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Mike Reed's People, Places & Things: Clean on the Corner

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Mike Reed's People, Places & Things: Clean on the Corner
"Ogni tanto ci vuole". Avevo chiuso con queste parole, un po' di mesi fa, la recensione di una nuova avventura musicale di Mike Reed con la sua Loose Assembly, Empathetic Parts. Era una scelta nemmeno tanto ironica per chiosare un gran bel disco ma, specialmente, per incensare il nome ormai "santo" del batterista che forse più di ogni altro tiene alta, ormai da qualche tempo, la altrettanto "sacra" bandiera del jazz chicagoano, riportato in questi ultimi anni al fulgore di un tempo da una serie numericamente vasta di splendidi e intelligenti musicisti che, geneticamente o meno, sono cresciuti o si sono nutriti dei suoni della windy city per eccellenza.

Clean on the Corner è il quarto capitolo di un eccellente quartetto di musicisti denominato People, Places & Things, che - oltre al nome da premio dato al gruppo - fa davvero volare alto il significato dell'arte musicale tour-court. I primi tre episodi (Proliferation, About Us e Stories and Negotiations) della discografia del quartetto sono ormai stati storicizzati quale un'imperdibile trilogia dedicata al jazz, al blues e alla musica improvvisata chicagoana della fine degli anni Cinquanta e, in altre parole, quasi una sorta di summit attorno alla celebrata AACM, della quale Reed è poi anche stato nominato vice presidente. A Chicago lo amano. Anche e non solo per la sua onnipresente energia che da anni fornisce luce e idee creative ai maggiori festival jazzistici della città nella quale il jazz è innanzitutto divenuto ricerca e arte nobile.

Di questa quarta testimonianza, rimasta a lungo nella mente di Reed dopo una serie di acclamati concerti, il batterista non aveva ben chiaro cosa farne o come metterla in gioco. Quasi che l'idea iniziale fosse incentrata essenzialmente verso la trilogia. Alla fine è invece stato facile decidere di farla diventare un quarto capitolo che dei primi tre raccoglie il senso e il respiro profondo. Il risultato è un nuovo vibrante lavoro discografico ancorato ai precedenti per stile e forma ma maggiormente contestualizzato attorno alla reinvenzione di una vera e propria era jazzistica. I detrattori di queste scelte etichettano superficialmente tale materiale come nostalgico, prevedibile, troppo "quadrato" o troppo ordinato; in breve, un buon esercizio post-boppistico senza troppa audacia che non sposta di molto le cose. Senza voler innalzare Reed nell'alto dei cieli, la parte più importante della scelta creativa del batterista sta proprio in quell'insistenza che molti additano quale mancanza. Giungere al significato di avanguardia attraverso forme tradizionali è un gioco che soltanto all'apparenza può sembrare semplice e/o scontato. E, seppur avventura tentata da molti, sulla sella di questa strada sono davvero rimasti in pochi.

Il quartetto suona a livelli siderali. E le "addizioni" del piano di Craig Taborn in due brani e del cornettista Josh Berman in altri due donano al lavoro una ricchezza rara. Un po' come se dopo il lavoro di archeologia musicale passato, gli attori rivolgano ora più attenzione alla contemporanea ricchezza storica di una città comunque ammantata di significato profondamente jazzistico, co-ispirandosi vicendevolmente e trasformando il quartetto verso nuove superbe forme di ricerca. Inutile citare le decine di nomi riferimento di quest'avventura o scansionare la perfetta scaletta di questi otto brani, alcuni dei quali firmati da pezzi di storia quali Roscoe Mitchell o il quasi dimenticato John Jenkins, altoista nobilitato da collaborazioni con Hank Mobley, Charlie Mingus o Wilbur Ware, tanto per citarne tre...

Tanto per far comprendere ancora meglio la scelta di Reed, è il fatto che - accanto nomi come quelli appena citati - in questo disco appare anche la firma, quale autore, di Jason Adasievicz, vale a dire e invece il massimo della modernità. È suo un assolo che Reed ha poi rielaborato e trasformato in partitura.

Questa, la cifra di un lavoro esemplare capace di riportare l'idioma del jazz nelle alte sfere che i suoi adepti considerano quale essenziale ricchezza dell'arte musicale.

Di dischi così, che possono esistere grazie alla storia innanzitutto americana di questa musica, non ne escono molti. Poco ma sicuro. E, quindi, per giocarci ancora sopra, piace la ripetizione: ogni tanto ci vuole.

Track Listing

Greg Ward - Sassofono contralto; Tim Haldeman - Sassofono tenore; Jason Roebke - Contrabbasso; Mike Reed - Batteria e Percussioni. Ospiti: Craig Taborn - Pianoforte; Josh Berman - Cornetta.

Personnel

1. The Lady Has a Bomb; 2. Old; 3. December?; 4. Where the Story Ends; 5. Sharon; 6. House of Three Smiles; 7. The Ephemeral Words of Ruth; 8. Warming Down.

Album information

Title: Clean on the Corner | Year Released: 2012 | Record Label: 482 Music


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