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Martha High & the Soul Cookers al Blue Note di Milano
Martha High & The Soul Cookers
Blue Note
Milano
7.2.2018
Basta un curriculum di 30 anni alla corte di James Brown per raccontare in una riga l'elettricità di un concerto di Martha High? Secondo noi, che l'abbiamo vista sul palco del Blue Note di Milano, no. La storica corista del re del soul è tornata in Italia per un concerto affiancata dai Soul Cookers, formidabile trio formato da Leonardo Corradi (organo Hammond), Ulf Wakenius (chitarra) e Tony Match (batteria). Due ore di concerto fitte, tre uscite di scena e altrettante entrate per un concertato di soul music, rhythm and blues e funk che riporta dritti nel cuore della tradizione black, senza sconti o concessioni a sonorità che si discostino da quelle che abbiamo imparato ad amare sui dischi di Brown, certo, ma anche di Maceo Parker, con il quale High ha intrecciato una collaborazione fin dal 1995.
Due nomi che citiamo su tutti gli altri perché le presenze di James e Maceo aleggiano spesso nel corso del concerto. Ingresso da gran signora, dopo una lunga introduzione strumentale della band, e Martha sceglie "You Need a Woman like Me" (l'album era It's High Time, correva l'anno 2009), un pezzo funk e soul che High usa per salutare le «numerose e bellissime donne che vedo in sala», una introduzione che da subito spinge su tutte le gradazioni possibili del calore della voce di Martha.
Sotto i riflettori, avvolta in abiti scuri e con capelli cortissimi, la cantante non perde un filo del vigore e dello smalto che ha regalato su alcuni dei palchi più bollenti della musica degli ultimi 50 anni. "Don't Go to Strangers," sinuosa e intesa, ricorda le due grandi Etta (Jones e James) che la intepretarono, ma spalanca anche la porta dei ricordi di Martha. Sono le canzoni che riportano a sua madre e -con un salto in avanti -agli anni del liceo, con i ragazzi che facevano a gara per mettersi in mostra fuori da scuola. Spaccati di un'America che scorre nelle canzoni di High insieme con alcuni dei capitoli più entusiasmanti della carriera di Brown.
La scaletta regala infatti una sorta di mash-up fra "He is my Ding Dong Man" e "Ring My Bell," fra assonanze e parentele strette fra le due canzoni, e poi una prodigiosa versione di un super-classico del Godfather come "Cold Sweat," mentre la band re-introduce in scena Martha pompando le pulsazioni di "Shake Everything You Got" di Maceo Parker. Il finale, in un crescendo che mira alla pancia, è prima con "Be Thankful" e una memorabile "Showdown" con tanto di gara di ballo fra due coppie scelte a sorpresa fra il pubblico e trascinate sul palco. Una lezione per chi, nel 2018, si sta ancora chiedendo quale sia il modo migliore di calcare un palco.
Foto: Luca Muchetti
Blue Note
Milano
7.2.2018
Basta un curriculum di 30 anni alla corte di James Brown per raccontare in una riga l'elettricità di un concerto di Martha High? Secondo noi, che l'abbiamo vista sul palco del Blue Note di Milano, no. La storica corista del re del soul è tornata in Italia per un concerto affiancata dai Soul Cookers, formidabile trio formato da Leonardo Corradi (organo Hammond), Ulf Wakenius (chitarra) e Tony Match (batteria). Due ore di concerto fitte, tre uscite di scena e altrettante entrate per un concertato di soul music, rhythm and blues e funk che riporta dritti nel cuore della tradizione black, senza sconti o concessioni a sonorità che si discostino da quelle che abbiamo imparato ad amare sui dischi di Brown, certo, ma anche di Maceo Parker, con il quale High ha intrecciato una collaborazione fin dal 1995.
Due nomi che citiamo su tutti gli altri perché le presenze di James e Maceo aleggiano spesso nel corso del concerto. Ingresso da gran signora, dopo una lunga introduzione strumentale della band, e Martha sceglie "You Need a Woman like Me" (l'album era It's High Time, correva l'anno 2009), un pezzo funk e soul che High usa per salutare le «numerose e bellissime donne che vedo in sala», una introduzione che da subito spinge su tutte le gradazioni possibili del calore della voce di Martha.
Sotto i riflettori, avvolta in abiti scuri e con capelli cortissimi, la cantante non perde un filo del vigore e dello smalto che ha regalato su alcuni dei palchi più bollenti della musica degli ultimi 50 anni. "Don't Go to Strangers," sinuosa e intesa, ricorda le due grandi Etta (Jones e James) che la intepretarono, ma spalanca anche la porta dei ricordi di Martha. Sono le canzoni che riportano a sua madre e -con un salto in avanti -agli anni del liceo, con i ragazzi che facevano a gara per mettersi in mostra fuori da scuola. Spaccati di un'America che scorre nelle canzoni di High insieme con alcuni dei capitoli più entusiasmanti della carriera di Brown.
La scaletta regala infatti una sorta di mash-up fra "He is my Ding Dong Man" e "Ring My Bell," fra assonanze e parentele strette fra le due canzoni, e poi una prodigiosa versione di un super-classico del Godfather come "Cold Sweat," mentre la band re-introduce in scena Martha pompando le pulsazioni di "Shake Everything You Got" di Maceo Parker. Il finale, in un crescendo che mira alla pancia, è prima con "Be Thankful" e una memorabile "Showdown" con tanto di gara di ballo fra due coppie scelte a sorpresa fra il pubblico e trascinate sul palco. Una lezione per chi, nel 2018, si sta ancora chiedendo quale sia il modo migliore di calcare un palco.
Foto: Luca Muchetti
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