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Ron Horton ricorda Andrew Hill
ByNei primi mesi di quest’anno il mondo del jazz ha perso Andrew Hill, uno dei suoi pianisti-compositori più originali e creativi. Fu per me una vera fortuna entrare in contatto con la sua musica quand’ero ancora giovane e, più tardi, riuscire ad ascoltarlo dal vivo a New York nei primi anni Ottanta, nel periodo in cui viveva in California e si esibiva raramente sulla East Cost. Inoltre, tra il 1998 e il 2006, ho avuto l’onore di essere chiamato a suonare in svariate sue formazioni: “Point of Departure Sextet”, “Sextet plus Eleven”, “Anglo-American Big Band” e “Passing Ships Octet”.
Nei primi anni Ottanta io e il mio amico Frank Kimbrough [per leggere il ricordo di Hill da parte di Frank Kimbrough clicca qui] cominciammo a studiare a fondo la musica di Andrew. Allora i dischi Blue Note di Andrew degli anni Sessanta e Settanta erano piuttosto difficili da recuperare ed eravamo costretti a scambiarci i pochi che riuscivamo a trovare. Nel corso degli anni successivi ci impegnammo a trascrivere scrupolosamente la sua musica e cominciammo a provare, suonare e, di tanto in tanto, registrare le sue composizioni.
Col trascorrere degli anni Frank e Andrew erano entrati in contatto, e un giorno, più o meno a metà degli anni Novanta, dopo che Andrew era appena ritornato a vivere nei pressi di New York, Frank mi riportò il suo desiderio di vedere alcune mie trascrizioni. A quel tempo pensai fosse piuttosto insolita come richiesta. Dopo tutto perchè avrebbe voluto vedere trascrizioni della sua musica se già possedeva gli originali? Ci andammo insieme qualche giorno più tardi e lui suonò almeno una dozzina di mie trascrizioni. La cosa più curiosa ai miei occhi fu la poca familiarità dimostrata con sue composizioni vecchie di trent’anni o più, era come se stesse leggendo gli spartiti di qualche altro compositore. Di tanto in tanto esclamava: «Mica Male!», sembrando quasi ignaro del fatto che fossero state scritte da lui. Fu quella volta che mi disse che aveva traslocato così tante volte nel corso degli anni e si era lasciato alle spalle così tante cose, che probabilmente era almeno dagli anni Sessanta che non possedeva alcuna copia di questa musica. In quell’occasione fui piuttosto sorpreso del fatto, ma più tardi imparai che egli semplicemente non era il tipo di persona legata saldamente alle cose passate, in special modo alla musica.
Negli anni Ottanta e Novanta Andrew suonò raramente i suoi brani più datati, come se preferisse scrivere cose nuove; ma, più o meno a metà degli anni novanta, iniziò ad aggiungere alcune delle sue prime composizioni al repertorio di allora. Intorno al 1996, Andrew cominciò a chiedermi di arrangiare alcuni pezzi del passato per progetti speciali ed eventi particolari che capitavano di tanto in tanto, e io fui particolarmente entusiasta della richiesta. Fu più o meno in questo periodo che iniziò a concepire l’idea di sciogliere la formazione con la quale lavorava e assemblare un gruppo completamente nuovo. Sarebbe stato un sestetto con tre fiati, basato sulla strumentazione di uno dei suoi primi e più noti album Blue Note, Point of Departure del 1963. Nonostante il nome scelto per il progetto, “Point of Departure Sextet”, non venne mai suonato nulla proveniente da quell’album, si decise, invece, di scrivere musica completamente inedita.
Per aiutarlo ad assemblare questa nuova formazione, Andrew chiese a Frank di suggerirgli qualche giovane musicista che fosse adatto al suo modo di suonare e comporre. Frank fece il mio nome e quello del contrabbassista Scott Colley. A completare quell’edizione del sestetto vennero chiamati Billy Drummond alla batteria e Marty Ehrlich e Jay Collins alle ance. Per il concerto di debutto alla Knitting Factory, il 5 giugno del ’98, Andrew mi chiese di organizzare e arrangiare gran parte del repertorio partendo da schizzi che aveva scritto o suonato nel suo computer con una piccola tastiera. Per me fu l’occasione per un’affascinante escursione nella mente di un talentuoso compositore che, a partire dalla fine degli anni Sessanta fino ad allora, aveva ininterrottamente continuato a scrivere nuova musica quasi ogni giorno. Erano composizioni di grande valore e, nel settembre del ’99, molte di queste - come “Dusk”, “ML”, “Sept”, “TC”, “15/8” - finirono sul CD della Palmetto Dusk. Altri musicisti che transitarono nelle fila di quel sestetto furono Greg Tardy, Nasheet Waits, Aaron Stewart, John Hebert [per leggere il ricordo di Hill da parte di John Hebert clicca qui] e molti altri.
In questo periodo io ed Andrew passammo parecchio tempo insieme nel suo appartamento di Jersey City, e, ragionando di questa nuova musica, egli espresse con forza il desiderio di guidare una sua big band. Mentre ero impegnato a lavorare con il Jazz Composers Collective, avevo scritto alcuni arrangiamenti della musica di Andrew per un concerto che si tenne nel maggio del 2000 alla New School. Andrew assistette a tutte le prove e al concerto, sembrando piuttosto impaziente di cominciare a scrivere per il suo ensemble allargato. Quando, nel febbraio 2000, il Jazz Standard di New York gli concesse la possibilità di esibirsi per tre serate con una big band, Andrew mi chiese ancora una volta di aiutarlo negli arrangiamenti di tutte le nuove composizioni e di assisterlo nella conduzione. Per me ed Andrew fu una specie di sfida riuscire a trovare un modo per prendere questi schizzi e files di computer, adattarli alle esigenze di un gruppo più numeroso e, allo stesso tempo, mantenere intatte le particolari caratteristiche e la voce del sestetto, senza permettere che il tutto somigliasse troppo al classico sound da Big Band. Lui considerò il complesso allargato come un’estensione del sestetto e lo pubblicizzò col nome di “Sextet plus Eleven”. Un anno più tardi, il gruppo registrò al Birdland un CD live per la Palmetto, A Beautiful Day.
Nel 2003 Andrew vinse il “Jazzpar Prize” in Danimarca, occasione nella quale gli fu chiesto di scrivere del materiale completamente inedito. Arrangiammo le nuove composizioni per il suo trio e cinque musicisti danesi, per un tour che l’ensemble avrebbe dovuto fare in Danimarca. Questi concerti furono registrati e alcuni estratti vennero pubblicati sul CD The Day the World Stood Still.
Andrew aveva sempre desiderato intraprendere un tour europeo con la big band newyorchese, ma problemi di budget impedirono che il progetto si concretizzasse. L’unico momento in cui arrivò ad un passo dal realizzare il suo desiderio, fu quando il promoter Jon Cummings riuscì ad organizzare un tour inglese durante il quale il sestetto di Andrew si esibì al fianco di undici tra i migliori musicisti londinesi. Andrew ribattezzò la formazione come la sua “Anglo-American Big Band”. Uno di quei concerti fu registrato dalla BBC a Bath.
Il sestetto rimase attivo fino alla fine del 2004, ma, da allora fino al giorno della scomparsa, gran parte dei suoi concerti si tennero con formazioni più piccole.
L’ultima performance al fianco di Andrew alla quale presi parte fu il concerto intitolato “Passing Ships”, tenutosi alla Merkin Hall di New York nel novembre 2006. I brani di Passing Ships erano stati scritti e registrati nel 1969 per un ottetto, ma erano rimasti sepolti negli archivi Blue Note fino al 2004. Il concerto era basato sulla reinterpretazione di quella musica e fu l’unica performance di quel repertorio di cui io abbia notizia. Prima del concerto dell’ottetto Andrew si esibì in un magnifico set con il trio di allora, Jon Hebert (contrabbasso) e Eric McPherson (batteria). Suonarono in modo splendido.
Io, come tutti gli appartenenti alla comunità dei musicisti jazz, sento profondamente la perdita di un uomo tanto illustre e di buon animo. Sono felice e onorato di aver lavorato con lui e mi mancherà sempre terribilmente. Arrivederci Andrew... Ma non addio.
Traduzione di Luca Canini
Foto di Claudio Casanova, Russ escritt e James Payne [rispettivamente dall'alto in basso]
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