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Peter Kowald - ritratto di camaleonte con contrabbasso

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PREMESSA 2010 La prima volta che ho visto Peter Kowald era seduto al ristorante. Erano i primi di settembre del 2000 ed era una delle rare volte in cui, come si suol dire, "la montagna andava a Maometto," perché il musicista era per qualche giorno al Lido di Venezia, a un minuto da casa mia, ospite - durante la Mostra del Cinema - del famoso regista Tom Tykwer, suo concittadino e figlio di una sua cara amica.

Mi ha dato appuntamento al giorno successivo per un'intervista, nel giardino della piscina del celebre Hotel Des Bains, una lunghissima conversazione che costituisce il nucleo di questo articolo e che non potrò mai dimenticare per una serie di circostanze: la prima è quello che Kowald diceva e come lo diceva; la seconda è l'affetto e l'amicizia che il contrabbassista mi ha subito dimostrato.

La terza è che - mentre Kowald parlava e il mio registratore documentava le sue parole - a pochi passi da noi stava incominciando uno di quei parties esclusivi che sono molto ambiti durante la Mostra del Cinema. Così, dietro le spalle del mio interlocutore che parlava di Globe Unity e improvvisazione, vedevo sfilare Skin degli Skunk Anansie, modelle bellissime, attori e cantanti famosi e l'apparente contrasto di quella scena mi è sempre sembrato una meravigliosa istantanea non solo delle diverse velocità a cui si muove l'universo, ma anche di quello per cui valesse davvero la pena vivere.

Nell'aprile dell'anno successivo ho invitato Peter a tenere un solo di contrabbasso presso l'aula magna dell'Istituto Universitario di Architettura di Venezia, nell'ambito di quella rassegna, "Risonanze," con cui allora iniziavo a collaborare, senza sapere che ne sarei diventato, anni dopo, il direttore artistico.

Anche in questa occasione diverse cose sono indimenticabili: la musica, innanzitutto, libera e intensa come raramente mi è capitato di ascoltare, con la voce profonda di Peter a risuonare insieme alla vibrazione delle corde; quello che più mi ha colpito è stata però la capacità di questa musica di "comunicare," al di là delle forme e degli stili, di arrivare al cuore degli spettatori, anche di quelli che con la musica improvvisata e difficile non avevano alcuna familiarità [e probabilmente non ne avranno avuta nemmeno poi]. Un'emozione grandissima.

Quello che è successo pochi mesi dopo [eravamo rimasti in contatto] è ahimè noto. Durante un soggiorno a New York, ospite del collega di strumento William Parker, Kowald si sente male e muore proprio nel salotto di Parker, lasciando un vuoto molto forte nel mondo della musica improvvisata.

Questo articolo/intervista, comparso nella rivista Jazzit nel gennaio del 2001, ha per me un grande valore affettivo e mi fa piacere riproporlo [senza modifiche] oggi su All About Jazz Italia, proprio per rinnovare la incredibile vitalità che Kowald sapeva trasmettere come uomo e come musicista.

INTRO

Tra i principali esponenti della musica improvvisata europea la figura di Peter Kowald spicca per coerenza e coraggio: il contrabbassista (e basso tuba) tedesco ha suonato, nell'arco di una carriera più che trentennale, nelle situazioni più diverse e con musicisti della più varia provenienza stilistica e geografica, dall'FMP a Sainkho Namtchylak, dalle braci ancora fumanti del free alla danza Butoh di Kazuo Ohno, a disegnare una particolarissima mappa sonora del globo. In queste pagine - lasciando gran parte della narrazione alla voce dello stesso Kowald e aprendo qualche finestra su alcuni suoi progetti più o meno recenti - si possono trovare alcuni frammenti/suggerimenti/suggestioni di percorso attorno alla sua musica e all'improvvisazione in genere.

GLI INIZI

Nato nel 1944 e stabilitosi fin da ragazzo a Wuppertal, nella prima parte della sua carriera suona con Peter Brötzmann, Carla Bley, La Globe Unity Orchestra, Evan Parker solo per citarne alcuni.

...a scuola nessuno voleva suonare il contrabbasso o la tuba e per questo li ho scelti! (Ride) Ma poi, in particolar modo del basso, mi sono subito innamorato: avevo 16 anni e ho cominciato molto presto a suonare in alcune bands e l'anno dopo ho incontrato Peter Brötzmann, che ha tre anni più di me ed è stato come un ""fratello maggiore," che sapeva sempre esattamente quello che voleva e quello che non voleva, una persona con idee molto radicali e lo ho seguito come una specie di 'secondo' per alcuni anni. Anche per Han Bennink, Misha Mengelberg, Derek Bailey ero come un fratello minore...

...ho avuto uno sviluppo tardivo, c'è stato un momento di crisi personale quando avevo 35 anni e dopo quel periodo ho incominciato a sviluppare i miei progetti: è nato il trio con Leo Smith e Gunther "Baby" Sommer che è stato forse il mio primo "vero" gruppo, la cui musica era del tutto collettivamente improvvisata, ma le scelte erano mie. Da lì ho incominciato a sviluppare passo dopo passo le mie idee, ho continuato a suonare la tuba in grossi ensemble, ma posso dire che la mia espressione individuale è al contrabbasso...

...Mingus negli anni '50, era il mio idolo: mi ricordo che da ragazzino ho detto a mia mamma: "Se mai avrò un figlio lo chiamerò Mingus!" Non ho mai avuto un figlio, ma comunque è stato un uomo, un musicista, una personalità che mi ha davvero aiutato nel fare un passo avanti nell'emancipazione del contrabbasso...

...oltre a Mingus mi ha influenzato forse Gary Peacock, nel periodo in cui suonava con Albert Ayler e penso che abbia dato un grosso contributo nello sviluppo di nuove strade per lo strumento. Ma poi ho trovato molti altri musicisti da guardare, da ascoltare, da cui imparare, e non ho più avuto un idolo, perché tutti questi contrabbassisti erano degli idoli per me e questo vale ancora oggi: ognuno ha qualcosa da dire e da dare nel "grande disegno"...

TRADIZIONE E AVANGUARDIA

...sono nato nel 1944 e quindi sono cresciuto alla fine degli anni '40 e negli anni '50, quando le canzoni tedesche non si potevano cantare, era ancora un periodo difficile, considero la tradizione tedesca una tradizione "spezzata". In questo modo non ho potuto guardare alle mie radici, non mi potevo riconoscere in esse o farmi influenzare da esse: è un sentimento abbastanza comune fra noi tedeschi...

...gli anni '60 hanno questa caratteristica di rottura, di rifiuto della tradizione, sia quella della musica classica europea che quella americana del jazz, che amavo ascoltare, ma che suonando da solo o con i miei "fratelli maggiori" abbiamo voluto mettere da parte...

...mi sono sempre interessato di arte e sono stato a profondo contatto con molti esponenti del gruppo "Fluxus" negli anni '60, gente come Nam June Paik e altri che in qualche modo mi hanno mostrato come tutto fosse possibile, come non ci fosse più il bisogno di preoccuparsi della forma, sia essa tradizionale o comunque predeterminata...

...in termini più concreti l'improvvisazione è proprio questo, suonare senza una forma predefinita: quando parliamo di libera improvvisazione, di musica libera, lo dico sempre ai giovani musicisti, la parola "libero" significa svincolato da forme predefinite...

...tutte le altre musiche hanno forme predeterminate, sia che siano canti delle donne Inuit o raga indiani o tamburi africani o contrappunto europeo, dodecafonia, sono comunque dei sistemi entro i quali la musica si crea, e così anche il jazz tradizionale...

...negli anni '60 tutto si apre, la forma non è più predeterminata, ma si crea nel momento in cui si suona, non è sistematica, è flessibile; "Fluxus" mi ha insegnato questo, che non avevo bisogno di niente in termini di struttura, perché la forma si crea mentre suoni e questa era una posizione molto radicale!

IL VIAGGIATORE E IL RISPETTO

...non avendo io alcuna tradizione da portare avanti, ho trovato nel jazz qualcosa da seguire quando ero ragazzo, ma poi tutte le altre musiche del mondo mi hanno aiutato a capire le cose e mi hanno anche influenzato. In questa maniera sono diventato un viaggiatore, perché in patria non avevo niente, tranne forse Brecht, Eisler e cose di questo genere, non avevo una tradizione in cui mi riflettevo, mentre i musicisti neri anche quando non suonano blues comunque lo hanno saldo come base: così, viaggiando, ho preso da molti popoli, da molti paesi e da molte persone, ora ne capisco il motivo, ma prima non lo sapevo consciamente...

...non ho mai imparato il raga, il flamenco, la musica popolare greca, ho solo preso e filtrato queste cose, un filtro di rispetto, perché non posso cogliere ogni cultura nella sua interezza, ne posso prendere solo degli aspetti, è un filtro di rispetto verso cosa c'è lì, cosa è loro e non mio, così tutto si sedimenta dentro di me e chi mi sente suonare può capire che ho viaggiato...

...questa è stata la mia soluzione, la mia reazione si può dire, nei confronti della mia originaria situazione tedesca...

...incorporare tutte queste sonorità, tecniche e approcci di persone di altre parti del mondo, mi ha reso un po' come un camaleonte; molte persone pongono leoni e aquile sulle bandiere, ma io aspetto una nazione con un camaleonte sulla bandiera, mi piace molto perché rimanendo lo stesso ogni volta, cambi in quello che realmente avviene in quel momento...

FMP

Il nome di Kowald è profondamente legato a quello dell'etichetta FMP, Free Music Production, che dal 1969 testimonia su disco i principali eventi della musica improvvisata europea.

...l'atmosfera e l'ambiente politico degli anni '60 hanno dato molta importanza al concetto di "collettivo" e la musica era collettiva, ognuno contribuiva con quello che voleva, non c'erano leaders, certo talvolta i gruppi avevano un nome, ma l'importanza era data dal contributo collettivo. Allo stesso tempo c'è da dire che le grosse case discografiche non ci volevano, non volevano una musica che non sarebbero riusciti a vendere e quindi abbiamo dovuto arrangiarci. Già qualcuno l'aveva fatto, come Sun Ra o altri compositori contemporanei, ma noi abbiamo deciso di produrre da soli le nostre cose: Brotzmann ha creato un trio e 'Machine Gun' e io compaio in entrambi questi dischi, poi abbiamo incontrato altra gente che si è unita a noi...

...voglio ricordare come Jost Gebers, che dirige la FMP anche adesso, abbia sempre fatto un altro lavoro, come non abbia mai guadagnato una lira dall'etichetta, anzi ha investito una sacco di soldi, senza avere una prospettiva commerciale: se la FMP esiste ancora è perché abbiamo avuto coscienza che non avremmo mai fatto soldi e non ci siamo curati di questo e i pochi guadagni sono stati reinvestiti per avere la libertà di incidere quello che volevamo. Così l'etichetta si è creata una buona reputazione nel mondo, anche in America: se ci sono stato questa primavera per 60 concerti è grazie all'FMP, non per il mio nome...

Nei primi anni le registrazioni sono dal vivo, sia perché non ci sono abbastanza soldi per registrare in studio, ma soprattutto i destinatari dei dischi sono coloro i quali si ricordavano del concerto: la situazione live è sicuramente più importante, ma gli appassionati amano il documento di quelle situazioni dal vivo. Dopo gli anni '80 Kowald muta un po' idea:

...ascoltare un concerto dal vivo o ascoltarlo a casa tua sono situazioni molto diverse, così ho iniziato a strutturare i miei dischi molto di più che nei primi anni: faccio ancora dischi dal vivo, ma li strutturo in modo un po' diverso, più correlato alla situazione dell'ascolto casalingo, in cui non si vedono i musicisti, non si percepisce il fattore ambientale...

ALONE & TOGETHER

Due tra i lavori più importanti e rappresentativi della musica di Kowald sono sicuramente Was Das Ist (FMP CD 62) e Duos: Europa, America, Japan (FMP CD 21) che lo vedono rispettivamente da solo e in una serie di duetti con musicisti delle tre realtà geografiche. Sono dischi non facili, importanti, da ascoltare più volte, soprattutto il disco in solo, che è un piccolo scrigno pieno di tesori sonori.

...mi piace molto suonare da solo, lo faccio anche spesso, e più suono da solo e più mi rafforzo: se suoni il basso da solo per un ora percepisci il tempo solo da te stesso e sentire il tempo - per ragioni molto pratiche - non è facile all'inizio, perché puoi suonare per dieci minuti, tutti lo possono fare, e poi venti, trenta, ecc., se c'è abbastanza dentro di te per riempire quel tempo...

...penso che suonare da solo mi renda in qualche modo più cosciente di queste implicazioni, e allo stesso tempo mi fa sentire più forte e indipendente nel suonare con gli altri. La libertà, la sovranità dell'essere in armonia con se stessi è un aspetto che per me è molto importante e mi piace slittare tra le due cose: stare bene con me stesso e rapportarmi suonando con gli altri...

DECISIONI

...credo che la "decisione," quando suonare, cosa suonare, con chi suonarlo, come lo fai, sia una questione importante di cui occuparsi...

...il prendere decisioni è un aspetto così importante, perché ne prendiamo in continuazione, anche inconsciamente, anche piccole. In qualche modo il 'processo' può essere un peso, una responsabilità nel tuo fardello, perché hai sempre a che fare con quello che hai suonato prima, ma se sei più libero nelle decisioni puoi dimenticarti di quello che hai suonato prima e suonare qualcosa di completamente diverso; questo aspetto è diventato molto importante per me, anche in relazione al modo di fare un disco...

SAINKHO

Un rapporto speciale lega Kowald alla straordinaria cantante della piccola repubblica siberiana di Tuva, Sainkho Namtchylak.

...adoro il suo modo di cantare, siamo ottimi amici, sono stato due volte con lei in Siberia, un affascinante viaggio in treno, Wuppertal, Mosca, Siberia, un sogno che avevo sin da ragazzino di viaggiare sulla Transiberiana...

Kowald è il primo musicista occidentale a esibirsi a Tuva, nella città natale della cantante: tutto esaurito, c'è tutta la sua famiglia di Sainkho, ottanta persone, gli zii, i cugini, tutti, e ci sono pure tutti i musicisti di Tuva.

...Sainkho mi ha detto: "Sto rompendo tanti tabù oggi! Sto facendo una cosa che di solito fanno gli uomini (lei usa una tecnica che è tradizionalmente maschile), sto abbandonando le forme tradizionali" non l'ho mai vista così nervosa come all'inizio del concerto...

A metà della prima parte, proprio prima dell'intervallo, mentre il contrabbasso suona note molto gravi e Sainkho sta tirando fuori quegli incredibili armonici, esplode un applauso proprio nel mezzo del pezzo: il ghiaccio è rotto!

...ho avuto modo di conoscere altri musicisti di là, ma lei è realmente l'unica a fare qualcosa di radicale, che si stacca dalla tradizione...

UN PASSAGGIO MOLTO STRETTO

«La musica deve passare attraverso un piccolo buco, attraverso un passaggio molto stretto. E' difficile, ma deve passare di là. E una volta che è passata, si può aprire e tu puoi sentire tutti gli animali e il vento, la natura nella sua pienezza. Ma prima di tutto deve attraversare questo stretto passaggio»

Questa frase, che Kowald ha imparato da un cantante tradizionale di Tuva, viene dallo speciale modo di cantare gli armonici, che si ottengono stringendo la gola e creando uno stretto canale per generare i suoni.

E' un'immagine molto concreta, fisica, ma allo stesso tempo per Kowald rappresenta una splendida immagine che bene si adatta all'arte.

...perché devi buttare via un sacco di cose, devi introdurti in questo canale, attraverso molte difficoltà, anche molti pittori parlano di questo, entrare nei problemi, nelle difficoltà e quando ne vieni fuori è fatta, è tutto più semplice, puoi usare tutte queste esperienze, ma prima devi passarci attraverso. E' l'immagine della crisi di un artista, quando non riesci a passarci attraverso, ma dopo, quando ci sei riuscito...

...in tanti aspetti credo che tutte le arti presentino problemi analoghi, anche se vengono formulati in maniera diversa: la musica si risolve nel momento e quando il concerto è finito, se non hai registrato, è finita, mentre il pittore può mettere da parte quello che sta facendo, cambiarlo sei mesi dopo, buttarlo via se non gli va: i processi sono differenti, ma il punto è come ti rapporti con il processo...

UN'AVVENTURA AMERICANA

Nella primavera del 2000 Kowald affronta un lungo tour negli USA, tre mesi, 62 concerti, suona con più di 150 musicisti diversi, in diversi contesti, dal duo al sestetto ecc., con chi ha voglia di suonare con lui, ecco di nuovo il camaleonte che può suonare diversamente con un chitarrista o un sassofonista, con un musicista che usa samples, un violoncello.

...non ho trovato persone più interessanti rispetto all'Europa, ci sono musicisti interessanti sia lì che qui, è ovvio, ma non è che in America ci sia di meglio, tranne qualcuno dei vecchi...

...ho suonato con Sam Rivers, che ha 77 anni ed è venuto a un mio concerto e ha suonato il secondo set con me, con un suono fresco come quello di un giovane, è un musicista sottovalutato...

365 GIORNI SUL POSTO

Cominciamo da lontano! Corea, Olimpiadi del 1988, 120.000 spettatori su un enorme prato vicino a un fiume, Peter Kowald suona da solo, in duo con Evan Parker e in trio con Parker e Andrew Cyrille, in un festival di musica tradizionale coreana. Molte anziane donne coreane - che sono venute per la musica tradizionale - ascoltano attentamente e applaudono questa musica che non hanno mai sentito prima.

...ero molto onorato, ma ho fatto 16 ore di aereo per suonare un ora davanti a 120.00 persone e poi 16 ore per tornare indietro, mentre il panettiere sotto casa non aveva mai sentito la mia musica! Ho riflettuto sulla stranezza di questo e sui meccanismi che regolano queste cose e quindi ho deciso di starmene un anno a casa a suonare per il vicinato e vedere che cosa succedeva!

Nella casa di Kowald c'è un loft senza finestre, in cui la luce viene dall'alto, e lì suona ogni sabato per i vicini, senza mai usare la macchina, il bus, il treno o il taxi per allontanarsi, standosene a casa per un anno.

Nasce così il progetto 365 Tage am Ort, cioè 365 giorni sul posto: dal primo maggio (data ricca di significato) 1994 al 30 aprile 1995, il bassista rimane a Wuppertal, eccetto qualche volta in cui con una bici a tre ruote va con il contrabbasso fino a Colonia che dista 45 km e che fatta per stradine ci si mettono 7 ore!

Per tutta l'estate non viene moltissima gente, ma dopo le vacanze, da settembre a aprile è un vero successo, un sacco di persone riempiono la casa di Kowald, il vicinato è venuto a vedere che cosa sta succedendo.

...ho suonato ogni sabato e chi voleva venire a suonare o ascoltare lo poteva fare: di 65 concerti solo 5 li ho suonati da solo, negli altri 60 qualcuno sempre diverso è venuto per suonare con me o danzare o fare qualcos'altro, tra cui Butch Morris, Carlos Zingaro, Gianni Gebbia, ma anche giovani del quartiere, che sono aumentati sempre di numero fino a che abbiamo creato un ensemble, con cui abbiamo fatto circa 45 settimane di prove e io piano piano mi sono tirato in disparte, lasciando che l'ensemble crescesse, mettendo i semi: il risultato è in un CD (Cuts, FMP CD 94) che è ovviamente registrato in studio e quindi creato apposta, ma che riflette bene quello che è stato fatto, come abbiamo lavorato sulle strutture per grandi organici...

...sono venuti anche pittori, e i danzatori di Pina Bausch e abbiamo fatto anche dei dibattiti sull'arte, a volte con molta gente a volte in pochi, ma non mi interessava tanto il successo dell'iniziativa...

Nel vicinato molti lo conoscono da anni e leggono sui giornali dell'iniziativa, magari non gli piace neppure la musica di Kowald, ma vanno a vedere cosa sta facendo, e viene la gente del bar e la pescivendola e molta altra ancora, ma mai il panettiere!!

...è quello che mi ha dato l'idea, ma non è mai venuto!

Un amico, Felix Droese, che ha anche esposto alla Biennale di Venezia, appende una scultura sopra la strada, abbastanza orrida: c'è molta discussione nei due mesi in cui questa scultura rimane appesa e ne nasce un dibattito pubblico in cui 70 persone del quartiere vanno a domandargli cose su quella scultura e perché l'ha messa lì e, soprattutto, quando l'avrebbe tolta!

...è stato molto interessante, Felix è stato bravo e intelligente nel condurre il dibattito, gran parte del quale è riportata anche nel libro che testimonia i 365 giorni sul posto (Köln, Walther König Editore). Si parla dell'arte, ma sono le stesse questioni che riguardano la musica e il meccanismo di come l'arte interagisce con la società...

...l'intento dell'iniziativa non è stato solo quello di rimanere a casa, ma anche quello di come relazionare il mio suonare il basso con un più ampio contesto sociale e come questo poteva essere pensato e discusso, su come inserire l'arte in un contesto più ampio...

...ogni giorno facciamo tanti piccoli discorsi che sono pezzi di una discussione più grande e mi interessava anche quel contesto. Quando suoni in giro per il mondo e dopo il concerto ascolti quello che dice la gente, ti rendi conto che le persone a Milano si pongono le stesse domande di quelle a Amsterdam: qual è la funzione dell'arte, come avviene, chi lo vuole e cosa sta succedendo! Ho cercato di incanalare questa discussione più grande nella mia casa, ancora il piccolo buco!

Finanziariamente è un vero disastro: tutti i soldi che entrano, diecimila lire a persona è l'ingresso, vanno per pagare gli altri musicisti e Kowald non ci guadagna nulla, anzi va sotto di quasi 25 milioni!

...ma lo sapevo in partenza e non mi sono preoccupato!

CECIL TAYLOR

...uno dei miei eroi degli anni '60!! Ho conosciuto Cecil a New York a metà anni Ottanta dove ho organizzato un festival con William Parker e Taylor non ha suonato perché non avevamo i soldi per pagarlo, ma veniva ogni sera e abbiamo parlato molto, ha assisitito anche a qualche mio concerto e abbiamo incominciato a conoscerci a poco a poco, certo io conoscevo la sua musica molto di più di quanto lui conoscesse la mia..., poi improvvisamente è nato questo progetto nel 1988 (documentato dal cofanetto FMP Cecil Taylor in Berlin '88) e sono molto contento di aver suonato con lui. E' una prsona molto particolare, ha 72 anni adesso, e tre notti va in discoteca e tre notti scompare, ma è ancora una delle figure che possiedono un linguaggio molto vasto, lavora sodo per ottenere questo, merita gran rispetto...

PROSPETTIVE

...stanno venendo fuori dei buoni musicisti ed è buffo, talvolta mi trovo a suonare con qualcuno di loro come la violinista Gunda Gottschalk che ha circa 30 anni e quando abbiamo incominciato 5 anni fa non conosceva John Coltrane, veniva dalla musica classica, conosceva tutti gli aspetti improvvisativi della musica contemporanea, ma si è trovata a suonare un pezzo di un tipo che si chiama John Coltrane e non lo conosceva così come non conosceva niente della storia della musica nera americana...

...non ha quindi il problema di liberarsi di una tradizione...

...ogni tanto qualche allievo viene e mi chiede: "Conosci questo disco di Albert Ayler?" e io gli rispondo: "Io sono cresciuto con quel disco!" è buffo che mi chiedano se lo conosco! Ma credo che in fondo la situazione di oggi, in cui la vastità delle proposte, la perdita dei riferimenti unita alla impossibilità pratica di approfondire tutto non consente un approccio come era fino a pochi anni fa, sia un fatto positivo. Da dove uno viene, quello che uno ti dice, la sua passata esperienza, fa tutto parte della sua musica: non ha il peso della tradizione, e penso che questo possa aiutare, chi poi dirà qualcosa di buono rimane una questione di qualità individuale...

...c'è la possibilità di prendere tutti questi suoni da cui si è bombardati e utilizzarli, come Otomo Yoshihide, penso sia uno dei migliori della sua generazione, che incorpora tutto ma allo stesso tempo fa un grosso processo di eliminazione...

...il mio cuore è dalla parte acustica della musica, ma attualmente sto preparando un disco per la FMP con Otomo Yoshihide e Pamela Zee una ragazza nera di San Francisco che lavora con i microfoni a contatto, con il corpo. Cerco di aprirmi alle nuove tendenze e mi piacciono molto, perché ogni tanto vai a qualche festival di musica improvvisata e si sentono un po' sempre le stesse cose che si sono sentite per tanti anni. In qualche maniera la nuova estetica degli artisti più giovani è interessante perché vedono le cose da un'altra angolazione, vengono da suoni diversi, mi interessano molto, tutto è adesso nuovamente aperto ed è una cosa molto positiva!

...ho parecchi gruppi, mi piace suonare con Gunda Gottschalk e con una artista cinese che suona strumenti cinesi, Xu Feng Xia, che sono giovani. Poi ho un trio con Conrad Bauer e "Baby" Sommer ed è come un po' la situazione in cui posso suonare rilassato, perché conosco questi musicisti da così tanti anni e le cose vengono fuori bene, ma le idee nuove vengono dai nuovi musicisti...

APPROCCI

...si tende a parlare principalmente del materiale, ma a me piace parlare dell'approccio, ad esempio trovo molto faticoso suonare due concerti in un giorno senza una buona notte in mezzo: il giorno dopo la mia predisposizione è di nuovo fresca, ma se faccio due concerti in un giorno non ho più le idee fresche...

... in India ci sono i raga del mattino e quelli della sera, c'è un tradizionale rispetto del fatto che la mattina le cose sono diverse dalla sera, e il sole e la luna, non voglio sembrare troppo esoterico, ma credo che sei vuoi avere un approccio sempre nuovo si possa fare anche con gli stessi materiali: se l'approccio è fresco è fresca anche la musica, anche se si tratta di materiale già utilizzato lungamente...

...anche Coltrane ripeteva se stesso, poi dopo l'avventura con Miles Davis ha cercato di non ripetersi e ha sviluppato un sacco di idee, di linguaggi, ma quando si è avventurato nei contesti più free si ripeteva spesso...

...l'altra faccia della medaglia è, per esempio, John Zorn, che è sempre a caccia di nuovi materiali, ma non si relaziona molto con essi, e utilizzare sempre nuovi materiali e ancora e ancora si tratta comunque di un processo ripetitivo...

...quando sono stato negli USA per questo giro di concerti, non ho avuto mai tempo di esercitarmi e mi sono accorto di ripetermi, quasi fossi un postino che consegnava il pacco di città in città, e alla fine ero vuoto e infastidito dal fatto di essermi ripetuto. Ma dopo torni a casa e hai di nuovo tempo per esercitarti e per pensare a queste cose e ti torna il coraggio e capisci che comunque qualcosa è cambiato: quando ho suonato di nuovo di fronte a persone che conoscevano bene la mia musica mi hanno detto che il mio modo di suonare era fortemente cambiato e io gli ho detto: "Cosa!? Ma se mi sto ripetendo!," ma qualcosa era cambiato.

In cosa era cambiato il tuo modo di suonare?

Altri materiali, cose nuove che non avevo sentito prima, non solo tratte dalla musica dei miei partners americani, ma anche che nascevano da me stesso, dal mio suonare così a lungo, dal mio ascoltare così tanto!! Pensavo di ripetermi, ma mi accorgo con piacere che la gente sente da me cose che non aveva mai sentito prima.

Un paio di nomi nuovi che ritieni interessanti...

...John Butcher e Mats Gustafsson, possiedono un po' di quella convinzione e idealismo che ha sempre contraddistinto, Brötzmann, Misha, me stesso...

Foto di Dagmar Gebers (la prima e la settima), Rainer Knaust (la seconda), Vanita & Joe Monk (la terza, la undicesima e la tredicesima), Ros Riba (la sesta), Nicole Aders (la nona e la ultima) e Will Kruger (la dodicesima).

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