Mathisen, Breistein: Gadgets

Protagonista di questo lavoro è un quartetto di musicisti scandinavi (tre norvegesi e un danese) codiretto dal sassofonista Inge Weatherhead Breistein e dal chitarrista Svein Rikard Mathisen, coautori anche delle musiche. La cifra è molto moderna, basata su composizioni lontane dalla forma degli standard, aperte ma molto narrative e attraversate in filigrana da un certo lirismo. I tempi sono perlopiù medio-lenti, ma il clima è tutt'altro che nordeuropeo, rimandando invece assai più all'attuale musica statunitense.

Sax tenore e chitarra sono anche le voci protagoniste, parte in solo, parte duettando tra loro. In particolare, Breistein alterna un lirismo molto pulito e lineare (per esempio nella title track o in ”Dalmatian”) a un fraseggio frammentario e latamente ritmico, ancorché molto rilassato (lo si ascolti in ”Tentakelvalsen”, uno dei momenti più originali del lavoro). Mathisen, dal canto suo, offre con la sua chitarra un bel suono corposo, nonché un fraseggio fluido, senza però presentare particolari elementi di originalità.

Le cose migliori del disco (a parte la citata ”Tentakelvalsen”) risultano perciò i momenti in cui i due protagonisti dialogano, del tutto a prescindere dall'atmosfera in cui ciò avvenga: per esempio, nella conclusiva ”Trexit”, che ha un'intensità dinamica elevata e delle tinte drammatiche, così come in ”Sourdough”, più distesa e narrativa.

Un po' sacrificati alle esigenze di gruppo i due componenti della ritmica: il contrabbassista danese Johannes Vaht, pur sempre presente sullo sfondo, ha pochissimo spazio per farsi apprezzare individualmente; emergono un po' di più le qualità del batterista Raymond Storaunet Lavik, forse però penalizzato dagli equilibri del suono in sede di registrazione o missaggio.

Disco ben suonato, ma al quale manca qualcosa che lasci il segno.

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