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Heiner Goebbels
ByLimone Fonderie Teatrali - Moncalieri - 24.01.07
Grazie all’intelligente collaborazione tra il Teatro Stabile di Torino e l’Unione Musicale, il suggestivo spazio post-industriale delle Fonderie Limone ospita le alchimie create da Heiner Goebbels tra testo, recitazione e suono.
Il regista-compositore presenta, infatti, Eraritjaritjaka, spettacolo già acclamato nel 2004 al Festival d’Automne di Parigi, in cui frammenti testuali di Elias Canetti s’intrecciano con citazioni estrapolate dai quartetti d’archi di Dimitrij Šostakovic, Giacinto Scelsi e Maurice Ravel, tra gli altri.
A fare ri- (e con-) vivere parole e musiche sono chiamati rispettivamente André Wilms (fidato collaboratore di Goebbels da oltre un decennio, attivo, oltre che in ambito teatrale, anche nel campo cinematografico, al fianco di registi come Aki Kaurismäki e Claude Chabrol) e gli olandesi del Mondriaan Quartet, la cui partecipazione non si limita all’esecuzione dei commenti musicali, ma si inserisce con pregnanza visuale e scenica nello svolgimento dell’azione.
L’intervento registico di Goebbels, fedele alla concezione pluriprospettica consolidata negli anni, emancipa la musica dalla funzione di commento o di descrizione degli eventi, mirando piuttosto a creare punti di incontro (ma anche di attrito) tra estratti di composizioni altrui (sottoposti di tanto in tanto a non pervasive, ma efficaci, elaborazioni elettroniche), parola re-citata e videoimmagini.
Il protagonista vive con fredda misantropia l’alienazione e l’isolamento che pervadono e svuotano di senso i suoi gesti quotidiani, le sue confabulazioni, e, in generale, qualunque tentativo di comunicazione (interiore o verso l’esterno, verbale, pre- o extra-verbale).
Anche la musica, per dirla con Canetti, “carica le parole di nuovi pericoli”: l’enigma e l’ambivalenza approdano alla dissociazione mülleriana del sé, tra io narrante e io recitante, sino all’uscita del teatro da se stesso, in senso non solo metaforico, quando Wilms indossa un impermeabile, scende noncurante dal palcoscenico, e, accompagnato da un cameraman, abbandona la sala, uscendo in strada.
Dinnanzi al pubblico non resta che uno schermo sagomato con porte e finestre, sul quale scorrono le (non) gesta del nostro anti-eroe (presente pur nell’assenza, inchiodato dalla voyeuristica sorveglianza della telecamera), mentre gli archi del Mondriaan esalano i vaporosi trilli raveliani.
Lo sfasamento tra la poesia del quartetto in fa maggiore e la prosaicità dell’azione non potrebbe essere maggiore; quando i musicisti, sino poco prima presenti fisicamente sulla scena, si affiancano all’attore nelle immagini proiettate sullo sfondo, in un interno domestico, mentre consuma un pasto e si macera tra apocalittiche ossessioni, lo spiazzamento culmina in un salto spazio-temporale, la cui in-consistenza si svela a poco a poco, con effetto straniante e sorprendente.
Le allucinate sonorità di Black Angels, di George Crumb, frattanto, scandiscono la discesa senza ritorno dell’io e del suo mondo relazionale verso l’abisso; la ricomposizione dell’ordine non si può riscattare se non a prezzo di un’illusione.
Suona, quindi, cinico e beffardo l’accostamento tra l’astratta perfezione formale del nono contrappunto dell’Arte della Fuga e una concreta realtà individuale e sociale del tutto scissa, regredita a uno stadio di bruta (ma accuratamente dissimulata) animalità, in cui si morde rapidi, di nascosto, e si dice: “non io”. “Nella musica le parole nuotano e fluttuano, non camminano”: l'aforisma di Canetti condensa in sé il sottotesto di Eraritjaritjaka, prima tappa del progetto “Manifesto Goebbels”, nato dalla comunione d'intenti tra la Fondazione del Teatro Stabile, l’Unione Musicale e il Balletto Teatro di Torino, grazie alla quale il pubblico torinese potrà conoscere, in febbraio, ulteriori sfaccettature di uno degli artisti più geniali e poliedrici del nostro tempo.
Visita il sito di Heiner Goebbels e la pagina web del Manifesto Goebbels
Visita i siti del Teatro Stabile di Torino, dell' Unione Musicale e del Balletto Teatro di Torino,
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