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Gabriele Coen “Jewish Experience”
ByIl suggestivo scenario della Sinagoga di Firenze - maestoso edificio in travertino, realizzato alla fine dell'Ottocento in stile moresco e circondato da un lussureggiante giardino - è stato lo sfondo ideale per la presentazione in città dell'ultimo lavoro del gruppo di Gabriele Coen "Jewish Experience," Yiddish Melodies in Jazz, edito come il precedente Awakening per la prestigiosa etichetta Tzadik di John Zorn.
Nonostante la defezione del chitarrista Lutte Berg, il concerto ha ripercorso con una certa fedeltà il percorso del disco, rispetto al quale ha - com'è normale - aggiunto una freschezza e un'inventiva che solo il live può dare, ma anche una interessante ed esaustiva presentazione dei brani in programma, che ha meglio svelato il progetto di Yiddish Melodies in Jazz: presentare non già, come in passato Awakening, nuovi e personali sviluppi di una tradizione di per sé variegata qual è quella ebraica, bensì riproporre brani di quella tradizione già confluiti, più o meno direttamente e con successo, nell'universo jazzistico.
Questo spiega la leggera maggiore convenzionalità del lavoro rispetto a opere del passato, un limite solo apparente che si è dissolto nello spettacolo dal vivo, ancor più perché la presenza di un pubblico in larga parte composto da membri della comunità ebraica ha permesso di percepire bene la profondità delle radici della musica che veniva eseguita sul sagrato della Sinagoga.
L'ora e mezzo di concerto ha visto succedersi quasi tutti i brani del CD, più qualche estratto da opere precedenti. Tra questi spiccavano "Bublitcki," già nel repertorio di Mickey Katz, uno dei pochi brani in cui Coen imbracciava il tenore e ove si è distinto con un solo tyneriaro il piano (elettrico) di Pietro Lussu; "Die Grine Kuzine," nel quale Coen ha inserito un impressionante assolo di soprano, tradizionale lanciato nel jazz da Benny Goodman, così come "Yossel Yossel," qui riproposta al clarinetto. Tutti brani "standardizzati," ovvero eseguiti in "A-B-A," ma senza alcuna banalizzazione, trattandosi di pezzi che la tradizione ebraica ha ripetutamente prestato al jazz e che vi hanno perciò trovato una "seconda vita".
In un concerto pregevolissimo, tutti i protagonisti hanno senza eccezione avuto modo di mettere in luce tanto la loro abilità strumentale - maiuscoli un paio di assolo, anche all'archetto, di Marco Loddo al contrabbasso, ottimo il sensibile drumming di Luca Caponi - anche se la scena è stata dominata da Coen, eccellente al tenore e al clarinetto, ma davvero maiuscolo al soprano, nel quale sempre più si sta affermando come uno dei nostri maggiori interpreti. Il culmine di una prestazione maiuscola è stato l'assolo su "Der shtiler bulgar" (anche questo ripreso da Goodman): di valore assoluto per perfezione timbrica, varietà diramica, assenza di ripetizioni delle frasi e coinvolgimento emotivo. Momento memorabile e commovente di un concerto pregevolissimo.
Foto, di repertorio, di Davide Susa.
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