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Francesco Negro
ByNell'arte gli obiettivi sono nuovi punti di partenza. Una volta che l'obiettivo diventa punto di arrivo l'artista è morto.
Ci racconta il suo ancor breve cammino, tra le sperimentazioni in trio, l'amore per le statuette di gufi e una certa avversità per l'iPod.
All About Jazz Italia: Raccontaci come è andato il primo incontro con il pianoforte.
Francesco Negro: Ero molto attratto dai giocattoli che emettevano suoni e un bel giorno un'amica di mia madre mi regalò una piccola tastierina giocattolo, con la quale mi divertivo a riprodurre ciò che sentivo. Da quel momento i miei genitori si sono accorti che ero molto interessato alla musica e successivamente mi hanno dato l'opportunità di studiarla.
AAJ: Qual è stato il tuo percorso di formazione?
F.N.: All'età di sei anni ho iniziato a studiare il pianoforte con un'insegnante di Maglie, la mia città natale. A undici anni sono entrato al Conservatorio "T. Schipa" di Lecce dove mi sono poi diplomato, e successivamente mi sono laureato presso il Conservatorio "L. Refice" di Frosinone in Musica del '900. Nel frattempo però avveniva anche il mio incontro con il jazz. All'età di quindici anni ho iniziato a frequentare l'Associazione Culturale Jazz "T. S. Monk" di Maglie, dove ho potuto per la prima volta conoscere e condividere l'amore per questa musica con altri appassionati e musicisti. Nel biennio 2008-2010 ho frequentato l'International Jazz Master tenutosi a Siena e organizzato dalla Fondazione Siena Jazz. Questa straordinaria esperienza mi ha dato la possibilità di conoscere, studiare e suonare con tanti musicisti di fama nazionale e internazionale come Adam Nussbaum, Roberto Gatto, Ben Perowsky, John Riley, Drew Gress e tanti altri ancora.
AAJ: Quando hai capito di essere diventato musicista a tutti gli effetti?
F.N.: È difficile rispondere a questa domanda. Diventare musicista a tutti gli effetti significa riuscire a guadagnarsi da vivere con la musica, o avere gli strumenti necessari per potersi esprimere? Posso dire che nel 2005, quando ho iniziato a collaborare con il sassofonista danese Martin Jacobsen, ho preso in seria considerazione il fatto che avrei potuto fare il musicista di professione. Per quanto riguarda invece l'aspetto artistico credo che un vero musicista, come un pittore, un poeta o uno scrittore, non si pone il problema di diventare qualcosa o qualcuno, quanto quello di esprimere al meglio la propria esperienza, la propria vita. Nell'arte gli obiettivi sono nuovi punti di partenza. Una volta che l'obiettivo diventa punto di arrivo l'artista è morto.
AAJ: Dopo l'uscita di Abbagli su quali progetti ti sei concentrato?
F.N.: Ho avuto il grande piacere di iniziare a condividere la mia musica in trio con Igor Legari al contrabbasso ed Ermanno Baron alla batteria. Con questa formazione stiamo lavorando da circa un anno su un tipo di improvvisazione collettiva in cui ognuno è al servizio di tutto quello che accade nel presente. Praticamente non c'è un solista, ma tre solisti che interagiscono insieme.
AAJ: È dunque il trio la tua formazione ideale?
F.N.: Con Ermanno e Igor mi ci trovo molto bene! Una volta al mese ci incontriamo per diversi giorni di seguito e facciamo delle session di studio dalla mattina alla sera. Sono molto contento di suonare con loro, anche se per essere sincero non ho una formazione ideale. A me piace suonare in organici diversi e con musicisti diversi. Tutto dipende dal risultato che si vuole ottenere. Quando cerco di concretizzare un progetto penso al suono e dunque ai musicisti che possono essere funzionali alla musica.
AAJ: In cosa ti contraddistingui dagli altri musicisti della tua generazione?
F.N.: Non mi piace fare paragoni con altri musicisti, perché ognuno è libero di dire ciò che vuole e come vuole, poi sta all'ascoltatore scegliere ciò che gli piace. Il mio stile è a momenti morbido e a momenti spigoloso. Mi piace molto creare contrasti sfruttando tutti i parametri ritmici, melodici, armonici e timbrici.
AAJ: Quali sono gli aspetti sui quali vuoi concentrarti per progredire ulteriormente e i punti di forza del tuo modo di fare musica?
F.N.: L'aspetto su cui continuo a concentrarmi più spesso per progredire è l'armonia; invece il mio punto di forza è la curiosità che mi spinge a ricercare continuamente nuove soluzioni sia a livello compositivo che improvvisativo.
AAJ: Se accendo il tuo iPod, cosa trovo in play?
F.N.: Niente! Non ce l'ho! Credo che l'iPod sia uno strumento che ha contribuito a far sì che la musica diventasse sempre più marginale. A me piace comprare i dischi originali, aprire il libretto interno e leggere cosa c'è scritto. Forse sono un po' all'antica, ma credo che, così come in cucina, anche in musica l'occhio, l'orecchio e il tatto vogliono la loro parte.
AAJ: Nella tua vita, oltre che per la musica, quali altri interessi o passioni coltivi?
F.N.: Mi piace molto il cinema. Credo che sia la forma d'arte più completa del '900, perché c'è tutto: l'immagine, la musica, la poesia. Inoltre mi piace anche collezionare statuette di gufi, perché credo che il mondo è intaccato da energia negativa e noi ci dobbiamo armare per sconfiggerla!
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