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Leila Adu: Ode to the Unknown Factory Worker

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Leila Adu: Ode to the Unknown Factory Worker
Difficile catalogare l'ultima, bellissima, uscita discografica di Leila Adu, prodotta da Rai Trade per la collana Tracce. Già lei stessa un mosaico di etnie e nazionalità diverse (neozelandese di origini ghanesi, Londra e Roma principali centri di attività), Leila Adu ha studiato ed è impegnata su fronti molto diversi, dalla musica contemporanea al blues e alla musica etnica (ascoltare lo stupendo Truth in the Abstract Blues con Mike Cooper e Fabrizio Spera, sempre per Rai Trade), da alcuni dischi pop dall'orchestrazione atipica alle esperienze di improvvisazione radicale sulla scena romana e londinese. Strano a dirsi, molto di questo background è presente in Ode to the Unknown Factory Worker, un'opera tanto più complessa quanto semplice, quasi disarmata, la sua formula strumentale, fatta di voce e tastiera (in alcuni pezzi accompagnate dalla batteria di Daniele De Santis).

Adu è stata infatti capace di fare di questa dimensione monologica, quasi spettrale, tenuta per così dire al di qua di qualsiasi arrangiamento, una forma autonoma, in cui le sue tante anime musicali vivono e trovano una loro naturale contiguità, ma quasi appunto come spiriti, spettri: si ha come l'impressione di trovarsi di fronte a quella situazione elementare, intima e grezza allo stesso tempo, nella quale prendono vita tutte le creazioni. Ovviamente tutto questo funziona perché Adu è un grande talento, sia come compositrice che come performer: sentire ad esempio la splendida "Trojan Cow," in cui le linee blues della voce incrociano, come avviene spesso nel disco, qualcosa come tracce di canzoni popolari di tradizione europea - addirittura nenie, filastrocche - che sembrano recepite anche attraverso la tradizione colta del Novecento (viene in mente Charles Ives, si ascolti pure "Brazen Hussy"); o la title track, in cui l'approccio percussivo e dissonante della tastiera sostiene a tempo di uno straniante ritmo di marcia le cadenze di nuovo blues della voce, qualcosa di astratto ed esaltante insieme.

La voce è vertiginosa pur rimanendo, coerentemente, per lo più nel registro medio; le composizioni sono spesso costruite per giustapposizione di episodi diversi, con un effetto meccanico, e spesso il flusso di una melodia si blocca, come quando ci si esercita al pianoforte e si riprende da un punto appena precedente: il tutto col risultato di accrescere in modo inatteso la tensione emotiva.

A volte arrivano suggerimenti in direzioni ancora diverse: gli effetti impiegati all'attacco di "Slick Department Store" fanno pensare al filone post-punk/new wave, così come il suono oscuro dell'organo elettrico impiegato in alcuni pezzi, se non la stessa ruvida essenzialità delle composizioni.

Certo, molti potranno leggere questo disco piuttosto come una esperienza di songwriting indie-rock, ma lo spirito della musica di Leila Adu pare in realtà diverso, e più ricco. Del pop - quello vero - ha però senz'altro una cosa: il carattere inesplicabilmente ipnotico, la capacità di guadagnarsi sotto traccia uno spazio emotivo sempre più ampio ad ogni ascolto.

Personnel

Leila Adu
vocals

Album information

Title: Ode to the Unknown Factory Worker | Year Released: 2011 | Record Label: Rai Trade/Tracce


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