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Intervista Dynamis. Conversazione con Candida Felici.

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Il Dynamis Ensemble è un gruppo musicale di musica contemporanea che nasce nel 1999 a Milano per opera di musicisti già attivi in ambito concertistico internazionale, accomunati dall'interesse per la musica di autori contemporanei e del XX secolo. Il gruppo confronta spesso in concerto la musica di giovani compositori con le opere dei più grandi maestri contemporanei. Il Dynamis Ensemble si è presentato in numerosi concerti in diverse sedi importanti sia in Italia che all'estero, tra cui si contano: Festival Milano Musica, Festival Aspekte Salisburgo, Mostra Sonora Sueca (Spagna), Festival Internacional Cervantino (Messico), International Forum of Cultures UNESCO Monterrey (Messico), Forum Neue Musik Lucerna. Ha al suo attivo numerose prime esecuzioni assolute e le sue performance includono l'interazione con mezzi elettroacustici e multimediali. Il Dynamis Ensemble collabora con compositori quali Jonathan Harvey, Alessandro Solbiati e Javier Torres Maldonado.

AAJ: Partirei dalla domanda meno banale di tutte. Cos'è per te/voi un ensemble.

Candida Felici: Per noi un ensemble è un luogo d'incontro di pensieri, di idee, uno scambio che si traduce in suoni ed anche uno spazio per la ricerca e la sperimentazione.

AAJ: Hai/Avete voglia di raccontare come, quando e dove si è formato il vostro Ensemble?

C.F.: Ci siamo costituiti nel 1999 a Milano. L'idea del nome è venuta dal titolo di un testo di storia del teatro che si trovava su una mensola nel mio salotto. Stavamo riflettendo, con mio marito Javier Torres Maldonado (direttore artistico del Dynamis Ensemble), su quale potesse essere il nome giusto e la parola greca dynamis mi è parsa subito adatta a esprimere l'energia, il desiderio di imprimere un cambiamento, una trasformazione della realtà attraverso la musica.

AAJ: I presupposti che vi hanno portato a unirvi sono gli stessi sui quali ancora oggi basate il vostro legame?

C.F.: Alcuni membri dell'ensemble sono cambiati, ma direi che i presupposti che ci hanno portato a lavorare insieme sono rimasti gli stessi, la stessa passione per il suonare insieme, per la ricerca e la sperimentazione.

AAJ: Per quanto riguarda il repertorio, come lo scegliete e come lavorate per l'esecuzione...magari potete raccontarlo a partire da un progetto che avete realizzato che vi sta particolarmente a cuore.

C.F.: Di solito ci concentriamo su un tema, un'idea guida, oppure sull'approfondimento della produzione di un solo autore, come è stato il caso del nostro progetto sulla musica cameristica di Jonathan Harvey Run Before Lightning. Abbiamo lavorato a lungo su questo autore, che secondo noi è una delle voci più significative del panorama contemporaneo, poi abbiamo avuto la fortuna di lavorare direttamente con lui prima della produzione del nostro ultimo cd; è stata un'esperienza bellissima.

AAJ: Che cosa vi interessa maggiormente mettere in luce della musica del Novecento? Quali sono gli aspetti sui quali voi come Ensemble ritenete di dover maggiormente lavorare?

C.F.: Il Novecento è stato percorso da molteplici correnti, a volte parallele, a volte convergenti o divergenti. Noi non ci concentriamo su un unico stile, ma ricerchiamo e prediligiamo i percorsi e le ricerche personali, quei compositori che hanno cercato e cercano, pur nel contatto con il presente ed il passato, una loro cifra, una risposta personale alle numerose domande poste dalla nostra epoca.

AAJ: Il centro e sud America sono aree di ricerca sulle quali lavorate da anni. Penso alle registrazioni di Javier Torres Maldonado di cui avete effettuato numerose registrazioni.

C.F.: Sì certo la biografia del nostro direttore artistico non è certo estranea a questa nostra predilezione, ma in più c'è anche la nostra passione per proposte artistiche provenienti da esperienze culturali diverse dalla nostra e che possono arricchire di nuovi stimoli il panorama musicale odierno.

AAJ: Cosa significa per voi improvvisare? L'improvvisazione è una pratica del vostro fare musica insieme? Nel caso, come avviene e quanto peso ha nel vostro lavoro?

C.F.: Abbiamo fatto in passato esperienze di improvvisazione, sono state momenti emozionanti, di profondo dialogo tra i musicisti. Anche se l'improvvisazione costituisce un aspetto non centrale nella nostra attività, tuttavia esistono numerose composizioni novecentesche in cui la partitura non è che un canovaccio e ogni nuova esecuzione si realizza come vera e propria rilettura-riscrittura del brano.

AAJ: ... e per quanto riguarda l'elettronica? Per voi è molto importante l'iterazione con mezzi elettroacustici e multimediali.

C.F.: Questo è un aspetto centrale del nostro fare musica, l'interazione con l'elettronica da una parte, con il video dall'altra. La prima moltiplica le possibilità timbriche, sonore, le potenzialità derivanti dalla spazializzazione del suono; l'altro consente a due arti indipendenti, quella visiva e quella dei suoni, di incontrarsi. Spesso questi due elementi trovano spazio nelle nostre performances.

AAJ: Essendo All About Jazz una rivista dedicata al jazz, quanto pensate il vostro lavoro abbia a che fare con questo genere? Che cosa vi interessa in particolare del jazz?

C.F.: Siamo molto vicini al jazz, al dialogo ta gli interpreti che caratterizza le performances dei musicisti jazz, e poi ci appassiona la ricerca che caratterizza molte esperienze jazz e il fatto che nel jazz, come nella contemporanea, non vi sia una tendenza sola, ma una molteplicità di ricerche e percorsi diversi. Il jazz delle origini ci piace particolarmente, ma anche le esperienze più recenti ci appassionano e, chissà, forse un giorno avremo la possibilità di collaborare come ensemble con un gruppo jazz.

AAJ: Portate avanti un lavoro teorico (letture, discussioni sulla metodologia, studi o ricerche, seminar) a livello di Ensemble oppure la formazione e la ricerca sono un percorso individuale da condividere solo in un secondo momento insieme?

C.F.: Tra i molti progetti che abbiamo in cantiere, più d'uno riguarda la riflessione teorica su opere cardine del Novecento affiancata alla loro performance in seminari-concerto che si aprano al dialogo e alla discussione con il pubblico in un percorso che sia per tutti, interpreti, studiosi e pubblico, occasione di ripensare la musica e i suoi molteplici significati.

AAJ: Qual è il campo di ricerca musicale imprescindibile per un ensemble che si occupa di musica contemporanea?

C.F.: E' difficile dare una risposta a questa domanda, perché molti sono gli aspetti della cultura che coinvolgono direttamente chi si occupa di musica contemporanea, sicuramente la ricerca storica è importante, ma non disgiuntamente dalla semiologia, la sociologia musicale e in generale la ricerca sull'evoluzione del pensiero artistico novecentesco, tutte discipline che ci aiutano a capire meglio il presente e, forse, a trovare la direzione per il futuro.

AAJ: Lavorate anche per fare formazione ai giovani? È importante e in quale misura il coinvolgimento delle istituzioni (conservatori, scuole musicali ect.)?

C.F.: Abbiamo spesso cercato di interagire con istituzioni come i conservatori, ma per noi legare le nostre performances a momenti di formazione è stato più facile all'estero che in Italia, dove ahimé le istituzioni sono a volte restie ad avviare collaborazioni con gli ensembles.

AAJ: Nei vostri concerti eseguite autori contemporanei, ma anche pezzi vostri. Come costruite un concerto e attorno a quali aspetti puntate maggiormente?

C.F.: Il concerto è innanzitutto uno spettacolo con una sua ritualità, una miscela di elementi che funziona solo quando questi sono dosati nel modo giusto. L'equilibrio e la varietà sono nostri obiettivi primari, tuttavia cerchiamo sempre di costruire uno spettacolo coerente, caratterizzato da una idea guida, che può essere un autore, un'epoca, uno stile, oppure un sentimento, un valore, in modo da attraversare anche in modo trasversale i secoli. Per noi non solo i singoli brani, ma il concerto nella sua interezza deve avere una ragion d'essere, obbedire ad un progetto unitario.

AAJ: Il pubblico è importante? E in che forma, dimensione, misura...?

C.F.: Il pubblico è essenziale. Tutti i musicisti sanno bene quando durante il concerto si è creato un feeling con il pubblico e quando, ahimé, ciò non è avvenuto. La comunicazione con il pubblico, far sì che il pubblico in sala capisca ciò che noi proponiamo, è essenziale, è il fulcro del nostro lavoro. Per far sì che questa comunicazione si instauri non basta l'aspetto uditivo, anche l'aspetto visivo del concerto è essenziale; non per niente l'esperienza del vedere e ascoltare la musica in concerto non può in nessun modo venir paragonata all'ascolto di un cd. Il corpo dell'interprete parla al pubblico come parlano i suoni.

AAJ: Vi appoggiate ad una casa discografica? Ne avete fondata una vostra?

C.F.: Finora abbiamo avuto la fortuna di collaborare con la casa discografica Stradivarius, da questa collaborazione sono nati i nostri due cd monografici (Javier Torres Maldonado, Exabrupto, e Jonathan Harvey, Run Before Lightning).

AAJ: Vi chiederei di approfondire la recente registrazione di Stradivarius del lavoro di Jonathan Harvey, Run Before Lightning, tra l'altro diretto da Maldonado.

C.F.: Come ho anticipato prima, questo progetto ci sta particolarmente a cuore per il rapporto intimo che abbiamo sviluppato con l'autore e la sua musica. Si tratta di brani ricchi di spiritualità, ma al tempo stesso pieni di vitalità, pervasi da un ritmo a tratti trascinante e caratterizzati dalla ricerca timbrica. In molti brani vi è un esplicito riferimento all'oriente, all'induismo, alla meditazione buddista; inoltre Harvey non teme di richiamare esperienze psichiche e sensoriali. Insomma ogni brano del cd è un viaggio e una ricerca di senso.

AAJ: Dal punto di vista economico, come avete provveduto fino ad ora a finanziare i vostri progetti? Quali margini di autonomia avete rispetto a chi/coloro che vi sovvenziona/no?

C.F.: Questo è un tasto dolente, poiché finora i nostri progetti sono stati finanziati da istituzioni estere, in particolare messicane e svizzere, e non da istituzioni italiane, poco interessate alla musica cameristica da un lato e alla musica contemporanea dall'altro.

AAJ: Pensi che ci sia una politica in Italia attenta agli Ensemble e/o su cosa dovrebbe sostenere realtà come la vostra la politica (locale, nazionale?)?

C.F.: In Italia gli ensembles cameristici non sono riconosciuti, per poter avere un sostegno economico devono costituirsi in associazione culturale. Inoltre non vi è alcuna politica di sostegno degli ensembles né a livello locale, né a livello nazionale.

AAJ: Un ensemble è un archivio di memoria storica musicale oppure, diversamente, lavora sul vivo della musica intervenendo nella quotidianità in tempo reale?

C.F.: Certo un ensemble è sempre un archivio di memoria, ma sarebbe del tutto inutile se non fosse completamente immerso nel presente e non cercasse di influire sul futuro. Proprio nel suo inserirsi nel flusso dell'oggi attraverso i musicisti che la interpretano, la musica acquista un senso per le generazioni presenti e future.


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