile.

Ci potremmo fermare e banchettare all’infinito (“Indian Summer”, “Johnny Staccato”), se non fosse che l’uscita riserva altre curiosità. Un jazzista che si impadronisce di un brano di un DJ (Nathan Fake), invece del contrario, fa già notizia (“You Are Here”).

Una casa, insomma, arredata con il retrogusto forte della tradizione e il sogno affascinante, non sempre raggiungibile, di una convinta sperimentazione.

Personnel

Album information

Title: The House Behind This One | Year Released: 2008 | Record Label: CAM Jazz


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