Subtone: High Tide

In verità non me la sento di offrire certezze e soluzioni definitive. Lasciatemi, per una volta, defilarmi dal ruolo di critico-ascoltatore e delegare a voi la responsabilità di decidere se valga la pena buttarci un orecchio.

Per l’occasione, mi limiterò a dirvi che la scaletta è impeccabile nel suo spaziare con intelligenza tra suggestioni post-bop, downtown e persino world (la deliziosa “Springdance”). I brani sono eseguiti con lucida eleganza e inappuntabili doti solistiche, soprattutto da parte dell’ispirato trombettista Magnus Schriefl (Art Farmer e Kenny Wheeler nel DNA). Si tenga in dovuto conto, inoltre, che il quintetto è composto da giovani promesse del jazz teutonico, un pugno di smaliziati studentelli con la solidità e l’affiatamento di colleghi ben più anziani (Non a caso il disco è inserito nella collana Next Generation, curata dal periodico tedesco “Jazz-Thing”). Gli arrangiamenti, poi, non sono mai banali e valorizzano in modo sobrio la scrittura, si gioca con gusto a pennellare delicate atmosfere e suadenti sonorità. Insomma, c’è tutto, ma proprio tutto, quello che si può chiedere a un disco di modern jazz: melodie sbarazzine, interventi solistici appropriati, levità d’ascolto, buon gusto e la giusta dose di moderazione nell’azzardare.

A voi, dunque, la scelta. Chiudere la pagina e passare oltre, oppure annotarvi il nome e inserirlo nella vostra wishlist. Dipende dalla vostra attuale predisposizione alla tolleranza e dal vostro grado di saturazione nei confronti di certe proposte.

Io, come potete intuire dalle tre stelle e mezzo assegnate, ho deciso di cascarci anche stavolta. Ma che sia l’ultima!

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