Enrico Rava - Stefano Bollani: The Third Man

I due musicisti si appoggiano con sicurezza alla loro intesa, per lavorare in modo classico, ma anche molto libero sui brani, con una forte attenzione al suono - anche grazie alla particolarità dello studio di Lugano dove è stato registrato il disco, che ha permesso loro di suonare senza cuffie.

Va detto che molta della suggestione del lavoro è dovuta alle aperture offerte dal pianista, fresco vincitore del premio di Miglior Jazzista Europeo del 2007 (European Jazz Prize - Hans Koller Preis), che anche nei più semplici passaggi di accompagnamento varia continuamente le trame della tastiera, straniando la narrazione melodica della tromba di Rava (si ascolti a mo’ d’esempio “Felipe”). Questi, talvolta, appare un po’ appiattito sui suoi stilemi e un po’ prevedibile - probabilmente l’aspetto più fragile dell’intero lavoro.

Il quale, tuttavia, non solo è complessivamente eccellente, ma ha numerosi picchi di valore assoluto. La prima versione della splendida “Retrato Em Branco Y Preto” di Jobim, è ad esempio magistrale, con Bollani che dilata i tempi alla Paul Bley, ma senza lasciare l’ancoraggio alla melodia dolente e pronto a virare con irruenza su espressività più classiche - il tutto per prestare a Rava un’atmosfera sulla quale potersi librare a piacere e con profitto. “The Third Man”, che titola il lavoro e lo dedica al film capolavoro interpretato da Orson Welles, è una libera improvvisazione nella quale Rava dà il meglio di sé, con la tromba a momenti lancinante nell’oscuro sfondo disegnato in sottrazione dal pianoforte, fino al drammatico finale.

Ma anche l’iniziale “Estate”, dilatata ed indagata in profondità, è straordinariamente inaudita, mentre “Cumpari” e le due “Birth of Butterfly”, di Rava, sono notevoli momenti di musica e di interplay, che completano un lavoro intimo, ma di grande spessore.

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