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Univers Zero: Relaps (Archives 1984-1986)

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Gli anni ottanta sono trascorsi come una sorta di era glaciale per la musica progressive e le disavventure passate in quella decade dal gruppo belga Univers Zero sono più una regola che una eccezione. Fra cambi di formazione, fughe in Australia di collaboratori tecnici, compensi mai pervenuti e nastri scomparsi abbiamo materiale a sufficienza per scrivere un libro noir.

Ma la volontà incrollabile del batterista leader Daniel Denis riuscì a mantenere comunque vivo il gruppo almeno fino al 1986, anno nel quale decise di sospendere le attività, anche se alcune cose loro, registrate in studio fra luglio e settembre del 1986, usciranno proprio nel 1987 per la allora giovanissima etichetta Cuneiform. Fu l'esordio di un sodalizio che continua sino ai giorni nostri. Dopo quella pubblicazione iniziò per Univers Zero un lunghissimo periodo sabbatico che terminerà solo dodici anni dopo.

Questo CD appena pubblicato racchiude 8 brani (tre sono molto lunghi, al di sopra della soglia dei dieci minuti) registrati in parte nel 1984 e in parte nel biennio 1985-86, con due diverse formazioni che comunque mantengono in comune quattro elementi (Denis, Descheemaeker, Genet, Plouvier). La musica è molto densa di suggestioni, un impasto ben riuscito fra influenze classicheggianti che spaziano dall'ottocento alla musica contemporanea ed energie del rock progressivo di derivazione inglese (in particolare Van Der Graaf Generator, Yes, Gentle Giant, Henry Cow sembrano essere i gruppi con più punti di contatto con la produzione di quegli anni del gruppo guidato da Daniel Denis). L'uso di strumenti fortemente espressivi come il clarinetto basso e il violoncello caratterizza in maniera decisamente originale gli impasti strumentali e la cifra timbrica del gruppo.

Gli arrangiamenti sono molto ben calibrati e, pur dando l'impressione di una strutturazione molto particolareggiata, non comunicano un senso di rigidità e ingabbiamento. Al contrario sembrano lasciare volare liberamente le pulsioni espressive dei solisti.

Le tastiere sono spesso al centro della scena e la musica assume nella teatralità del contesto live una dimensione epica ben sottolineata dalle scansioni maestose e incalzanti della batteria di Daniel Denis, un vero maestro di cerimonia che ci accompagna nel lungo viaggio verso l'ignoto.

I diciotto minuti abbondanti del brano "The Funeral Plain" rappresentano forse l'apice dell'avventura musicale di quel periodo. Registrato al Centro Culturale Seraing, in Belgio, a metà ottobre del 1985, questo pezzo ci risucchia in un universo parallelo dove la fantasia regna sovrana. Il chitarrista Michel Delory, solitamente piuttosto parco, si toglie dalle zone d'ombra che normalmente preferisce, per volare alto e dirompente con un assolo di notevole spessore. Il gruppo attorno a lui è fortemente concentrato per mantenere la rotta della navicella spaziale, alimentata dal sudore e dalla passione, con destinazione finale dalle parti dell'infinito. Con la conclusiva versione free-style di "L'Etrange Mixture du Docteur Schwartz" la meta tanto agognata sembra finalmente a portata di mano.


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Nina de Fuego

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