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Marco Colonna - E mio padre mi disse che non ero normale

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Credo nell’etica e non nella speranza
E mio padre mi disse che non ero normale
Marco Colonna
ISBN: 9788897604839
Blonk
2020

Chiunque abbia avuto l'occasione di ascoltare Marco Colonna, quarantunenne polistrumentista romano che si sta imponendo come una delle personalità artistiche più interessanti della penisola, sarà stato colpito dal rigore del suo lavoro, che si coglie nella cura e nell'originalità del suono, nella complessa varietà delle scelte stilistiche, nella presenza di un'idea narrativa anche nelle situazioni totalmente improvvisate. Tale rigore artistico Colonna lo sposa a un altrettanto serrato rigore etico, che si potrebbe definire "militante" e che include sia dichiarazioni o prese di posizione politiche, sia le prassi di suonare in luoghi atipici e di pubblicare su piattaforme digitali o con etichette indipendenti.

Di fronte a tutto ciò è inevitabile chiedersi come siano maturate questa forza e questa coerenza artistiche e umane, interrogativi al quale Colonna ha in parte risposto in alcune sue interviste (clicca qui per leggere quella che gli facemmo tre anni orsono), ma che adesso vengono meglio soddisfatti dal suo breve libro autobiografico E mio padre disse che non ero normale, uscito per i tipi dell'editore Blonk.

Sia chiaro: non siamo di fronte a una vera e propria autobiografia—che, vista l'età e la carriera del musicista romano, sarebbe stata forse un po' pretenziosa. Su ciò Colonna è esplicito: il libro «non vuole essere un atto di egocentrismo, ma un atto di condivisione della ricerca di sintesi fra un processo del tutto naturale (la vita reale) ed uno del tutto culturale (la musica), sperando che l'evidente relazione fra le due attività si palesi sufficientemente». Il lavoro mette perciò assieme una raccolta di riflessioni su esperienze, non solo strettamente artistiche, risultate a vario titolo fondamentali per la propria formazione tanto musicale, quanto umana—condizione, quest'ultima, senza la quale anche la prima corre il serio rischio di trasformarsi in mera esibizione narcisistica. E che di questo si tratti è confermato da numerosi passi del libro e dal suo stesso titolo, che nel fulminante "prologo" viene spiegato e completato da una seconda affermazione rivoltagli dal padre—«si, voi "artisti" non siete persone normali, non reagite come gli altri e non pensate come gli altri, non c'è speranza...»—e dal riconoscimento, vent'anni dopo, che il genitore avesse effettivamente ragione.

Ma la "anormalità" di Marco Colonna, che ormai lui stesso accetta e di cui fa tesoro, non è affatto una scelta, magari un po' snob: al contrario, è la conseguenza di episodi esistenziali che non si può non definire drammatici, di casuali esperienze artistiche indubitabilmente "estreme," di pesanti insuccessi professionali («siamo il nostro fallimento e la nostra capacità di raccontarlo»), della spontanea reattività a un periodo storico senza dubbio sgradevole qual è quello che stiamo vivendo—insomma di cose che avrebbero potuto, come spesso purtroppo accade, annientare non solo una vita artistica, ma perfino la stessa esistenza di chi le aveva attraversate, e che nel caso di Colonna sono viceversa servite a temprarne il carattere, a rafforzarne le qualità umane e artistiche, a farlo ripartire da capo, su strade diverse ma ancor più originalmente personali.

Non avrebbe senso anticipare o riassumere qui le "tappe" della vicenda umana e artistica che Marco Colonna narra nel suo libro: riusciremmo solo a renderne meno stimolante e toccante la lettura. Basti dire che i capitoli, quasi tutti estremamente brevi, uniscono l'intensità comunicativa alla leggerezza, la serietà anche drammatica all'ironia, e sono ricchi di riferimenti sia ai propri stati d'animo nel corso delle esperienze narrate, sia alle persone che ne sono state parte integrante—perché, come giustamente scrive Colonna, «si è ciò che si suona e si suona ciò che si è. La crescita delle idee musicali è legata totalmente ed indissolubilmente alla crescita della persona che si trova dietro lo strumento. E per vivere bisogna saper ascoltare, bisogna rispettare gli altri, non pretendere di conoscerli totalmente, avere cura delle relazioni con tutti».

Non mancano, nella parte conclusiva, capitoli dedicati alla propria concezione della musica, al lavoro "necessario" dell'artista, al suo valore politico, e c'è perfino un breve elenco-omaggio ad alcune delle (piccole, ma coraggiose) realtà sparse da nord a sud del nostro Paese che—con passione, pazienza e dedizione—coltivano, ospitano e diffondono il lavoro di artisti non piegati al sistema del business. Anche queste parti, comunque, conservano sia la leggerezza, sia la problematicità che attraversa un lavoro di riflessione sulla vita e sull'arte interamente caratterizzato dalla consapevolezza di non avere parole ultime da dire, Verità da affermare e neppure esortazioni da sbandierare, perché «la qualità, unica forma di resistenza e di futuro possibile, passa attraverso il lavoro, lo scambio, la definizione di una poetica, la scelta e l'esperienza. Passa attraverso il fallimento, le crisi ed il mettersi in gioco in maniera totale e continua».

È questa dunque la risposta agli interrogativi evocati in apertura: se ogni identità, qualità e finanche idea scaturisce da tale prassi e in essa sempre muta, allora viverne intensamente il processo non può che richiedere, riprodurre e rafforzare quel rigore così palpabile all'ascolto di uno qualsiasi dei concerti di Marco Colonna. Una risposta ch'egli sintetizza in una frase tanto emblematica, quanto oggi anch'essa "non normale": «credo nell'etica e non nella speranza».

Foto: Luciano Rossetti (Phocus Agency)

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