Miss Massive Snowflake: Songs About Music

Canzoni "nobili" come "Good Mornig," atipico rock lasciato, abbandonato. Sul finale del brano l'ascolto è colmato dall'inserto del sassofono di Caroline Chaparro, così abile in tutto l'album ad utilizzare lo strumento nell'ambito ballata rock non solo semplicemente seguendo la melodia ma interpretando - fuori dallo spartito - un suono, un mood. E' l'unico strumento della band che esce dal seminato della canzone, regalandoci un ascolto secondario, alternativo, mentale. E condiziona davvero tutta la percezione dell'album, altrimenti in alcuni casi leggermente avvolto su se stesso, costruito su canzoni trasparenti, leggere, ma un pochino inconsistenti. Talvota manca la sorpresa nell'arrangiamento, o nella particolare scelta di un suono, di un intervento strumentale che renderebbero altrimenti le canzoni memorabili, ovvero canticchiabili.

La formula organizzativa della band non ha lasciato altrove troppo spazio per i singoli musicisti che partecipano all'opera - tra cui figurano personalità collaudate come il chitarrista Bill Horist - né altrimenti la struttura musicale è al completo servizio della personalità compositiva dell'autore principale.

Insomma le canzoni restano a metà, concepite a metà, suonate a metà senza che questa altra metà mancante la si possa intuire o immaginare. Così è l'ironica "An American," o la sofisticata ballata bowiesiana "Two Guys," o "Happy Birthday," una canzone che fa un pò sorridere con il suo ritmo e melodia alla "Purple Rain".

Questi e gli altri brani suonano come già ascoltati altrove perdendo la sincerità che nella musica pop più riuscita è l'elemento che ci ha fatto apparire questo "non-genere" musicale verosimile, e "universale" e che ci fa ancora oggi mettere su un disco di Beatles, Serge Gainsbourg o Talking Heads senza preoccuparci che la bellezza delle loro canzoni non appartenga solo a noi e non sia merito di una nostra scoperta, ma - viceversa - sia patrimonio del mondo intero.

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