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Musiche in opposition. Intervista a Francesco Zago

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Come Yugen il nostro tentativo è quello di mettere insieme il linguaggio della musica contemporanea con la componente rock. Immagina di ascoltare una composizione di Ligeti con la sezione ritmica dei Led Zeppelin.
—Francesco Zago
La gloriosa, ma oggi un po' sfilacciata e consunta bandiera del movimento paneuropeo rock in opposition nato a Londra nell'ormai lontano 1978, ha un suo alfiere in Italia. Si chiama Francesco Zago. Di professione fa il chitarrista e il compositore ed è bandleader di Yugen: un collettivo che rinverdisce i fasti del combat rock cameristico di Henry Cow e Univers Zero. In altre parole un artista a tutto tondo a cui però piace mischiare le carte.

E, dunque, oltre ai tre album realizzati con Yugen (il primo Labirinto d'acqua è uscito nel 2006) Zago ha inanellato una serie di collaborazioni che lo hanno portato dai lidi della musica colta del Novecento e oltre con l'ensemble Repertorio Zero (premiato quest'anno dalla Biennale di Venezia con il Leone d'Argento "per la propria ricerca innovativa che vuole andare oltre l'esperienza delle avanguardie tradizionali") a quelli dell'avant jazz con il duo Zauss insieme al sassofonista svizzero Markus Stauss. Un'esperienza quest'ultima per certi versi simile a Kurai, altro progetto parallelo di Zago emerso nel 2009 e definito come "il lato oscuro di Yugen," dove la scrittura è bandita (almeno in senso formale) e le parti musicali sono frutto di improvvisazioni "smontate" e "rimontate". Il 2011 è stato un anno importante per Zago perché ha coronato insieme a Yugen, con l'uscita del terzo album Iridule, un primo ciclo artistico iniziato quattro anni prima proprio con Labirinto d'acqua e ha proseguito il percorso di ricerca intrapreso nello stesso periodo con il sassofonista elvetico e che si è concretizzato con il recente nuovo album Überall In terra straniera - Borders beyond. "Sì - aggiunge Zago - è stato un anno intenso che ha visto Yugen partecipare anche all'ultima edizione del Rio Festival che si è tenuta lo scorso settembre a Carmaux in Francia. Riguardo a Zauss, devo dire che Überall In terra straniera - Borders beyond è dal punto di vista della qualità della produzione e della resa su disco nettamente superiore all'esordio del duo nel 2006, Neulich Neben der Grenze. Si tratta, comunque, di un album registrato in presa diretta, senza sovraincisioni o altro, e tutti i brani sono improvvisati".

All About Jazz: Come etichetteresti la musica degli Zauss?

Francesco Zago: Se volessimo collocarli all'interno di uno scaffale di un immaginario negozio di dischi jazz, credo che gli Zauss andrebbero segnalati come gruppo di jazz sperimentale o d'avanguardia. Ovviamente il jazz figura tra le mie fonti di ispirazione e più precisamente amo Miles Davis, quello in particolare del "periodo elettrico". Tuttavia, la mia tecnica chitarristica è volutamente non jazzistica in senso tradizionale. E, tanto per capirsi, tra miei riferimenti ci sono chitarristi che si possono definire solo in senso lato dei jazzisti come Derek Bailey o Fred Frith. Markus Stauss ha invece un retaggio più vicino al jazz anche se dopo i primi anni trascorsi nel mondo della musica professionale ha sviluppato una tavolozza di interessi che vanno ben oltre il jazz e spaziano dal punk al noise e dal rock all'ambient. Ecco questa sua struttura di musicista poliedrico mi è subito piaciuta e ha favorito moltissimo il nostro incontro.

AAJ: Come ti senti insieme a Yugen nel ruolo di portabandiera in Italia della scuola musicale che si rifà, almeno nelle intenzioni, a formazioni come gli Henry Cow o, per restare nei nostri confini, a gruppi ormai quasi entrati nella leggenda come gli Stormy Six o Picchio dal Pozzo?

FZ: Male e bene nello stesso tempo. Male perché all'interno del movimento internazionale rock in opposition l'Italia è scarsamente rappresentata. Una situazione per certi versi non confortante che è sintomo forse di una crisi di creatività e, allo stesso tempo, di una ormai cronica mancanza di risorse economiche. Ma questo vale anche per altri generi come il progressive o il jazz di ricerca. Bene, perché siamo evidentemente orgogliosi di essere in qualche modo gli eredi di gruppi storici come gli Stormy Six.

AAJ: A proposito di Stormy Six, nel 2008 c'è stata la collaborazione con Tommaso Leddi, compositore, musicista e membro storico della formazione milanese, che è sfociata nell'album Yugen plays Leddi - Uova Fatali.

FZ: È stata un'esperienza molto positiva. Con Leddi ci lega uno stretto rapporto di amicizia che risale al 2001. Personalmente l'ho conosciuto grazie a Renato Rivolta, che è stato fra i miei maestri. Abbiamo subito iniziato a collaborare, partendo dalla passione comune per la musica antica. Musica tardo medievale e rinascimentale suonata però con strumenti elettrici. Una passione che condividiamo anche con Giuseppe Olivini, membro di Yugen, e che ci ha portato a formare un trio. Purtroppo però non abbiamo ancora registrato nulla. Insieme abbiamo però fatto alcune cose per lo Studio Azzurro di Milano che è un ambito di ricerca artistica con il quale Leddi collabora stabilmente.

AAJ: Altra collaborazione "storica" è stata quella con i genovesi Picchio dal Pozzo.

FZ: Li abbiamo conosciuti nel 2006 quando abbiamo presentato alla Fnac di Genova il nostro primo cd Labirinto d'acqua. Sapevamo che sarebbero venuti a vederci e quindi durante la presentazione abbiamo suonato a sorpresa una versione strumentale di "Uccellin Dal Bosco," il singolo omaggio abbinato al loro album del 1979, Abbiamo tutti i suoi problemi. Questo è stato il primo approccio: ci siamo poi ritrovati un anno dopo, all'AltRock Festival dove abbiamo suonato insieme al tastierista Aldo De Scalzi, al chitarrista Paolo Griguolo e al batterista Aldo Di Marco. Anche quella volta è andata bene e così abbiamo deciso di fare finalmente qualcosa di più organico e abbiamo pensato a un concerto. L'occasione ci è stata offerta dall'edizione 2009 dell'AltRock Festival dove Yugen ha suonato sul palco alla prima reunion ufficiale di Picchio dal Pozzo. Un concerto che è finito nell'album A_live uscito nel 2010 per l'etichetta AltRock.

AAJ: Le musiche del Novecento - e in particolare quelle di compositori come Ligeti, Bartok, Xenakis ecc. - sono tra le fonti d'ispirazione maggiormente presenti nel repertorio di Yugen. Un repertorio che potremmo definire "difficile" non solo da suonare, ma anche da ascoltare.

FZ: Francamente non c'è una ricerca fine a stessa della difficoltà. O un compiacimento personale nel comporre brani complessi. Il nostro tentativo è quello di mettere insieme il linguaggio della musica contemporanea con la componente rock. Per fare un esempio, immagina di ascoltare una composizione di Ligeti con la sezione ritmica dei Led Zeppelin. Quindi l'obiettivo è quello di sperimentare scritture ritmiche che sono quasi completamente assenti nel rock e anche nella musica progressive più elaborata. Tranne forse che negli Henry Cow e nei King Crimson.

AAJ: Ma come spieghi allora il fatto che il brano più ascoltato dal vostro sito sia "Cloudscape," composizione tratta da Iridule che si presenta con una struttura atipica molto melodica, quasi lirica?

FZ: È una cosa che fa certamente riflettere. La verità è che scrivere un pezzo come "Cloudscape" e poi riuscire a realizzarlo secondo le intenzioni di partenza è molto difficile. È molto difficile perché il risultato deve essere perfetto. Non si può sbagliare niente. "Cloudscape," in particolare, è costruita su pochissime note e senza essere armati di una disciplina ferrea è molto complicato venirne a capo. È più facile scrivere un pezzo aggressivo, cattivo o free. Un'altra composizione simile nello stile a "Cloudscape" è "Incubi concentrici" da Labirinto d'acqua. Ebbene, l'abbiamo suonata qualche volta dal vivo, ma alla fine abbiamo deciso di abbandonarla perché non riuscivamo a renderla con il giusto pathos e la dovuta precisione tecnica. In fin dei conti devo confessare che mi piacerebbe molto scrivere più pezzi come "Cloudscape".

AAJ: Non abbiamo ancora parlato di Robert Fripp, un musicista che ha molto influenzato il tuo stile chitarristico.

FZ: Fripp è semplicemente un genio. È riuscito nella missione quasi impossibile di combinare una scrittura elaborata e ricca di idee originali con fiammate melodiche assolutamente irraggiungibili. In tutti i suoi dischi o dei King Crimson c'è sempre una soluzione straordinaria. In particolare di Fripp apprezzo la sua misura e la sua concentrazione. I suoi assoli sono sempre limpidi, "corretti" e senza mai una sbavatura o una nota di troppo, anche quando sono particolarmente violenti o ossessivi.

AAJ: Una costante dei tuoi lavori sono i continui riferimenti alla letteratura colta del Novecento. Tali riferimenti rappresentano un ulteriore chiave per avvicinarsi al tuo mondo musicale?

FZ: Solo in un certo senso. Ad esempio, per Iridule la principale fonte d'ispirazione è stata Fuoco Pallido, un romanzo di Vladimir Nabokow pubblicato nel 1962. In realtà, il romanzo mi ha ispirato l'idea di come organizzare il materiale musicale che ho composto. I riferimenti poi non sono sempre necessariamente letterari. Ad esempio, per Labirinto d'acqua i miei fari sono stati due compositori: Erik Satie e John Cage. A dire la verità tutti e tre gli album di Yugen sono pieni di citazioni extramusicali. Queste non sono altro che indicazioni per chi vuole approfondire la conoscenza della nostra proposta. Ma attenzione: non sono mai un filtro o un passaggio obbligato: sono solo chiavi di lettura alternative. E comunque resto del parere che la musica debba essere sempre autonoma e bastare sempre a se stessa.

AAJ: Tra i tanti progetti a cui hai collaborato e collabori qual è quello che più ti rappresenta?

FZ: Yugen, perché sono una sintesi quasi perfetta delle mie diverse inclinazioni musicali: Zappa, Ligeti, il Davis elettrico ecc. La musica di Yugen è per il 99% scritta e quindi come compositore ho la possibilità di perfezionarmi e migliorarmi sempre di più. Credo che in futuro sarò molto più orientato a scrivere brani caratterizzati da una maggiore componente melodica. D'altronde non è un caso che sia un appassionato di musica rinascimentale che si presenta come una fusione perfetta tra una costruzione compositiva molto rigorosa e linee melodiche talvolta molto espressive.

AAJ: Nuovi progetti?

FZ: In questo momento sto raccogliendo le forze dopo il grande impegno rappresentato da Iridule. Sono poi anche molto esposto sul fronte della produzione discografica. Insieme a Marcello Marinone e a Emanuele Di Leo gestisco una piccola label indipendente che si chiama AltRock e la nostra sfida è quella di rappresentare un punto di riferimento per le musiche non ortodosse o non commerciali. Una sorta di Recommended Records italiana. Abbiamo prodotto ultimamente gruppi molto interessanti come, ad esempio, i francesi Camembert, con i quali collaboro come chitarrista. Suonano un jazz progressive davvero originale e credo che piaceranno molto ai lettori di All About Jazz. Almeno a quelli più pronti a rischiare e a mettere in gioco certezze e dogmi musicali.

Foto di Lutz Diehl (la prima e la quarta), Alessandro Achilli (la seconda), Stefano Ragazzi (la terza).


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