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Max Roach: We Insist! Freedom Now Suite / Charles Mingus: Presents Charles Mingus / Thelonious Monk: The Classic Quartet

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Trentacinque sono gli album realizzati dalla etichetta indipendente Candid, nella sua brevissima ma feconda attività discografica. Lo attesta il suo glorioso catalogo, che spazia superbamente tra il blues (Otis Spann, Lightnin’ Hopkins) all’avanguardia di Cecil Taylor e non ultimo l’hardbop di altissima qualità.

Dischi magnifici, da considerare come preziosi capitoli ad incastro di un'unica storia artistica, da ascoltare come un unicum. Più che un catalogo, una sorta di totem; bandiera del jazz degli anni ‘60

Tra i nomi coinvolti, alcuni dei santoni, numi tutelari del jazz: Dolphy, Booker Little, Steve Lacy, Coleman Hawkins e Pee Wee Russell. Ed ancora Don Ellis, Phil Woods, Clark Terry, Abbey Lincoln, solo per fare qualche altro nome.

Benché concentrata nell’arco di otto mesi (dal 23 agosto del ’60 al 4 aprile del ’61 - nel 1988 il catalogo venne rimesso in circolazione dal produttore britannico Alan Bates con l'aggiunta di altre registrazioni), pionieristiche furono le strade tracciate, per nulla allineate con gli spietati dettami mercantilistici delle majors. Lo dimostrano queste opere in esame: dischi da isola deserta, massimi capolavori musicali del ‘900, mirabilmente sorretti da una triplice impalcatura, pronta a donare all’ascoltatore coinvolgimento emotivo, culturale ed estetico.

Ne sono protagonisti alcuni tra i più grandi aedi dell’estetica afroamericana, per realizzare un felicissimo connubio tra arte, orgoglio e coscienza di razza.

Max Roach

We Insist! Freedom Now Suite

Candid Records

(1960 - distr. Egea)

Valutazione: 5 stelle

We Insist! “Freedom Now Suite”: oltre che pietra miliare del jazz, questo disco è nei fatti il manifesto di quel jazz impegnato e di ricerca degli anni ‘60; ma anche strumento di protesta, rivendicazione dei diritti del “popolo afroamericano” .

Un’opera che trasfigura mirabilmente in arte un’istanza di libertà e giustizia; imperitura messaggera di un riscatto civile e sociale, che da sola spiega i motivi della subdola censura di cui fu vittima l’etichetta newyorkese, costretta rapidamente a chiudere i battenti.

Cinque sono i temi di questo capolavoro, inciso tra il 31 agosto ed il 6 settembre del 1960: visionario affresco, volto a dare voce alle minoranze afromericane in terra statunitense, dalle piantagioni di cotone ai ghetti metropolitani.

Diversi e tutti importanti sono le linee guida che lo caratterizzano sul piano artistico: i testi sferzanti, di icastica efficacia, ad opera di Oscar Brown Jr. La vocalità scabra, scura, drammatica, a tinte fosche di Abbey Lincoln, allora moglie di Roach; gli assoli lirici, laceranti di Booker Little, altro alfiere di punta della Candid.

E poi ci sono i magnifici temi dal tono epico, maestoso, magniloquente: “Drive Man”, canto di dolore di una schiava frustrata; “All Africa”, inno di riscossa rivolto a tutti figli della Madre Africa; “Tears for Johannesburg”, estatico tema di cinquanta misure in 5/4, esplorato in tutte le sue pieghe melodiche (il solismo di pura poesia alla tromba) e ritmiche (il drumming frammentato di Roach).

Il tutto sostenuto da un incalzante tappeto sonoro, per esprimere le grida di dolore e di disperazione delle minoranze di tutto il mondo. Un andamento chiaroscurale dal periodare intenso e nervoso, in cui c’è anche spazio per le sottigliezze armoniche del già citato sfortunato, sfolgorante trombettista. “Last but not least”: i camei del genio, dell’impareggiabile Coleman Hawkins, pronto a confrontarsi -dopo il bebop- con il nuovo jazz di protesta degli anni ’60.

Charles Mingus

Presents Charles Mingus

Candid Records

(1960 - distr. Egea)

Valutazione: 5 stelle

Cambiano con Charles Mingus: Presents Charles Mingus i protagonisti, ma non l’inarrivabile qualità della musica, anche qui impregnata di pura poesia e bellezza; ma anche e soprattutto di rabbia e dolore.

Ne è protagonista un superbo quartetto, comprendente - oltre al già citato contrabbassista - Eric Dolphy al sax alto, Ted Curson alla tromba e Dannie Richomond alla batteria. Una formula ed una formazione pianoless, per realizzare (è il 20 ottobre sempre del ’60) uno dei dischi più sferzanti dell’intera discografia mingusiana.

A partire dall’irriverente declamazione contro il governatore razzista Fables: un incedere magmatico e di rabbiosa protesta che l’anno precedente la Columbia gli aveva negato di portare a termine, nella versione edulcorata di “Fables of Faubus”.

Rispetto all’originaria versione del ’59, si registrano qui altre sostanziali differenze sul piano formale e di pratica strumentale: l’ampliamento delle misure, che qui diventano 71 contro le originarie 69. Il tutto arricchito dal fraseggio pungente, quasi iconoclasta dei due fiati, chiamati a districarsi con più impegnative accelerazioni e decelerazioni del tactus.

Un disco esemplare, che racchiude altresì alcune dei principi formali cari a Mingus: tempi velocissimi; chorus estesi, strutture dalla durata indeterminata, improvvisazione collettiva; ed ancora impegno civile e politico; forza visionaria ed espressiva, per ritrarre un mondo psicologico sofferto e tormentato.

La tromba lacerata, nervosa di Ted Curson, dal fraseggio ardito e spericolato mette ancora in luce l’abilità tutta mingusiana di “risignificare” la propria testura musicale in funzione del peculiare fraseggio, del timbro, nonché della specifica personalità dei solisti.

In questo caso di un trombettista dinamicissimo, capace di condividere raddoppi di tempo e sferzanti deviazioni di tema, improntate alla più ampia libertà. Si staglia su tutto la celebre conversazione (“What Love”) dialogica tra il contrabbasso ed il clarinetto basso dell’angelico Dolphy, che da sola giustifica l’acquisto di questo sublime, impedibile CD.

Thelonious Monk

The Classic Quartet

Candid Records

(1963 - distr. Egea)

Valutazione: 3,5 stelle

Risale al ’63 il disco inciso da Monk con uno dei suoi classici quartetti degli anni ’60. Si tratta di una registrazione televisiva giapponese, ora riproposta dalla Candid. Inferiore per risultati e progettualità rispetto ai primi due dischi, è un’opera che non mancherà di suscitare l’interesse dei fan monkiani.

La sottende un periodare intenso e frastagliato, che si poggia su scarne sequenze armoniche, che agiscono per sottrazione. Nutrita è però la varietà delle forme (anche qui misure non stereotipate) ed intrecci irregolari nel suo composito andamento. Rispetto alla documentazione visiva, manca ovviamente la gestualità iperdinamica del pianista, che nei concerti costituiva un’altra importante chiave di lettura extra-musicale; uno spettacolo dentro lo spettacolo.

Quello che emerge è il modo simbiotico, empatico con cui interagisce un quartetto dalle dinamiche perfette. Una macchina di suoni oleata, che pur non aggiungendo niente di più e di nuovo rispetto alle sue classiche incisioni per la Columbia, produce una serie interminabile di felici soluzioni solistiche.

E in più la travolgente creatività di un leader, pronto a destrutturate i suoi brani con soluzioni inattese e deformanti. E poi c’è da gustare un repertorio immortale, riproposto con invidiabile verve. Ed ancora progressioni armoniche e temi difficilissimi, per via dei voicings del leader: ostici, unici ed irripetibili. E che spesso espongono molti “faciloni” solisti alla disfatta, nel reinterpretarli.

Elenco dei brani:

We Insist! Freedom Now Suite: 01. Driva’ Man (Roach/Brown JR.) - 5:10; 02. Freedom Day ((Roach/Brown JR) - 6:02; 03. Triptych (Roach/Brown JR) - 7:58; 04. All Africa (Roach/Brown JR) - 7:57; 05. Tears From Johannesburg (M. Roach) - 9:36.

Charles Mingus: Presents Charles Mingus: 01. Folk Form N. 1 - 12:00; 02. Original Faubus Of Fables - 9:15; 03. What Love - 15:20; 04. All The Things You Could Be By Now If Sigmund Freud’s Wife Was Your Mother - 8:32. Tutte le composizioni sono di C. Mingus.

The Classic Quartet: 01. Epistrophy (Monk/Clarke) - 5:43; 02. Ba-Lue Bolivar Ba-Lues-Are (T. Monk) - 8:47; 03. Evidence (T. Monk) - 8:48; 04. Just A Gigolo (Casucci/Brammer/Caesar) - 3:17; 05. Blue Monk (T. Monk) - 11:21.

Musicisti:

We Insist! Freedom Now Suite: 01. Booker Little (tromba); Julian Priester (trombone); Walter Benton, Coleman Hawkins (sax tenore); James Schenck (contrabbasso); Michael Olatunji, ray Mantilla, Tomas Duvall (percussioni); Abbey Lincoln (voce).

Charles Mingus: Presents Charles Mingus: Charles Mingus (contrabbasso); Eric Dolphy (sax alto, clarinetto basso); Ted Curson (tromba); Dannie Richmond (batteria).

The Classic Quartet: Thelonious Monk (pianoforte); Charlie Rouse (sax tenore); Butch Warren (contrabbasso); Frankie Dunlop (batteria).


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