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Play Tchaikoskhy / Play Bach / Christmas

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Gli elementi c'erano tutti: due icone del jazz moderno (il pianista Kenny Barron e il contrabbassista Ron Carter), affiancati da due giovani ma affermati protagonisti della scena contemporanea (il vibrafonista Stefon Harris e il batterista Lewis Nash); l'esempio autorevole di una storica, analoga formazione (il Modern Jazz Quartet); la musica straordinaria da cui prendere spunto (Tchaikoskhy e J. S. Bach, ma anche Haendel e, in un altro CD qui non recensito, Rachmaninov); un'etichetta nuovissima - nata nell'aprile del 2006 - ma agguerrita, pronta a sfornare sul mercato dischi a ripetizione e a sostenerne la diffusione (la Kind of Blue); studi di registrazione atti a rendere su supporto un suono davvero eccellente (gli Avatar di New York).

Eppure, nonostante tutto questo, i dischi del The Classical Jazz Quartet, tre dei quali qui recensiti, sono una clamorosa sorpresa negativa.

The Classical Jazz Quartet

Play Tchaikoskhy

Kind of Blue Records

(2006)

Valutazione: 2 stelle

Anche un primo ascolto dei CD rivela immediatamente che c'è qualcosa che non va: la noia assale ben presto fin dal primo lavoro, ma si fa sconcerto al momento dell'inserimento nel lettore del secondo, che suona in tutto e per tutto uguale al precedente, così come il terzo. La musica proposta non solo non si discosta da quanto già fatto in passato dal Modern Jazz Quartet, ma - sarà il tempo trascorso, sarà l'operazione calligrafica - non contiene neppure momenti di creatività innovativa che quello storico gruppo aveva disseminato nelle sue produzioni.

Tutto scorre uguale, scontato, nell'esecuzione di un tema “classico” (l'“Hallelujah” del Messiah di Haendel o l'“Aria sulla IV corda” di Bach, i brani de Lo schiaccianoci o quelli dei Concerti Brandeburghesi), una improvvisazione - tanto swingante quanto banale - che con quel tema ha ben poco a che fare, infine la ripresa del tema “classico”. Null'altro, se non il fatto che i temi di partenza vengono irrimediabilmente impoveriti nella riduzione (non solo e non tanto d'organico, quanto di complessità strutturale), così che risultano essere niente più che ammiccamenti, specchietti per allodole necessariamente ignare di quel che essi fossero in partenza, e probabilmente anche di quanto si possa fare suonando jazz con più coraggio e meno routine.

The Classical Jazz Quartet

Play Bach

Kind of Blue Records

(2006)

Valutazione 2,5 stelle

Difficile di fronte a questo parlare dei dischi e distinguerli tra loro. Forse preferibile è Play Bach, sarà perché la musica del grande compositore tedesco perde meno il suo fascino di quanto accada a Tchaikoskhy, sarà perché Christmas non è che una raccolta (che per giunta con il Natale ha ben poco a che vedere). Ma è comunque un giudizio forzato, perché neppure il lavoro migliore si solleva dal basso livello che caratterizza tutta l'operazione.

The Classical Jazz Quartet

Christmas

Kind of Blue Records

(2006)

Valutazione: 2 stelle

Tutto ciò stupisce, ripetiamo, se si tiene conto della qualità indiscutibile del contesto e, soprattutto, dei protagonisti coinvolti. I quali hanno sì pubblicato ben quattro dischi in due mesi, ma hanno realizzato le registrazioni in tempi più lunghi (le prime, Play Bach e Play Tchaikoskhy risalgono al 2001 ed erano state già pubblicate dalla scomparsa etichetta Vertical Jazz, prodotta da Roy Tarrant, produttore anche della Kind of Blue), senza ciononostante riuscire a dare a queste loro creature una vera vita, ad inserirvi nient'altro che il loro “mestiere”. Non un guizzo, non un'idea, solo patinatura del banale. Tanto che, alla fine, e sugli stessi temi finisce per essere addirittura più interessante l'ascolto del tanto vituperato Jacques Loussier.

Davvero un'occasione persa.

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