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Cyrille secondo Tononi

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Tiziano Tononi è da sempre un ammiratore di Andrew Cyrille, dal cui senso del ritmo ha tratto ispirazione per i numerosi progetti che da decenni porta avanti cercando un ideale ponte culturale tra la scena jazzistica afro-americana e quella italiana.

Abbiamo approfittato della uscita, quasi contemporanea, dei CD "Proximity" e "The Declaration of Musical Independence" per chiedere a Tononi di scrivere una recensione che fosse anche un momento di riflessione sull'arte di Cyrille e sull'impatto che ha avuto per lui.


Conosco Andrew Cyrille dal 1978, e ne ho sempre apprezzato le grandi qualità di musicista e di uomo: una grande dirittura di intenti nella musica, la voglia di continuare a stupirsi cercando e sperimentando, perpetrando un tracciato iniziato più di cinquant'anni fa e mai abbandonato, e quindi, come conseguenza della ricerca continua attraverso un lungo viaggio in musicland, una assoluta unicità dell'approccio, non ultimo un suono straordinariamente personale e riconoscibile.

Ecco, parlo del suono... in generale, specialmente oggi, ci si concentra troppo spesso su altro per valutare le qualità di un musicista, ci si fa incantare dalla natura tecnica di una performance, si evidenzia il virtuosismo strumentale di questo o quel solista, dimenticandosi troppo spesso che il suono è il primo elemento con cui veniamo in contatto, parlando di musica, e che tutti i grandi interpreti, di qualunque musica, hanno o avevano un suono unico, un documento di identità musicale che li ha distinti da ogni altro interprete del proprio strumento, e a cui in molti casi hanno "lavorato" per tutta la vita allo scopo di metterlo a punto e perfezionarlo.

Ed è proprio partendo dall'idea del suono, che vorrei brevemente analizzare questi due dischi di Cyrille, ancora una volta per me sorprendenti, emozionanti, anche spiazzanti in alcuni casi, comunque sempre portatori di idee stimolanti, di bellezza, profondità e spessore.

Sono molto diversi, in questo senso, il duo con Bill McHenry e il quartetto ECM con Bill Frisell, Ben Street e Richard Teitelbaum, non solo nell'evidente difformità degli organici, ma direi sopratutto nelle intenzioni.

Andrew Cyrille, Bill McHenry
Proximity
Sunnyside Records
Valutazione: * * * *

Nel primo caso ci troviamo di fronte ad un duo sassofono/percussioni che si articola su coordinate più "semplici," più naturali, muovendo spesso dalla innata ricchezza del suono dei tamburi di Cyrille, per dipanarsi attraverso sviluppi melodici spesso contenuti all'interno di un sentiero tracciato, come in un incanto africano, o in una nenia Nativo Americana, dove la dimensione a volte quasi "sognante" dell'improvvisazione/variazione ne ha il sopravvento su tutto, andando così a definire una sorta di estatica supremazia melodica della musica, in una dimensione che a me, dal primo ascolto, ha suggerito un grande senso di pace e di completezza.

Da questo punto di vista non posso che ritornare a considerare che una grande parte di questo effetto sia dovuta alla "voce" di Bill McHenry, un sassofonista dal suono sontuoso, evocativo, che non spreca una nota, e che usa tute quelle che mette in campo sempre a buon fine, con la sola intenzione di corredare il discorso principale, in un dialogo molto ben sostenuto, in grande e delicato equilibrio, con le percussioni di Cyrille.

Parlo di percussioni, e non solo di batteria come un unicum, perchè è proprio nelle corde di Andrew il considerare in molti momenti la batteria come quello che è in realtà, cioè un insieme di strumenti a percussione, di cui il nostro dispone in modi diversi, suonando una melodia sui tom, distribuendo con la sapienza che gli è propria luccichii sui piatti, alternandoli al suono scuro e davvero inconfondibile dei suoi tamburi, o utilizzando, come in una traccia del disco, solamente i piedi, cassa e charleston, per creare un contraltare ritmico ad una melodia, dandoci il senso di un accompagnamento perfettamente compiuto, cui non manca nulla e a cui non c'è niente da aggiungere. Un disco quasi Zen del duo, summa di antiche sapienze, di dosaggi alchemici delle proporzioni, con "magici" ingredienti volti ad evocare un rito ancestrale, che si ripropone attualizzato nelle strade di Brooklyn, dove il disco è stato registrato.

Andrew Cyrille Quartet feat. Bill Frisell, Richard Teitelbaum, Ben Street
The Declaration of Musical Independence
ECM Records
Valutazione: * * * *

Diverso, ma con tratti analoghi, è il discorso del quartetto. Qui cambiano necessariamente gli intrecci, e ovviamente l'ordito sonoro può contare su più elementi cromatici cangianti, che formano una rete molto varia, con la chitarra di Frisell che dirige spesso le operazioni e indirizza, con la sapienza che gli è propria, il suono generale, fornendo un supporto personalissimo al paesaggio sonoro, e infondendogli un "sapore" unico ed inimitabile, pur nella differenza degli episodi.

Anche qui ci sono momenti estatici e sognanti, quasi fermi nel loro progredire in modo ripetitivo, con un grande lavoro di contorno di Richard Teitelbaum, raro esempio di pianista e suonatore di sintetizzatori più interessato a costruire il contorno/contenitore della musica, che non a diventarne protagonista. Anche il ruolo del basso di Ben Street mi sembra generalmente più ascrivibile ad una funzione di cesello che non di supporto, voce autonoma che disegna geometrie altre nel fluire generale. Per contro in alcuni episodi il gruppo manifesta una maggior ruvidità dell'approccio, sopratutto nelle sonorità maggiormente graffianti, e in una voglia di interloquire con lo spazio decisamente più intricata (e intrigante). A questo proposito una della vette del disco è certamente "Say," in cui la capacità organizzativa in tempo reale del quartetto è straordinariamente sintonizzata, come se lo strumento fosse in realtà il quartetto stesso, mosso da un intento collettivo univoco, capace di misurare, evocare e dare forma ad un discorso che complessivamente dimostra a quali grandi risultati può condurre l'arte dell'improvvisazione nelle mani dei suoi migliori interpreti, cui mai come in questo caso si addice perfettamente la definizione di "real time composition."

In tutto questo, il magistero musicale di Andrew Cyrille si dispiega e pervade tutto il disco, ora imprendibile tessitore di trame sottili, ora assertivo interprete nei suoi interventi, che suonano definitivi, spessi, veri e propri statements, e da cui traspare sempre un fecondo rapporto tra tradizione e contemporaneità. Ieri e domani, in un dualismo sempre in grande equilibrio, che gli permette dopo più di cinque decenni vissuti da protagonista nella musica, di continuare a confrontarsi in modo curioso con la poliedricità della scena musicale attuale. Fatevi guidare dallo sciamano Cyrille attraverso il percorso iniziatico suggerito da questi dischi, e alla fine vi ritroverete, spero, più pacificati, determinati e consapevoli. In sostanza, credo, vi ritroverete musicalmente più ricchi.

Elenco dei brani e musicisti

Proximity

Bedouin Woman; Fabula; Drum Song for Leadbelly; Drum Man Cyrille; Proximity; Let Me Tell You This; Broken Heart; Aquatic Life; Double Dutch; Seasons; Dervish; To Be Continued...

Andrew Cyrille: batteria, percussioni; Bill McHenry: sax (tenore).

The Declaration of Musical Independence:

Coltrane Time; Kaddish; Sanctuary; Say; Dazzling (Percchordally Yours); Herky Jerky; Begin; Manfred; Song For Andrew No. 1.

Andrew Cyrille: batteria, percussioni; Bill Frisell: chitarra; Richard Teitelbaum: piano, sintetizzatori; Ben Street: contrabbasso.

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