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Marc Jufer Immersion Quartet: The Diving Man

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Marc Jufer Immersion Quartet: The Diving Man
Spesso è possibile individuare notevoli elementi di riflessione osservando con attenzione i particolari che contraddistinguono l'immagine di copertina di un disco.
Imbattersi nella fotografia di quattro musicisti, che con i loro rispettivi strumenti si lasciano ritrarre vestiti in abito nero, cravatta uguale e camicia bianca, farebbe pensare ad una musica attenta alle etichette, ben confezionata, convenzionale. Se ben si osserva, però, si noteranno alcuni elementi, tracce -nel vestiario sgualcito, così come nelle acconciature non perfettamente in ordine di alcuni -che farebbero pensare ad un comportamento tendente ad eludere le aspettative rispetto ai canoni standardizzati del conformismo mainstream.

The Diving Man, ultima fatica discografica del Marc Jufer Immersion quartet, è un progetto che sotto una veste apparentemente mainstream denota un'inoppugnabile vocazione all'inclusione di stilemi di matrice eterogenea e dimostra un'insofferenza verso forme di condotta musicale pienamente inquadrata in confini chiusi e invalicabili.

Si tratta di una musica spuria, in cui si intromettono invadentemente, caratterizzando a chiare lettere il sound, un insieme vario di sostanze lessicali e sintattiche: temi dal carattere perfettamente asimmetrico, vigorosamente ritmici, monkiani ("Le Chat Anatole" e "Hairy Harry") si alternano a brani dalla pulsazione accesa, spudoratamente rock ("Don't Look Back"); libere parti improvvisate ("Trip to the Tip" e "Scoot Toujour") lasciano il posto ad inusuali ballad ("Hopping Sadness"), in cui ad un melodia rilassata si contrappone una ritmica batteristica che scandisce al raddoppio la metrica di base e dove la chitarra distorta propone un pregevole controcanto al tema del sassofono. Non mancano momenti dalle evidenti sfumature ritmiche lounge e dalle quali scaturiscono groove di tipo bossanovistico in stile mainstream ("Lame Butterfly"). Perfino atteggiamenti funk trovano il tempo di realizzarsi ("Stairs to Nowhere") senza che la natura identitaria dell'intero progetto venga alterata.
Sono infatti i numerosi scenari espressivi evocati, le diverse ambientazioni umorali dei brani, a definire la materia di cui è fatto il disco. Il nucleo estetico è il risultato di un dispiegamento di vari stilemi espressivi, in cui le individualità dei singoli musicisti svolgono un ruolo centrale nell'infondere identità all'intero disco.
In primo piano ci sono sicuramente i sassofoni di Marc Jufer e la chitarra di Jesus Gomez. Le due voci risuonano complementari: nei momenti in cui dialogano riescono a creare un efficace equilibrio tra le parti. Pur affrontando la materia in modo diverso, le due voci si intersecano compensandosi -Jufer soffia in forma discreta nei sui strumenti, producendo un un suono incisivo, controllato e pacato insieme, mentre le corde di Gomez vibrano vigorosamente, in modo pungente, asprigne, scofieldiane.

Del lavoro di ricerca di questo gruppo elvetico si apprezzano in primo luogo i riferimenti ai grandi modelli del jazz moderno e contemporaneo -Monk e Scofield, proposti non in modo calligrafico ma in un'ottica insieme coloristica e caratterizzante -e la visione complessiva, che non esclude a priori nessun concetto sonoro; il tutto al servizio di un'estetica si chiusa in schemi formali ben riconoscibili e definiti, tuttavia di ampie vedute perché gli stessi operano all'interno di paesaggi musicali cangianti.

Track Listing

Don't Look Back; Le Chante Anatole; Trip to the Tip; Hopping Sadness; Lame Butterfly; Stairs to Nowere; Scoot Toujours; Hairy Harry; Some Fog in My Brain; Shiste; Did You...; Ridiculous Casanova; Bya Whisker.

Personnel

Marc Jufer: sassofoni tenore e soprano; Jesus Gomez: chitarra; Loic Grobety: contrabbasso; Marc-Oliver Savoy: batteria.

Album information

Title: The Diving Man | Year Released: 2016 | Record Label: Unit Records


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