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Le mille corde del violino di Jenny Scheinman

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Voglio fare musica che piaccia alla gente. Forse non è così per tutti e di sicuro non penso sia necessario. Ma è bello che la gente apprezzi quello che faccio.
Di R.J. DeLuke

Una violinista dallo stile e dai gusti eclettici si sta ritagliando uno spazio tutto suo nel panorama musicale mondiale o, se preferite, nel mondo del jazz. Jenny Scheinman (cresciuta in una zona rurale della California ma da tempo stabilitasi nella Grande Mela) è letteralmente piena di musica ma è anche determinata, come i suoni e le idee che le nascono dal cuore e dalla testa.

Sin dal primo incontro risulta curiosa, aperta, non intimorita dal correre dei rischi. Imperturbabile, senza essere indifferente. Mai snob verso nessuna forma o stile musicale. Suona con grazia e passionalità. Ha vissuto per qualche tempo nella zona di San Francisco ed è facile potersela immaginare laggiù in altri tempi. Ad esempio negli anni sessanta, quando tutta la zona vibrava di musiche differenti, dai Dead a Country Joe, ai Jefferson Airplane (per non parlare di Papa John Creach) e tutte le varianti presenti di blues, rock, folk e jazz. Parlando con Jenny Scheinman ti viene la sensazione che non sarebbe strano trovarsela con il suo violino un giorno a fianco di Jerry Garcia, il giorno dopo con Grace Slick e poi magari con Jorma Kaukonen. Oppure seduta in compagnia di Dewey Redman, che al tempo si trovava da quelle parti.

È solo una sensazione. Ma considerando la sua tendenza all'eclettismo e il suo background, non è improbabile che la San Francisco dell'epoca l'avrebbe accolta a braccia aperte.

Scheinman aveva già mostrato una propensione a suonare in contesti diversi ancor prima di trasferirsi nella frenesia Newyorkese nel 1999. La si poteva trovare al fianco del banjo di Danny Barnes, o con il chitarrista Bill Frisell. Ha partecipato a un progetto in trio con il trombettista Ron Miles in collaborazione con il disegnatore Bill Woodring. Ha suonato musica dei Balcani con Jim Black e Chris Speed, in un duo con Myra Melford al piano. Ha persino avuto una parte nell'eccellente disco pop Come Away With Me di Norah Jones. A volte canta (non jazz, dice, e annovera fra le cantanti preferite Lucinda Williams) e suona anche il piano.

"Da giovane ero veramente una pianista classica seria", dice. "Questa è stata una delle principali influenze sul mio modo di suonare attuale. Da bambina non compravo dischi, ascoltavo la collezione dei miei genitori. Un'altra cosa che ha influito sulla mia formazione è stata la musica per cui venivo ingaggiata, cioè quella che mi pagavano per suonare. Ho sempre fatto musica per vivere, e quindi ho suonato di tutto. Cose in cui c'è bisogno del violino, che sia una quartetto d'archi, un gruppo klezmer o musica folk. Tonnellate di musica di Stephane Granelli e Django Reinhardt, che ormai sono una componente essenziale della storia.

"Sono stata in tour con Madeleine Peyroux. Sono realmente entrata a far parte del suo mondo musicale e ho incontrato alcuni meravigliosi musicisti. Poi Bill [Frisell], ha avuto una enorme influenza. Ero una sua fan prima che mi chiamasse a lavorare con lui. Senza dubbio una grande influenza".

Non c'è da sbagliarsi. Jenny Scheinman è una seria musicista che acquista sempre più notorietà con ogni performance e ogni disco. L'ultimo, 12 Songs (Cryptogramophone, 2005) è un ottimo esempio della sua mente intrigante. Dietro i brani completamente originali, si celano sette musicisti, fra i quali anche Frisell e Ron Miles alla cornetta. Il disco ha avuto, a ragione, critiche molto positive. Le melodie sono interessanti e il gruppo, mai alla ricerca del virtuosismo, si mette al servizio delle canzoni, per evocare i diversi stati d'animo che la Scheinman ha in mente.

"Troppo spesso le sezioni ritmiche procedono in modo molto straight-ahead. Su questo disco invece non c'è niente nel disco che sia in un 4/4 swingante. Se prendessimo tutte queste melodie e le facessimo passare attraverso una sorta di swing, medio o veloce, probabilmente avrebbero un suono alquanto jazz. Ma quel tipo di ritmi non ci sono... In effetti, la sezione ritmica non è molto jazzistica (Rachelle Garniez al pianoforte, fisarmonica e claviola; Tim Luntzel al contrabbasso; Don Rieser alla batteria). Questo è voluto. Altri miei dischi hanno una sezione ritmica molto più jazz.

"Essi sono meno orchestrali, meno delineati, più spontanei. Contengono improvvisazioni interattive che non hanno molto a che fare con le melodie", dice Scheinman. "Tutti i miei dischi sono un po' così, per lo meno quando paragonati con dischi più straight-ahead. Ma quest'ultimo è quello più focalizzato sulla composizione e guidato dalla melodia.".

Jenny Scheinman è soddisfatta per la buona accoglienza ricevuta dall'ultimo disco ma è già impegnata a scrivere musica nuova. Durante il mese di dicembre, ha passato tre interi giorni dedicandosi solo a questo. Quando è in studio lavora con grande concentrazione, ma una volta che il lavoro è finito resta quasi sorpresa ascoltando il risultato finale.

"Dopo aver terminato la registrazione di 12 Songs, non l'ho ascoltato per molto tempo visto che l'avevo ascoltato anche troppo mentre lo realizzavo. Poi l'ho sentito un paio di volte alla radio e ho pensato: 'wow, è proprio bello'. È uno sballo quando scopri che la tua musica viene trasmessa. L'altra notte al Village Vanguard è stato un grande onore sentire il disco in sottofondo durante l'intervallo di un concerto, e ci stava proprio bene. Sono contenta e soddisfatta."

"Ci sono alcuni musicisti che si limitano ad andare in studio, registrano, spediscono tutto alla casa discografica che si occupa del missaggio, della sequenza brani, della copertina e della pubblicazione. Se avessi fatto così, probabilmente avrei pubblicato molti più dischi. Ma per sfortuna, o per fortuna, io mi preoccupo di ogni dettaglio. È per questo che posso dire con certezza che sono felice di questo lavoro."

"Questa è la band più numerosa con la quale abbia registrato. Nei miei ultimi due dischi eravamo in cinque persone e prima abbiamo lavorato in quattro. Solo aggiungendo due elementi si poteva raggiungere la profondità che volevo, cioè quel tipo di qualità orchestrale che sentivo. Ma allo stesso tempo è più difficile da mixare, nel senso di come voglio che suoni. Non voglio che suoni come un disco jazz. Voglio che suoni veramente compatto, come piccole sculture".

Jenny ci dice che sono state fatte molte sovraincisioni, ma quasi nessuna è stata utilizzata, eccetto una parte per tromba nel pezzo "She Couldn't Believe It Was True". Questa musica addizionale "l'avevo in mente e volevo sentire come poteva suonare. Quando sono arrivata infine al missaggio non l'ho usata".

Questa musica addizionale è ritornata comunque durante il concerto di lancio di 12 Songs, al Tonic di New York, che ha coinvolta una orchestra d'archi di una ventina di elementi in aggiunta al gruppo. "Ho dovuto fare gli arrangiamenti. Ho preso alcune parti che di fatto non c'erano sul disco - che avevamo sovrainciso ma non utilizzato - parti armoniche di arricchimento che mi parevano un po' troppo ricche - io non sono per le cose che siano eccessive - ma con tutti quegli archi è stato divertente. Ed era dal vivo".

È un disco jazz?

"Penso che sia un disco jazz", dice come soppesando le parole. "Le cose cambiano. C'è internet, la gente ascolta di tutto. Penso che fra dieci anni le uniche persone che suoneranno ciò che chiamiamo 'mainstream jazz' saranno persone in qualche modo interessate alla storia del jazz.

"Sono una grande appassionata di jazz, ne ho suonato parecchio, scrivo per musicisti jazz, perché sono degli intuitivi di professione. Possono scarnificare le cose. Possono avere un approccio sempre diverso. Mi annoio parecchio in gruppi dove devo suonare sempre le stesse cose. Per quanto adori ascoltare la musica pop, non sopporto di suonarla. Per quello che riguarda le registrazioni, mi piacciono le cose concise più che lunghi assoli. Non ho mai avuto un assolo di basso nei miei dischi e non penso di avere mai avuto un assolo di batteria. Non avere queste cose in un disco non è molto 'jazz' .

"I miei dischi di solito sono molto meno jazz rispetto alla dimensione live. Sono una esploratrice, amo i rischi del jazz, dell'improvvisazione e della difficoltà. È un tipo di musica molto rigorosa. Ho ascoltato parecchi generi musicali e molto jazz. Di recente sono stata ossessionata dal disco di Coltrane e Monk (Thelonious Monk Quartet with John Coltrane at Carnegie Hall) e sono andata a risentirmi tutti i miei dischi di Monk.. Quasi tutto quello che ho trascritto è stato jazz: Lester Young, Sonny Rollins e Coltrane. Penso di aver trascritto tutto Crescent [Coltrane] all'età di quindici anni.

"Ma ora siamo in un altro mondo. La gente ascolta ogni tipo di cosa. È difficile mantenerla fissa su un genere solo" .

Jenny Scheinman è una musicista jazz?

"Penso che spetti alla critica decidere, io non saprei. Io canto oltretutto, potrei fare un intero disco di canzoni, e quando canto non c'è niente di originale o di jazz. Canto vecchia musica country o un po' di blues o di folk. Esploro molta musica folk. Ho uno strumento molto versatile che si può spostare da un genere all'altro, come è stato per molto tempo. Inoltre è pratico, si può andare in giro portandoselo in spalla".

Sembrano esserci molte atmosfere differenti in 12 Songs e nei bizzarri titoli che ci troviamo. A tratti tendente al folk, a volte etereo, altre gioioso oppure imbronciato. "Mentre componevo i pezzi pensavo alla cantabilità in una melodia", dice la Scheinman. "L'album ha una certa sensibilità pop, credo. Il titolo contiene un velato richiamo al pop. Ci sono altri dischi intitolati 12 Songs, compreso uno dei migliori dischi in assoluto, quello di Randy Newman, chiamato appunto 12 Songs.È come se fosse una formula in cui i compositori non-classici possono mettere la propria musica, simile a un quartetto d'archi o una sinfonia, tutte queste forme musicali senza nome che la gente scrive da sempre".

Jenny Scheinman è molto attaccata alla band che ha messo insieme per il disco, che include il trombettista Ron Miles e Bill Frisell, che dispiega intriganti linee musicali fra le melodie del violino.

"Ho suonato parecchio con Bill. Anche con Ron [Miles] ho suonato molto, sempre assieme Bill. Ho suonato nel gruppo di Rachelle Garniez per parecchio proprio prima di realizzare questo disco. Doug Wieselman [è proprio un musicista magnifico. Doug e Rachelle sono veramente immersi in quel mondo di musica improvvisata che poggia sulla canzone. Ci sono molti bravissimi musicisti jazz che ancora non riescono a suonare canzoni. Le canzoni hanno una loro forma, un bridge e una storia da raccontare..."

"12 Songs ha avuto un riscontro positivo da parte della stampa. È stato scelto tra i migliori dischi dell'anno dal New York Times e altri ancora. A qualcuno è piaciuto", dice Jenny con un sorrisetto sulle labbra. "È magnifico. Voglio fare musica che piaccia alla gente. Forse non è così per tutti e di sicuro non penso sia necessario. Ma è bello che la gente lo apprezzi."

La Scheinman non è così sicura di conoscere da chi sia costituita la base dei suoi fans, e sembra non esserne preoccupata. Apprezza le critiche e le fa piacere sapere che le sue serate in posti come il Barbés a Brooklyn attraggano molto pubblico. Le porte si stanno aprendo per lei. Allo stesso tempo continua a dedicarsi alla sua arte, concentrandosi in particolare sulla composizione.

"Sono una specie di ape operaia. Mi siedo e scrivo, e non sempre produco buon materiale. Non sono così sicura delle cose che ho scritto negli ultimi tre giorni, ma ci ho dedicato dieci ore al giorno", dice. "Mi piace comporre. Il materiale si accumula. Penso che molte persone siano fatte così, per lo meno quelle che creano qualcosa. Devono dare realizzazione ad alcune delle informazioni che sono state immagazzinate nel loro cervello. In un certo senso è terapeutico.

"Mi piace lavorare a qualcosa. La fase in cui arrivo alla melodia di solito è abbastanza veloce. Da lì in poi mi complico le cose: non cambio le note, ma ne aggiungo alcune e mi faccio ossessionare dalla struttura del brano; banalità come ripetere o meno la prima parte, altre piccolezze compositive… La melodia e il nucleo centrale del pezzo arrivano in cinque, dieci minuti, ma la vita di un processo di composizione è abbastanza lunga.

"In qualche modo lo concepisco come qualcosa che ha a che fare con il karma. Quando ti impegni nel lavoro, anche se dopo dieci ore giornaliere di composizione non è ancora arrivato niente di buono, il tuo impegno farà sicuramente piacere alla musa che ti raggiungerà quando meno te l'aspetti con qualche buona melodia".

La Scheinman è cresciuta suonando musica folk con la sua famiglia in una zona rurale del nord California. Lei stessa racconta: "I miei genitori sono di New York. Si trasferirono in California e mi hanno cresciuta in uno dei posti più sperduti che ci siano negli Stati Uniti: un paese di circa trecento persone. Decisamente fuori mano".

"Mia madre è cresciuta con molta musica classica. Mio nonno era un appassionato di jazz. Mio padre andava a sentire jazz fin da bambino e da giovane era un abituale frequentatore del Village Vanguard. Poi fu rapito dalla scena folk degli anni cinquanta, il revival folk della East Coast. Conosce migliaia di canzoni e suona la chitarra. Sono cresciuta cantandole e suonandole con lui. Canzoni folk, pezzi dei Beatles. Lui era a Liverpool quando i Beatles erano agli inizi. E poi molti pezzi jazz, che suonavamo assieme".

Jenny prendeva lezioni di pianoforte e di violino. Le sua classe alle superiori era formata da sei studenti. Una scuola che "i miei e altri genitori avevano creato appositamente per evitare di mandare i loro figli ad una scuola pubblica distante due ore di viaggio". Ma non era una scuola di seconda categoria. Il sistema didattico può essere stato diverso ma non limitato. La Scheinman aveva sedici anni quando si iscrisse al Conservatorio di Oberlin per studiare come violinista.

Viaggiava con la famiglia andando da un festival di violino all'altro, vincendo alcuni concorsi, e ogni anno a New York per visitare i parenti. E poi l'Europa, dove Jenny conobbe per la prima volta gli artisti di strada, qualcosa che avrebbe voluto fare di tanto in tanto a San Francisco e a New York.

La Scheinman non si ferma a Oberlin, si trasferisce invece a Berkeley dove si laurea con il massimo dei voti in letteratura inglese nel 1995. Pensava di usare la sua laurea per integrare il suo desiderio di suonare, ma l'attrazione musicale fu più forte. "Ho iniziato a suonare professionalmente quando l'assegno di mio padre non mi bastò più", dice ridendo. "E così ho iniziato a suonare in giro. Vivevo a Santa Cruz, suonando nei cafè con l'Hot Club of San Francisco, facendo il repertorio di Django Reinhardt e Stephane Grappelli. Poi ho iniziato a spostarmi a San Francisco per fare serate e, nel caso, trasferirmi là. La musica si trasformò da necessità in passione vera e propria.

Le serate erano diverse, in modo da guadagnare qualche soldo in più e conoscere l'ambiente. Lavorava con John Schott e Ben Goldberg, il Rova Saxophone Quartet, la cantante/violinista Carla Kihlstedt del Tin Hat Trio e un gruppo rock chiamato Charming Hostess. La situazione era propizia anche sotto altri aspetti. Ebbe modo di incontrare il produttore Lee Townsend, che la coinvolse in alcuni progetti di registrazione, e Vinicius Cantuaria, che la condusse a Frisell.

Nel 1999 decise di andare a New York.

"Non sapevo come sarebbe andata", ammette. "Di sicuro le serate pagano molto meno qui [New York], forse il trenta per cento in meno. Chi sta a San Francisco riesce a vivere facendo serate, senza bisogno di andare in tourneè. Sono sicura che anche qua ci siano persone che ci vivono stabilmente, ma hanno molte serate in feste private e club, una situazione in cui non sono mai entrata a far parte completamente.

"Ero venuta per studiare. Ascoltavo dischi di tutta questa gente che abita e suona in vari locali qui, e volevo sentirli. Per diversi anni ci sono venuta ogni estate, in parte per la famiglia, dato che ho dei parenti qui. Quindi New York mi era familiare, magari spaventosamente enorme, ma familiare.

"A San Francisco ho suonato per un periodo tutti i mercoledì in un posto meraviglioso chiamato "Da Bruno". È dove ho realmente fatto esperienza nel guidare un gruppo, scrivere musica e improvvisare. Facevo per davvero qualcosa di mio. In quel periodo il locale era al suo massimo fulgore", dice. Poi la situazione ristagnò per un po' e i musicisti se ne andarono. "La gente se ne andò, così mi spostai qui, come tutti".

Inizia a fare serate con musicisti come Frisell, e realizza alcuni dischi autoprodotti con basso e batteria. Nel 2000 realizza il suo primo disco per una etichetta discografica, Live at Yoshi's (Avant). Tutto materiale originale, come nel caso dei due dischi seguenti, The Rabbi's Lover (Tzadik, 2001) e Shalagaster (Tzadik, 2004), che conducono a 12 Songs.

Il suo nome inizia a essere citato negli ambiti jazz e i suoi dischi hanno un seguito di pubblico. Ma la Scheinman non sembra sicura di cosa sia la sua "popolarità", e non ci perde il sonno. La sua musica è più importante. "Non ne ho la percezione esatta. Se un mio concerto viene segnalato dal New York Times, allora la gente viene. Quando sono in città suono ogni martedì al Barbes. I frequentatori del Barbes mi conoscono", dice. "molto semplicemente, ci mettiamo a suonare. Se suono al Barbes con Danny Barnes, tutti gli appassionati di banjo di New York presumibilmente verranno. Così forse questo diversifica il mio pubblico".

Perfino il contatto con la enorme popolarità di Norah Jones non le ha fatto cambiare prospettiva o l'ha portata a sbilanciarsi. Dopotutto Norah Jones aveva già suonato a fianco della Scheinman in alcune serate a Brooklyn, prima del suo improvviso successo.

"È stato un disco emozionante. Una gran bella cosa per il mondo della canzone. Sono una sua buona amica, ma non l'ho seguita nel tour . Abbiamo suonato la sua musica qui per un po', e lei ha suonato con me in alcune occasioni. Gli altri nostri amici che facevano parte del gruppo sono scomparsi per tre anni, in giro a far concerti con lei.

"È strano", dice, trovandoci un che di surreale. "Mi viene da pensare che probabilmente anche George Bush mi ha ascoltata nel disco di Norah Jones. Se è vero che sono stati venduti venti milioni di dischi, saranno arrivati a persone che non ti immagineresti mai".

Per il futuro la Scheinman dice di essere in cerca di un manager e di una etichetta discografica. "Molto tempo fa feci un disco senza nessuna etichetta e penso che non lo farò mai più. Suono molte cose differenti mettendoci la stessa passione nella maggior parte dei casi. Mi piacerebbe trovare una etichetta che fosse interessata alle mie varie sfaccettature, che abbracciasse la complessità della mia personalità, dando una versione più vera del musicista.

"Ma se devo vagare, facendo folk con un'etichetta e jazz con un'altra, va bene lo stesso. Sono stata più che fortunata. Ora sto per partire per un tour in Europa con un quartetto d'archi, per il quale voglio scrivere altri pezzi. Ho già molta musica pronta per questo gruppo, quindi anche se non dovessi scrivere qualcosa di nuovo che mi soddisfi abbiamo comunque un bel repertorio. Ho messo su questo gruppo e penso che sarà un qualcosa di collaborativo, spero che ognuno scriva qualcosa.

" Lo straordinario concerto di lancio per 12 Songs, con una sezione di venti archi aggiuntivi, è stato molto stimolante. È più di quanto si possa chiedere ad una casa discografica, dato che io non garantisco dei soldi sicuri a nessuno. Mi è proprio piaciuto registrare questo gruppo. Ho dovuto pensare al modo più appropriato di farlo e scrivere qualcosa adatto al contesto".

La Scheinman dice di essersi stabilizzata a New York, anche se la situazione dei club non è proprio ottimale. "Quando mi sono trasferita ero interessata alla scena downtown: Dave Douglas, Mark Feldman e qualche altro musicista. Anche i primi dischi di Bill Frisell ne facevano parte. Ora sono meno cosciente di cosa stia succedendo fra questi musicisti. Forse la situazione è un po' frammentaria, non sono sicura. In effetti è talmente grande, non so esattamente come descrivere la scena attuale".

Ma nota che "Brooklyn sta rinascendo. Negli ultimi cinque anni molti musicisti si sono trasferiti a Brooklyn, in parte perché è più economico. I club non possono più permettersi di rimanere a Manhattan, perciò si spostano a Brooklyn. Lo stesso per molti musicisti che non ce la fanno più a vivere a Manhattan e si trasferiscono, e infatti ora ce ne sono molti di più. Barbes è un club meraviglioso e anche a Williamsburg ci sono dei piccoli locali magnifici".

Jenny è soddisfatta del posto in cui si trova, sia per la musica che per le prospettive della sua carriera artistica. Ma ci sono ancora molte strade da percorrere.

"Si. Mi trovo alla fine e all'inizio di qualcosa. Siamo all'inizio dell'anno e io sono alla fine del disco 12 Songs. È una cosa eccitante e stimolante", dice, "ma mi mette anche un po' di paura". Discografia selezionata

Jenny Scheinman, 12 Songs (Cryptogramophone, 2005)

Bill Frisell, Richter 858 (Songlines, 2005)

ROVA Orkestra, Electric Ascension (Atavistic, 2005)

Scott Amendola Band, Believe (Cryptogramophone, 2005)

Jenny Scheinman, Shalagaster (Tzadik, 2004)

Bill Frisell, Unspeakable (Nonesuch, 2004)

Carla Bozulich, I'm Gonna Stop Killing (Independent, 2004)

John Zorn, Voices in the Wilderness (Tzadik, 2003)

Bill Frisell, The Intercontinentals (Nonesuch, 2003)

Scott Amendola Band, Cry (Cryptogramophone, 2003)

Jenny Scheinman, The Rabbi's Lover (Tzadik, 2002)

Norah Jones, Come Away With Me (Blue Note, 2002)

Pharoah's Daughter, Exile (Knitting Factory, 2002)

Vinicius Cantuaria, Vinicius (Transparent Music, 2001)

Jenny Scheinman Quartet, Live at Yoshi's (Avant, 2000)

Gabriela, Viento Rojo (Intuition, 2000)

Dubtribe Sound System, Bryant Street (Imperial Dub, 1999)

Hot Club of San Francisco, Live (Hot Club, 1996)

Traduzione di Stefano Sanna

Articolo riprodotto per gentile concessione di AAJ USA


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